Oltre la Socialdemocrazia

Indice del Post

 

OLTRE LA SOCIALDEMOCRAZIA

superare l’attuale crisi della Democrazia europea riportandola alla sua dimensione originaria nella quale i Cittadini sono in grado di agire direttamente per soddisfare i loro bisogni

Analisi storica ed antropologica della Socialdemocrazia; si definiscono iniziative e strumenti per la riforma della Democrazia europea.

INTRODUZIONE AI CONTENUTI DI “OLTRE LA SOCIAL-DEMOCRAZIA”

«“Perché” e “come” sono domande talmente utili che non ce le poniamo mai abbastanza spesso» (Napoleone Bonaparte)

E’ sotto gli occhi di tutti: oggi viviamo in una Società che produce “ingiustizie” ad ogni livello: si vedono persone molto povere che quasi muoiono di fame, e contemporaneamente persone ultra-ricche che non potrebbero spendere il loro denaro nemmeno se vivessero 10 vite.

Ovvero da alcuni anni il Sistema della Democrazia moderna è piombato in una grave crisi (fallimento economico ed inefficienza della Pubblica Amministrazione) che nessuno è ancora stato in grado di risolvere (anche i migliori “esperti” vivono alla giornata cercando di tamponare i problemi, ma non sono in grado di indicare soluzioni concrete). E a tutt’oggi pochi si chiedono quali siano le vere ragioni di tale crisi.

A questo proposito oggi si afferma che l’attuale crisi è dovuta al fatto che la Democrazia europea non è ancora in grado regolare in modo efficace la vita dei Cittadini, ma lo sarà quando si riuscirà ad applicare in modo più completo i Principi della Social-democrazia.

Ma più si applicano i principi della Social-democrazia, e più la crisi si aggrava (aumenta l’inefficienza della Pubblica Amministrazione, peggiorano le condizioni economiche della nazioni, ecc …).

Ciò che manca sembra essere in primo luogo una chiarezza sulle cause più profonde della attuali crisi della Social-democrazia: come ammoniva Einstein, quando in un Sistema un problema persiste nonostante il tentativo di risolverlo, nel Sistema c’è certamente un difetto d’origine.

In altre parole, volendo seguire un approccio scientifico, quando qualcosa non funziona in un sistema è necessario chiedersi se esso non funziona “nonostante” l’applicazione di un certo metodo,o se non funziona proprio “a causa” dell’applicazione di tale metodo.

Il problema attuale, appunto, è che oggi, mancando questa chiarezza di fondo sulle reali cause della attuale crisi delle Democrazia europea, chi governa il Sistema (Governi, Mercato, ecc …) continua erroneamente a pensare che esso non funzioni perchè “non si è applicato ancora abbastanza a fondo” il loro metodo.

Volendo risolvere gli attuali problemi della Social-democrazia è quindi necessario andare a monte delle ricette specifiche (che continuano a non funzionare). Ed andare a rivedere i Principi sui quali il Sistema si basa.

Più nello specifico, nel presente testo si evidenzia come l’attuale crisi della Società europea sia dovuta proprio al fatto che la Social-demcorazia è afflitta da alcuni “difetti di fabbrica” a causa dei quali essa, nel lungo periodo, è destinata a fallire (ovvero come essa sia incapace di risolvere i suoi problemi: per questa ragione oggi anche i maggiori esperti non sono in grado di indicare soluzioni alla crisi, e si accontentano di mettere qui e la delle pezze in attesa di tempi migliori).

Nel presente testo, andando all’origine del problema, si evidenzia come, tra le altre cose, il pensiero ideologico (ideale, astratto) sul quale si basa la Social-demcorazia, con l’idea di creare una società migliore di quella tradizionale, si sia sostituito ad un modo di vedere le cose e di affrontarle che per millenni ha permesso alla comunità dell’uomo (a livello locale) di sviluppare una vita priva degli attuali problemi (povertà, insicurezza sociale, ecc …).

Il risultato più evidente di ciò è la perdita del senso di responsabilità delle persone nei confronti della propria esistenza: senso di responsabilità che è il fattore fondamentale per il funzionamento di qualsiasi forma di società civile.

Con la Social-demcorazia si è cioè creato un sistema sociale nel quale le persone hanno finito con il lasciare nella mani di altri, assieme alla loro responsabilità nei confronti della propria vita, anche il loro potere (la loro libertà) che tradizionalmente detenevano nei confronti della loro comunità sociale.

