Un nuovo approccio per innovazione di PA e per Smart Cities (proposal)

Un approccio peculiare

vedi bio Luca Bottazzi

Offro un approccio peculiare, radicalmente innovativo che ribalta l’attuale paradigma di ● innovazione del sistema democratico (riforma sostanziale della Democrazia di matrice europea), e ● dell’innovazione “tecnologica” del cosiddetto filone Smart Cities.

[ si veda “Uno smart-approach per le Smart Cities: un nuovo percorso di innovazione della la Città (brochure)”]

Nel nuovo approccio si parte dal presupposto che oggi, nel voler riformare la Democrazia europea (e nell’innovare la Città), si elude il problema nella sua essenza: innovare, o riformare, significa sostanzialmente migliorare la qualità della vita delle persone. Oggi si parla cioè di soluzioni di processi di governance o di Smart Cities senza però centrare il problema, poiché si rimane ancorati a forma mentis ed “Interessi” classici della Politica dei partiti, e del cosiddetto Crony capitalism (quella parte del Mercato slegata dai canoni tradizionali di Domanda/Offerta).

Per questa ragione si propone un approccio radicalmente nuovo, nel quale si ribalta il paradigma attuale: si arriva a definire soluzioni tecnologiche e nuovi processi di governance partendo dalle necessità reali delle persone (ed in modalità democratica, ovvero sempre con processi partecipati dai cittadini, dagli utenti delle soluzioni).

intro …

Il problema:

Più nello specifico, guardando alle esperienze degli ultimi 30 anni (che ho potuto vivere in prima persona), oggi ci si basa su una falsa concezione di progresso e di progettazione.

Ovvero il fine della progettazione delle Smart City (ma anche dell’innovazione delle PA) non può che essere la soddisfazione dei bisogni dei cittadini1.
Mentre fino ad oggi il fine è la soddisfazione di altri interessi.

Non si vuole qui sollevare una questione morale (per quanto, forse sarebbe il caso di farlo): si tratta di una questione di tipo funzionale.

Con la modalità attuale si mancano infatti completamente gli obiettivi di creare nuove funzionalità smart all’interno della città.

(o forse si centra il bersaglio, se questo è l’elargizione di fondi ad una parte del Mercato che “scommette” su “sfide” che appartengono quella categoria dei porgetti “futuribili” che, dopo anni di ricerca e sperimentazioni in “Progetti pilota”, si rivelano obsoleti già prima di essere implementati in modo regolare) .

Si deve tener conto che uno dei danni collaterali di uno sviluppo errato dell’innovazione delle PA (e della progettazione di soluzioni per le Smart Cities) è una perdita del consenso politico Oggi ciò è vero, molto più di pochi anni or sono, poiché le necessità di innovare i processi è attualmente più sentita dai cittadini (sia per la loro inefficacia, che per la loro insostenibilità economica che produce tasse sempre più alte).

La soluzione è piuttosto semplice (per lo meno nelle linee generali), ed a portata di mano: si tratta di

1) sviluppare un approccio improntato sui crismi della reale progettualità:

● si sviluppa una progettazione in quanto focalizzata primariamente sulla “domanda”, ossia sulla soddisfazione dei bisogni degli utenti (i cittadini). Un approccio nel quale

le soluzioni vengono sviluppate “sul campo” – non più “a tavolino”.

In altre parole, trattandosi di una innovazione istituzionale (di settori in ogni caso di pertinenza della PA), l’innovazione non può non essere sviluppata in modalità partecipata.

Questa è anche la modalità di sviluppo del progresso dell’uomo, che da millenni si svolge attraverso una innovazione basata su idee che vengono a persone che sono in primo luogo utenti (afflitti da un bisogno da soddisfare). Come si nota, questo non altro che il principio fondamentale delle Democrazia partecipata.

2) ● portare il focus sulle low-tech, ossia le tecnologie consumer acquistabili per pochi euro in qualsiasi negozio, le quali oggi sono molto più efficaci (e sostenibili) delle tecnologie hi-tech attualmente prese in considerazione per i progetti di innovazione della governance e della Pa. E delle Smart Cities.

Ciò significa utilizzare tecnologie di costi irrisori (rispetto a quelli attuali), e competenze diffuse sul territorio (praticamente anche a livello dell’uomo della strada).

Vedi ad esempio la possibilità di utilizzare terminali delle ricevitorie per Light Voting, e i black box dati dalle assicurazioni per avere un monitoring del traffico [idee che fanno parte di Smart Cities sviluppati dal sottoscritto].

E, più in generale, vedi la possibilità di sfruttare la diffusione degli SmartPhone in quanto infrastrutture Peer To Peer per molte soluzioni di pubblica utilità (vedi ad esempio la possibilità di creare reti di Wifi create dagli user che condividono il loro accesso con la cittadinanza).