Il problema è che questo modo di lasciare che altre persone prendano decisioni importanti per la propria vita può anche (almeno in teoria) funzionare nei primi tempi, ma presto genera un circolo vizioso nel quale i Cittadini divengono sempre meno responsabili di sé stessi (e quindi sempre un maggior peso economico per la società); e la Classe politica si astrae sempre più dalla vita reale del paese.

Il che significa che la “Classe politica e il “ceto dei dipendenti pubblici” finisce per vivere alle spalle degli altri Cittadini (ossia finiscono per curare sempre più i propri interessi invece di quelli dei Cittadini).

SINOSSIdel testo

La struttura del presente testo.

[1ª PARTE]I FONDAMENTI DELLA DEMOCRAZIA

L’IMPOSTAZIONE LIBERALE E L’IMPOSTAZIONE SOCIAL-DEMOcRATICA DELLA DEMOCRAZIA

I.1 DEFINIZIONI DI SOCIALISMO E LIBERALISMO (sintesi)

Che cosa non significano, e che cosa non significano (secondo la definizione degli stessi sostenitori, ed i risultati della applicazioni storiche) i due termini Liberale (Liberalista) e Social-democratico (ovvero quali sono le Filosofie, le Teorie sulle quali si fondano le due forme di Democrazia attuale).

Oggi molti hanno una idea di Liberalismo e Socialismo che non corrisponde al significato reale del temine: spesso tali termini vengono usati con significati addirittura opposti. Si cerca di sfatare questi luoghi comuni: ● Il Liberalismo è spesso genericamente inteso come una impostazione della Società nella quale le Persone sono libere di fare ciò che vogliono ● si pensa che la Social-democrazia sia quella forma politica che (a) garantisce i diritti fondamentali delle persone, e (b) ne soddisfa al meglio i bisogni. ● si pensa che il pensiero liberale sia basato sull’individualismo ● si pensa che il Pensiero liberale sia quello della “Società basata sulla concorrenza”.

I.1 LA SOCIETÀ DI ORDINE NATURALE

La Società di Ordine naturale come essenza del modello liberale.

Le due concezioni della società derivano da due differenti concezioni del Mondo (della vita sulla Terra). Mentre la Democrazia originaria (che è ispirata alla Società tradizionale dell’uomo) è una “scoperta”, ossia è un qualcosa che l’uomo ha scoperto in decine di migliaia di anni di esperienze di gestione della sua comunità sociale, la Social-demcorazia è invece una invenzione (è inventata “dal nulla”) della mente di alcuni intellettuali i quali hanno definito “in astratto” un modello di società che non era stato mai applicato in precedenza (e del quale non avevano quindi a disposizione risultati per valutarne l’efficacia). Alcuni capitoli inclusi: ● le qualità universali della Società di ordine naturale ● i Valori tradizionali della Società dell’uomo ● l’ordine spontaneo (non-gerarchico, non autoritario) ● la Società di ordine naturale come sfruttamento dell’intelligenza della Natura

I.1 I CONCETTI DI BASE DELLE DUE FORME DI DEMOCRAZIA

i fondamenti delle due filosofie politiche del liberalismo classico e socialdemocratica

IL PERCHÈ DEI DUE MODELLI DI SOCIETÀ : LE FILOSOFIE ALLA BASE DEL PENSIERO POLITICO

Il perchè dei due modelli di società: le filosofie (modi di concepire la vita) alla base del pensiero politico.

QUALI SONO I PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLA DEMOCRAZIA?

I Valori dell’uomo indispensabili per lo sviluppo della società: l’importanza del concetto di libertà. I Diritti (Principi) fondamentali della società civile: diritto (libertà) di essere – Diritto di possesso (Proprietà)

I DIRITTI NATURALI: LIBERTÀ E PROPRIETÀ

Proprietà: ● il valore sociale originario della Proprietà ● la Proprietà come fondamento morale della Società ● la concezione attuale del diritto di proprietà ● la decadenza della Social-democrazia causata dallo sradicamento dell’uomo dalla proprietà.

■ LA QUESTIONE DEL BENE COMUNE e DEL VOLONTARISMO (la Nazione come “Proprietà estesa dei Cittadini”)

il Bene comune (quella parte del territorio che non è proprietà privata di un singolo individuo) era un bene di proprietà diretta degli abitanti del luogo (una vera e propria “Proprietà privata comune”, condivisa). La concezione tradizionale di bene comune, oggi venuta meno con il passaggio della Proprietà del Bene comuni nelle mani dello Stato, è il fattore che ha fatto funzionare con efficacia le Società tradizionali dell’uomo. Ciò ha implicazioni molto importanti per il fenomeno della “immigrazione clandestina”.

■ LA DEMOCRAZIA COME ASSOCIAZIONE DI PROPRIETARI

I CARDINI DELLA DEMOCRAZIA: SOVRANITÀ (e ruolo dello Stato) WELFARE • TASSE

■ SOVRANITÀ e RUOLO DELLO STATO

La questione della sovranità ● Equivoci relativi all’esercizio della sovranità (rappresentatività) ● l’impossibilità di cedere la sovranità: il potere sulle persone tende ad accrescere se stesso ● le qualità di una reale rappresentanza ● il ruolo dello stato (stato minimo).

La sovranità, secondo la Costituzione è la condizione sine qua non della Democrazia: il Cittadino è “sopra tutti”, e nessuna istituzione può avere più potere di lui. Nel caso in cui altre istituzioni dedicano per lui, si “prendano cura” di esso (come è nella Social-democrazia), viene annullato il principio vitale della Democrazia: la responsabilità del Cittadino nei confronti della Società: e da un lato aumentano i costi per “prendersi cura” del Cittadino, e dall’altro le Istituzioni che si occupano di lui (classe politica e burocratica) finiscono per rendersi indipendente dai bisogni dei cittadini, e per curare i propri interessi.

La Democrazia europea non è rappresentativa. L’equivoco sul significato di potere

IL SISTEMA DELLE TASSE (perché non funziona)

■ SPESE E TASSE IN DEMOCRAZIA. I problemi del fallimento economico degli Stati europei e dell’inefficacia dei servizi pubblici è strettamente legato all’adozione, da parte della Social-democrazia, del “Sistema delle tasse” per gestire le spese della Pubblica amministrazione. Le Tasse, nella Democrazia, nascono come collette, per coprire spese decise direttamente dai Cittadini (in questo caso si opera in un contesto di Economia reale). Oggi questa concezione è sostituita da un Sistema delle Tasse che conduce ad una Economia politica nel quale non valgono più le regole del mondo reale: qui un lavoro pubblico costa molto di più di quanto costava in un contesto tradizionale, ed i risultati effettivi sono di peggior qualità.

LA CONCEZIONE IDEOLOGICA DELLE TASSE In realtà le tasse in Social-democrazia sono utilizzate come strumento di potere, con la giustificazione ideologica che esse rappresentino una forma di “giustizia” nei confronti dei poveri (ri-distribuzione delle ricchezze). Tale concezione è un difetto di fabbrica della Social-demcorazia, che la porta ad un esaurimento delle sue risorse: oggi si è arrivati al punto che non funziona più l’assunto di base del “prendere ai ricchi per dare ai poveri” poiché sono proprio questi ultimi a dover pagare il peso maggiore delle spese dello Stato (tasse, licenze, multe, ecc …).

IL SISTEMA DELLE TASSE: POSSIBILI SOLUZIONI

– – – – – – – ( i seguenti capitoli sono ancora in via di sviluppo ) – – – – – –

I PROBLEMI DELLA SOCIAL-DEMOCRAZIA

PERCHÈ LA SOCIAL-DEMCORAZIA NON PUÒ FUNZIONARE

● IL RUOLO DELLO STATO (il significato della Sovranità del Cittadino) ● LA DEMOCRAZIA COME SISTEMA DI SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI (la questione del Welfare – dei “servizi pubblici”)

[2ª PARTE]VALUTAZIONE DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE(parte in sviluppo)

Il differente funzionamento della Democrazia Liberale e della Socialdemocrazia nella aree istituzionali:

ANALISI COMPARTATIVA DELLE VARIE AREE DEL WELFARE NELLA SOCIALDEMOCRAZIA E NEL LIBERALISMO CLASSICO (Istruzione, Giustizia, Sanità-Assistenza sociale, Pensioni, Sicurezza pubblica, ecc … )

■ CAUSE DEL MALFUNZIONAMENTO DELLA SOCIAL-DEMOCRAZIA ● ALTERNATIVE POSSIBILI

altro: ● Governo nazionale e governo locale (la questione dell’autonomia locale) • verso un Welfare 2.0 • Localismo/Federalismo • I problemi dell’Economia keynesiana • verso un nuovo Mercato post-socialdemocratico • I problemi (e le contraddizioni) del Neo-liberismo • La possibilità di seguire un sviluppo sostenibile ● Considerazioni sull’”Ordine Naturale”

I . INTRODUZIONE: I FONDAMENTIDI DEMOCRAZIAE SOCIAL-DEMOCRAZIA

I-A L’IMPOSTAZIONE LIBERALEEL’IMPOSTAZIONE SOCIAL-DEMOCRATICADELLA DEMOCRAZIA

I-A.1 LE DEFINIZIONI DISOCIALISMO E LIBERALISMO

Partendo dall’inizio, vediamo quindi di chiarire, in essenza, quali sono i significati dei termini Liberale (Liberalista) e Social-demcoratico. Ovvero quali sono le Filosofie (le Teorie) sulle quali si fondano le due forme di Democrazia attuale: la Social-democrazia (le Democrazie europee in generale) e le Democrazie liberali (in particolare Svizzera e USA).