● E se devono proprio essere sviluppate parti delle soluzioni (perché non ancora esistenti nel mercato consumer), allora si tratta di creare ad hoc comunità non-profit di sviluppatori Open Source (non solo Software, ma anche hardware, con la nuova metodologia del Makers).

Si noti che il nuovo approccio oltre ad essere in sé economico e sostenibile, permette anche, dal punto di vista della economia cittadina, la possibilità di sviluppare nuove realtà produttive locali di innovazione (con un miglioramento del “PIL cittadino”, dell’occupazione, ecc …), laddove con i progetti attuali di Innovazione delle PA e delle Smart Cities non si fa altro che cercare di mantenere in vita player dalla mentalità obsoleta (direttamente o indirettamente legato la mercato globale).

Ciò è possibile per il fatto che le soluzioni proposte nei miei progetti, facendo delle PA e dei player locali dei first mover – dotati quindi di un notevole competitivo sul mercato nazionale e globale, permette l’esportazione verso altre aree nazionali o globali soluzioni, competenze e componenti software ed hardware.

  1. (tra le altre cose permette di realizzare soluzioni … poechè queste divengono indipendenti ..

  2. E ci rende indipendenti dai finanziamenti pubblici ..

Le soluzioni sono, tra le altre, delle tipologie ● Smart Governance (Rappresentanza 2.0, Open Government Platform, Circoscrizione 2.0, Lite Voting, ecc…) ● Smart Business/Smart Consumption ● Eco-solutions e Smart housing ● Smart Manufacturing [sono illustrate nei vari documenti scaricabili dal sito lucabottazzi.com; vedi le raccolte “Smart approach 4 Smart Cities” e “Iniziativa riforma dal Basso”]

i problemi riscontrati dalle stesse istituzioni

( Assessora pisano )

da Torino 4.0 slides

In base ai problemi attualmente rilevati dalle PA stesse2 si delineano possibili strade di soluzione, laddove oggi sembra non esserci consapevolezza della reale essenza dei problemi, e quindi ci si orienta verso modalità di sviluppo di soluzioni obsolete, le quali sono proprio quelle che hanno creato i problemi che si vogliono risolvere.

Alcune richieste alla Pubblica Amministrazione da parte delle istituzioni statali sono [i punti qui sviluppati sono citazioni dell’Assessora Pisano]:

necessità di diminuire i costi (anche del 50% – soprattutto per l’informatica).

La questione è appunto di utilizzare tecnologie low-tech in modo smart; ed utilizzare freeware, e comunità di sviluppo Open Source (e comunità di Makers).

aumento della produttività delle PA.

Qui il termine è fuorviante: non si tratta tanto di “produttività”, ma piuttosto di efficacia. Cioè si tratta di sviluppare processi che risolvano veramente i problemi dei cittadini.

I tre punti successivi appartengono in realtà allo stesso problema:

le tecnologie attualmente in uso sono a fine ciclo (“c’è il problema che cambiano le leggi e bisogna adeguarsi spendendo molti soldi”) [vedi punto successivo]

rispondere ai nuovi bisogni: qui, più che in altri punti, è necessario cambiare il paradigma, ossia passare ad una progettazione che sia realmente orientata alla soddisfazione di una reale domanda.

I nuovi bisogni hanno due caratteristiche: sono spesso occulti (manca una piena consapevolezza delle caratteristiche specifiche di tali bisogni), e sono in divenire (sono attualmente nelle prime fasi di manifestazione, e quindi non sono individuabili in modo compiuto: sono un moving target).

Per queste ragioni è necessario passare ad un approccio nel quale si sviluppano applicazioni “in progress”: rilasciate in una versione “beta” (o versione 0.9) che è comunque già utilizzabile (soddisfa già bisongi reale, in modo facilmente utilizzabile dall’utente). Modalità che permette di avere un feedback – in tempo reale – dall’utenza indispensabile per mettere a punto le soluzioni. Le quali, appunto, possono essere modificate quasi in tempo reale per coprire le carenze emerse nell’utilizzo reale.

In altre parole in un mondo in continua evoluzione non è più possibile basarsi sulle mega-soluzioni attuali, ma le soluzioni devono essere in progress, di graduale implementazione (aperte a cambiamenti, anche significativi), in grado di fornire il corretto feedback, ecc ..

L’effettiva flessibilità delle soluzioni è possibile, ad esempio, utilizzando le tecnologie consumer, ossia i devices degli utenti organizzati in Social cloud: gli aggiornamenti hardware e software sono effettuati (spontaneamente) dagli utenti stessi.

Inoltre ciò si ottiene utilizzando tecnologie “open”, come Open Office (LibreOffice) per il software (vedi il caso della transizione spontanea, indolore per gli utenti tra Open Office e Libre Office che si è avuta quando il primo è diventato obsoleto).