In primo luogo vediamo di chiarire quali non sono i significati (errati) per lo più attribuiti oggi a tali forme di pensiero.

COSA NON SONO SOCIAL-DEMOCRAZIA E LIBERALISMO

OLTRE I LUOGHI COMUNI:la necessità disgomberare il campo dagli equivoci

Premessa: oggi molti hanno una idea di Liberalismo e Socialismo che non corrisponde al significato reale del temine (ovvero al significato che è stato attribuito al termine quando esso è stato coniato). Spesso uno dei due termini viene usato con significati addirittura opposti: ciò ha portato alla nascita di forti equivoci di fondo che in questo capitolo si cerca di chiarire.

Oggi Liberalismo e Socialismo sono, a dispetto dei loro significati generali, intesi in modo generico con i seguenti significati:

1) I SIGNIFICATI DI BASE:

(a) il Liberalismo è spesso genericamente inteso come una impostazione della Società nella quale le Persone sono libere di fare ciò che vogliono.

(b) E d’altro canto si pensa che la Social-democrazia sia quella forma politica che (a) garantisce i diritti fondamentali delle persone, e (b) ne soddisfa al meglio i bisogni.

(a) Ma il Liberalismo definisce un tipo di società di tipo opposto a questa definizione: il Liberalismo si basa su una più diretta limitazione dei comportamenti “lesivi” nei confronti dei Diritti fondamentali delle persone rispetto a quella attuata nella Social-democrazia: infatti mentre in quest’ultimo tipo di Società la limitazione delle azioni lesive viene attuata a Leggi “generalizzate” ed applicate da Autorità che stanno “sopra i Cittadini”, nella Democrazia liberale (vedi ad esempio il caso dell’Applicazione della Legge nel modello Anglosassone) i Cittadini giudicano in prima persona le azioni degli altri Cittadini (in modo “diretto”, quindi), e valutando il caso specifico (e non in modo “generalizzato”, come avviene nella Social-demcorazia).

(b) Per quanto riguarda la soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, allo stato dei fatti (dopo secoli di esperienze) è possibile affermare che mentre le realizzazioni di comunità Libertarie (dalle prime comunità dell’Uomo alle piccole cittadine degli Stati Uniti e della Svizzera di oggi) sono state in grado di soddisfare ampiamente i bisogni psico-fisici delle persone (secondo gli stessi interessati), le realizzazioni storiche dello Stato Social-democratico moderno (società dipendenti da forme di Governo che “sta sopra i Cittadini”), non sono mai state in grado di soddisfare realmente i bisogni delle Persone (la soddisfazione di tali bisogni è sempre stato un programma prioritario, ma, di fatto, nel medio e lungo periodo, il Welfare per come è stato concepito nel ‘900, ha sempre prodotto inefficienza e povertà).

Questo problema si è sempre, puntualmente, verificato nel medio-lungo periodo, qualora in una primissima fase gli elementi correttivi avessero dato un temporaneo (apparente) miglioramento del “tenore” di vita dei Cittadini con espedienti tesi a “sostenere” l’economia della Nazione in modo artificioso. Ovvero nella Social-democrazia del Welfare nella concezione attuale si è sempre ottenuta artificiosamente una fase economica positiva (“drogando” il Mercato) alla quale è sempre seguita una catastrofica esplosione della bolla” precedentemente creata (alla fine, cioè, si è sempre raggiunto un livello di maggior povertà dei Cittadini e di caos sociale).

Si noti che questo problema del Welfare del ‘900 è già stato individuato dalle Istituzioni internazionali che hanno definito una alternativa al Welfare attuale definita Sussidiarietà (possiamo chiamarla Welfare della Sussidiarietà) nella quale i Cittadini riprendono ad occuparsi in gran parte di sé stessi – lasciando gestire la le questioni relative alla loro vita alla pubblica amministrazione .solo per quanto riguarda i problemi che i Cittadini sono veramente incapaci di risolvere.

In realtà il concetto di Sussidiarietà è alla base della comunità tradizionale dell’umo, e sopravvive fino ad oggi, ad esempio, nei regolamenti comunali i quali indicano la responsabilità del condominio nel tenere pulito il marciapiede pubblico da neve e giaccio.

2) si pensa che il pensiero liberale sia basato sull’individualismo,

Ma in realtà è l’opposto: il pensiero Liberale è basato sul “senso di comunità” delle Persone.

Individualismo significa: “In senso peggiorativo, la tendenza a far prevalere in modo eccessivo gli interessi individuali su quelli collettivi.“1

In realtà alla base del Pensiero libertario vi è, appunto, la Persona non in quanto “individuo” a se stante, ma in quanto persona che ragiona ed interagisce con la comunità a cui appartiene (si tratta della condizione della persone che vivevano nelle comunità originarie dell’uomo come gli antichi villaggi, o oggi le piccole cittadine nelle Nazioni ad impostazione libertaria come gli USA o la Svizzera).

La differenza tra i due sistemi Liberal-democratico e Social-democratico è, come vedremo, che nel primo caso il senso di appartenenza alla comunità (il senso di responsabilità nei confronti della comunità) è spontaneo, mentre nel secondo caso si pretende di indurre (e “gestire”) dall’alto questa qualità personale dell’uomo.

Il risultato è che nella Socialdemocrazia (come è la Democrazia europea) si ottiene una condizione di individualismo (condizione sociale nella quale le persone perdono il senso di comunità”, e cessano di occuparsi, in gran parte, della diretta soddisfazione dei loro bisogni personali), e di mancanza di partecipazione attiva alla vita sociale che per una struttura come quella del Sistema democratico risulta essere fatale.

Le Democrazia Liberali (come il caso USA), che nelle aree non raggiunte dalla “riforme social-democratiche” sono, a differenza delle Social-democrazie, sopravvissute con successo per secoli, nascono su un importante senso del volontariato (che il Welfare social-democratico tende ad offuscare).

3) si pensa che il Pensiero liberale sia quello della “Società basata sulla concorrenza”.

Se da un lato si può anche affermare che, sostanzialmente, una persona Libertaria veda la concorrenza (“Libero mercato”) come vitale per la salute del Mercato, non bisogna però dimenticare che il Pensiero liberalista nasce un un momento nel quale la Società non è affatto basata, come è ai nostri giorni, sul Mercato. Ovvero nasce in un momento in cui la Società non ha ancora assunto la sua forma attuale di Società-mercato come quella attuale (che è fondamentalmente basata su valore denaro, e quindi sui “meccanismi di mercato”, su modelli economici): nella Antica Grecia ed all’atto della nascita degli USA, la Società era fondata ma su altri valori più sottili, più vicini alla natura umana (gli USA nascono ad esempio sul Valore delle Felicità, un valore che non ha nulla a che vedere con il Mercato).

In origine le “transazioni di compra/vendita” non si basavano sul denaro ma su altri valori come quello del “dono”: in una società in cui vi erano solo forme di relazione diretta (e quindi “affettiva”, come oggi in alcuni vicinati nei quali la persona nasce e diviene adulto assieme ai “vicini”) la componente affettiva nel “prodotto” era fondamentale.

Si deve tener conto che il denaro prima della modernità aveva un significato totalmente differente rispetto ai nostri giorni: non solo non veniva normalmente usato per le transazioni (vi era il baratto: si dava “qualcosa” in cambio di beni – cibo, altri prodotti – o servizio); ma soprattutto il denaro non aveva non aveva di per sé alcuno valore! Nel senso che nessuno pensava a procurarsi denaro; ad “accumularlo”, come si fa oggi (a metterlo in banca, o “investirlo” in qualche bene durevole) semplicemente perchè nessuno aveva la necessità di farlo: il denaro non si può mangiare, o utilizzare per farsi un vestito o come strumento; allora, fondamentalmente, non c’è nulla da comperare poiché non c’era nulla che l’uomo non avesse già alla nascita: una casa e campi da coltivare, … strumenti di lavoro, animali da lavoro o come cibo).

Identificare il Liberalismo come “teoria del Libero mercato” è quindi una forzatura nella quale si perdono i veri valori fondanti del Liberalismo .

La teoria del “Libero Mercato” non è che una derivazione recente del Pensiero Liberale, la quale parte dall’idea di per sé corretta: oggi abbiamo a che fare con una Società nella quale il Mercato ha assunto una importanza fondamentale per la qualità della vita dei Cittadini, e non possiamo non tenerne conto. Dobbiamo cioè cercare di comprendere come possano essere applicati i principi del Liberalismo alla nostra Società mercato (pensare di fare una rivoluzione violenta che distrugga il Mercato non sarebbe affatto un pensiero liberale).