  1. Lo stesso nello .. separnao din componenti .. oggi con le tencologie manufactoring 2.0 .. si possono ..

  2. non più dire « si implementa qulcoa che funziona subito » .. ma creare ..un .. open, in rpogress che psosa partire dalla versio o. qualcosa in poi .. (mantenendo compatibilità retroattiva) ..

richiesta di time to market ridotto

Il fatto di creare soluzioni in progress significa quindi rispondere ad una delle richieste più importanti alla PA: in tale modalità si annullano le attuali fasi di “sperimentazione”, ricerca, progetto pilota poiché si passa immediatamente a soluzioni funzionanti (che di per sé rappresentano comunque anche sperimentazione, ricerca).

Il problema è che oggi si continua a parlare del futuro, quando è necessario cominciare a parlare del presente (si continuano a concepire progetti nella dimensione futuribile, che in realtà, oggi come oggi, per mancanza di finanziamenti, non possono più essere realizzati).

Ricondurre tutto al presente (all’immediato) è appunto possibile, come si è detto, con scelte di tecnologie consumer, creando soluzioni in progress co-sviluppate con comunità “social”).

E’ importante considerare che da questo punto di vista non si tratta quindi più di cercare partner tecnologici, per almeno due motivi:

le tecnologie di base non devono più essere prodotte ad hoc, ma si trovano nei negozi

gli unici partner possibili sono i cittadini (gli utenti delle soluzioni); quindi ciò che serve oggi è un engagement dei cittadini (dando ad essi la possibilità di organizzarsi in forme di co-progettazione). Gli eventuali partner si cercano in una fase successiva, con la collaborazione di cittadini (in questo modo si favorisce, tra le altre cose, l’economica locale).

  1. La sperimentazione, certo, vi deve essere, ma non nelle singole soluzioni .. che sono .. sperimentazioni a vita .. correggibile con il . tentativo e correzione degli errori .. una messa a punto continua .. ma sul metodo di ..

  2. empowering ..

  3. NO creare soluzioni di “immediata trasportabilità nel mondo reale” .. sono falsi obiettivi .

  4. Si tratta appunto di abbandonare … l’approccio .. crony .. che è teso .. Non è teoria, ma è semplicemte … Si tratta di fornire, ● dall’immediato ● servizi realmente utili (usabili, che riovano veramente problemi)

  5. « sviluppare un comune più efficiente »

gli strumenti specifici utilizzati dalle PA sono poco integrati tra loro

  1. sono progettati per funzioni ..

Ciò avviene per il fatto che tali sistemi sono progettati da tecnici e non da veri progettisti di soluzioni (è come se si facesse progettare il prorpio appartamento ad un ingegnere e non ad un architetto).

Si noti che in realtà l’approccio all’innovazione di soluzioni in qualche modo legate ai servizi pubblici (in una dimensione di Democrazia partecipata diretta) è sempre in qualche modo una forma co-progettazione.

Ricordiamo inoltre che il progresso dell’umanità, in ogni suo aspetto, è sempre avvenuto attraverso una “progettazione dal basso” (che è l’unica forma di progettazione in grado di centrare veramente l’obiettivo della soddisfazione di reali degli utenti, e che si rivela nel tempo essere realmente sostenibile).

Questa partecipazione si ha, appunto:

– a livello dei cittadini (come detto in precedenza); ma anche

a livello degli operatori delle PA (le cose cambiano poco, sia a livello concettuale, sia a livello di strumenti specifici).

Ovvero per poter innovare strumenti e processi interni alle PA, è necessario ripensare a fondo l’approccio progettuale: si affronta la questione apportando, a monte di tutto la responsabilizzazione degli operatori delle PA (che non significa minacciare sanzioni, ma soprattutto dare agli operatori la possibilità di co-progettare i processi in cui essi operano).

Il problema dell’integrazione dei processi si risolve in questo modo automaticamente, poiché gli operatori, messi in condizione di dialogare con operatori di altri settori della PA, sono spontaneamente portati a cercare di migliorare il loro lavoro integrandolo con quello di tali colleghi.

[vedi analisi e soluzioni (innovazione processi e strumenti) nel documento “Linee di Governance advising]

  1. .(ma sono i processi che osnon poco integrati, vedi caso amiata e cricolazione .. sezione mobilità e sezione servizi a cui appartene amiat)

● problema del Lock-In si risolve appunto sbloccando il Mercato nelle modalità sopra citate.


1 Spesso ci si dimentica che il fine delle attività delle PA è la soddisfazione di bisongi dei cittadini.

2 vedi relazione della Assessora Paola Pisano alla conferenza sulle Smart Cities al Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri nel Marzo 2017

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