Si commette però a questo punto un errore fondamentale: continuando a studiare il problema sotto tale aspetto si finisce per porre il focus quasi unicamente sul Mercato. Con il Neo-liberalismo si finisce cioè per perdere di vista il lato umano della vita sociale (la Felicità priva di calcoli economici) e quindi per vedere la Società-mercato come fondamento della comunità umana.

In questo modo nasce quindi il neo-liberalismo, una forma di liberalismo particolare nel quale ai valori prettamente umani si sostituiscono valori economici: la concezione di “Società di uomini liberi” nella quale inizialmente il “Mercato” ha una funzione collaterale, subordinata, diviene una entità nella quale la Società è subordinata alla “leggi di Mercato”.

Probabilmente è necessario riequilibrare la situazione ricorrendo alla formula utilizzata per le Religioni quando esse avevano preso il sopravvento sulla organizzazione sociale degli “uomini liberi”: definire un contesto nel quale vi sia “libera Società in libero Mercato”.

COSA SONO SOCIALISMO E LIBERALISMO(CONCETTI SINTETICI)

Si è quindi visto cosa non sono le due “Filosofie politiche politiche”.

In particolare si è visto come nel Liberalismo non si persegua la realizzazione di una Società nella quale “ognuno può fare ciò che vuole” senza tener conto dei diritti altrui. Ma come sia prorpio l’opposto: nella visione liberale della Società si sostiene un controllo dei comportamenti lesivi nei confronti dei diritti altrui molto più diretto che nella Social-democrazia (ossia in modo decisamente più coerente con i Principi della Democrazia).

E la Società liberale non è quindi individualismo, poiché regole di base di essa mettono l’individuo in condizione di totale responsabilità nei confronti delle sue azioni (senso di responsabilità che viene meno nella Società social-democratica, che si occupa “dalla culla a la tomba” del Cittadino; società nella quale quindi il funzionamento spontaneo deve essere imposto dall’alto).

Vediamo quindi in questo capitolo, in estrema sintesi (l’argomento è approfondito in un Capitolo successivo) quale sia l’essenza delle due forme di pensiero.

( QUESTO CAPITOLO E’ IN SVILUPPO )

I-A.2 LA SOCIETÀ DI ORDINE NATURALE

LIBERALISMOESOCIETÀ DI ORDINE NATURALE

Abbiamo visto in una prima breve sintesi, che cosa sono il pensiero Social-demcoratico e quello Liberale.

Vediamo ora come nell’esperienza storica della società umana il pensiero Liberale corrisponda al pensiero tradizionale dell’uomo (alla concezione tradizionale (originaria) della comunità sociale – il Villaggio). Ovvero come la concezione Liberale di società corrisponda alla cosiddetta Società di Ordine naturale (che è appunto, caratterizzata dal Principio di Libertà/Responsabilità dell’individuo non applicato, di fatto, nella Social-democrazia).

LA VISIONE TRADIZIONALE DEL MONDO,E L’ORDINE NATURALE DELLE COSE

Per comprendere meglio i significati Social-demcorazia e Società tradizionale (Liberalista) è necessario in primo luogo comprendere che:

-) il Pensiero liberale non si pone come una dottrina precostituita (non fornisce ricette su come impostare e gestire la Società), ma fornisce una analisi dei meccanismi di interazione sociale dell’uomo (una analisi basata sulla effettiva realtà delle cose).

-) il Socialismo si basa invece su una dottrina creata “dal nulla” (in opposizione alle deduzioni che derivano dalla osservazione della realtà, il Socialismo propone una Ideologia, che è, appunto, composta da una serie di nozioni che derivano dalla “documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali2), Ed è una dottrina che prescrive soluzioni specifiche per la impostazione e la gestione della Società.

Potremmo definire in generale:

1) il Liberalismo come “filosofia di vita” (e non un modello specifico di Governo) che porta come contributo alla vita delle persone delle deduzioni che provengono da una attenta analisi della realtà delle comunità umane (una analisi della storia dell’uomo, svolta con l’intento di chiarire perché alcune hanno funzionato, ed altre sono fallite).

2) la Social-demcorazia è una dottrina che fornisce all’uomo un modello specifico di Governo della Società (ai “Governanti”, e non al popolo). O meglio la Social-demcorazia definisce un modello di gestione dei Poteri all’interno della Società il quale è stato ideato “a tavolino” da alcuni intellettuali affascinati dall’idea di poter plasmare la realtà in funzione di un loro Ideale.

La Social-democrazia consiste cioè nel tentativo di realizzare ciò che in un primo tempo era chiamato Utopia (la cui definizione è «luogo che non esiste», ossia un qualcosa di non realmente realizzabile). E che successivamente, con un passaggio effettuato a livello lessicale (che nulla a cambiato a livello concreto) è stata chiamata Ideologia (l’Ideologia è appunto definita come un concetto ideale, che non deriva da deduzioni scientifiche, che si pretende di poter realizzare nel mondo reale).

La differenza tra le due concezioni della società derivano da due differenti concezioni del Mondo (della vita sulla Terra).

La concezione Liberale deriva dalla visione tradizionale del Mondo da parte dell’uomo (adottata, da sempre prima del manifestarsi in Europa del pensiero ideologico Socialista, in ogni parte del mondo). Visione che vede, appunto, la vita sulla Terra come impostata su una serie di regole naturali (vedi più avanti).

La concezione Socialista – poichè in essa si concepisce la mente dell’uomo come superiore ad una eventuale intelligenza di Natura – si basa invece sull’idea che l’essere umano sia in grado di concepire una Società migliore di quella tradizionale (ovvero che sia possibile sostituire la Società tradizionale di ordine naturale, con un Ordine nuovo3).

Ovvero laddove nel Pensiero liberale si sostiene che la Società tradizionale, che è stata messa punto dall’uomo in migliaia di anni di esperienza, sia la Società che meglio garantisce la realizzazione psicologica e materiale degli esseri umani, nel Socialismo si sostiene invece che si debba mettere da parte tale forma di società (si tratta di eliminarne strutture e contenuti o con la rivoluzione violenta del Socialismo reale, o con la “rivoluzione morbida” perseguita con la Social-democrazia) per sostituirla con un modello basato sulle Idee di pensatori e personaggi politici che nella storia hanno sviluppato, in teoria ed in pratica, il modello di Società statalista di matrice socialista (i più importanti sono i Giacobini della Rivoluzione francese, Napoleone, Proudhon e Marx).

In sintesi, la conseguenza delle due visioni, a livello di realizzazione pratica delle istituzioni governative, è che:

1) mentre nella concezione liberale della Società si indica unicamente la necessità di proteggere in qualche modo la società di tipo tradizionale (non si indicano in questo caso, appunto, nuove ricette, ma ci si limita a descrivere i Principi ed i meccanismi della società tradizionale, indicata come società di “ordine naturale”),

2) nella concezione Socialista si definisce un dogma di Government, che consiste in:

a) una serie di regole specifiche che vanno “applicate” alla società (imposte alla natura, e quindi a tutti i costi imposte, “a fin di bene”, agli uomini).

b) una specifica idea del Bene (si definisce come è giusto che gli umani pensino e vivano).

Detto in altre parole, la Social-democrazia è impositiva, intrusiva poichè si occupa di gestire la vita delle persone anche nel “privato” (ossia anche nella sfera riconosciuta essere per tradizione un luogo inviolabile da qualsiasi istituzione, la Proprietà della persona).

Laddove invece il Liberalismo, è non-intrusivo, poiché si occupa unicamente di proteggere la Libertà della persona (basandosi sull’idea, fondamento della cultura tradizionale dell’uomo, che in un contesto basato sulla Libertà, si sviluppi spontaneamente quell’ordine tradizionale che ha caratterizzato per millenni la società dell’uomo).

La Società dell’uomo è una scoperta e non una invenzione

Analizzando la questione dal punto di vista scientifico,

la differenza tra la Socialdemocrazia e la Democrazia originaria,(ossia la concezione liberalista della società)è che la prima è una invenzione,mentre la seconda è una scoperta.

In altre parole la Democrazia originaria è una struttura di gestione della società che l’uomo ha “scoperto” analizzando (in decine di migliaia di anni) le interrelazioni umana attraverso le quali si svolge la “gestione” della comunità degli uomini. Una analisi nella quale si sono collegate cause (specifici interventi) con effetti positivi o negati riscontrati come conseguenze di tali azioni.

Detto in altre parole, mentre il modello liberale di Società è una scoperta di come l’uomo possa governare la meglio la sua comunità, la Social-democrazia è una invenzione (inventata “dal nulla”) della mente umana razionalista. Con la Social-democrazia si è infatti letteralmente inventato “in astratto” (a livello di logiche mentali slegate dalla realtà) un modello di società che non era stato mai applicato in precedenza (e del quale quindi non aveva a disposizione risultati per valutarne l’efficacia).

la scoperta di un ordine naturale nella società dell’uomo

Più nello specifico, quella dell’esistenza di un ordine della società ottimale fondato sui “principi umani” è una scoperta che si basa sull’analisi della realtà sociale dell’uomo effettuata su due diversi livelli di indagine scientifica:

1° – a livello di indagine antropologica, che rivela l’esistenza di Principi sociali umani, quelli prodotti dalla cultura tradizionale millenni affinamento della morale sociale dell’uomo, che sono serviti, dalla comparsa dell’uomo sulla Terra sino ad oggi, per regolare spontaneamente le interrelazioni dell’uomo all’interno della comunità umana (anche delle più piccole associazioni di persone all’interno della comunità umana).

Si tratta di ciò che nella cultura tradizionale è definito, ad esempio, come serie di “regole d’oro” che, si noti, nella Storia dell’uomo coincidono i tutte le culture tradizionali di ogni continente. Tali regole sono ad esempio riassunte, nella Cultura occidentale, nei 10 Comandamenti, e prendono in considerazione i comportamenti sociali dell’uomo dalle regole più elementari, materiali, come il “non rubare” (regole di base finalizzate ad avere un ordine materiale delle cose), alle regole più sottili come il “non desiderare ciò che appartiene ad altri”, finalizzate a mantenere un ordine mentale (morale) che permetta alle persone di realizzare una reale Felicità (la quale, si noti, è indicata come fine ultimo nella Democrazia USA, uno delle poche nazioni nelle quali, appunto, come nella Democrazia originaria, si è mantenuto il modello tradizionale si Società). [vedi capitolo “la Morale tradizionale”]

2° – studio dei casi storici – uno dei motivi per i quali si può affermare che il Liberalismo si fonda su basi scientifiche, laddove invece il Socialismo democratico ha un fondamento prettamente ideologico, è nel fatto che esso si basa sull’osservazione della realtà (ossia sulla valutazione dei risultati ottenuti nelle realizzazioni storiche del modello sociale tradizionale, sia per ciò che sappiamo dai documenti storici, sia nelle osservazioni “in diretta” dei casi attuali.

In ultima analisi, cioè, il Pensiero liberale si basa su una serie di deduzioni che derivano una attenta analisi di casi reali di Società nei quale l’uomo è stato in grado di realizzare se stesso (in primo luogo abbondanza di beni materiali, e un buon livello di ordine e sicurezza sociale; e quindi di realizzazione della propria Felicità):

Queste deduzioni indicano, appunto, una presenza di

Principi generali “di funzionamento” della comunità umana che risultano essere universali per ogni forma di comunità umana

(e che la Social-democrazia, dalla Rivoluzione francese in poi, tenta si sostituire con nuovi Principi ideali).

IN COSA CONSISTE L’ORDINE SOCIALE NATURALE

l’uomo è spinto spontaneamente alla socializzazione(alla creazione di comunità umane)

La Società di ordine naturale nasce con i primi tentativi dell’uomo di riunirsi in comunità.

Ossia, nasce quando l’essere umano ha pensato che fosse più conveniente per lui unirsi ad altre persone per poter elevare la sua qualità della vita.

Nella comunità l’uomo infatti trova grandi vantaggi, poiché la comunità gli permette di soddisfare meglio i suoi bisogni (materiali e psicologici) di quando esso è isolato da una comunità..

Ciò avvenne quanto da raccoglitore l’uomo diventa agricoltore/allevatore, stabilendosi in modo definitivo in una sua Proprietà).

L’uomo crea a quel punto la comunità (il Villaggio, forma di comunità oggi ancora esistente nelle piccole cittadine di provincia) in base alle seguenti considerazioni:

1) l’individuo non è di per se autosufficiente (se vuole evolvere in meglio la sua vita, se vuole sviluppare un progresso delle sua capacità , delle “comodità”).

Le Persone infatti, unendo le loro capacità specifiche (attitudini o talenti, che definiscono, a livello operativo, le “specializzazioni”), sono in grado di creare “soluzioni” migliori di quelle che è in grado di creare il singolo individuo.

L’uomo, operando “in gruppo”, diviene in grado di sviluppare nuove conoscenze per i vari aspetti della sua vita. Dal lato materiale, ad esempio, ciò avviene nell’ambito di coltivazioni, allevamento, medicina, abitazione. E per gli aspetti sottili dell’esistenza (psicologici e spirituali).

2) si deve inoltre considerare che l’uomo (nella grande maggioranza dei casi) cerca un rapporto affettivo con i propri simili (si dice che l’uomo “tende spontaneamente a socializzare”). Rapporto che contribuisce a fornirgli una maggior sicurezza esistenziale, e piaceri che la vita isolata dalla comunità non gli permette di provare.

le qualità universali della Società di ordine naturale

Alcune considerazioni importanti che derivano dall’osservazione della storia della Società dell’uomo: le Società tradizionali (di ordine naturale delle cose) si basano tutte sugli stessi Principi (in ogni momento della Storia, ed in ogni parte del Pianeta).

Nella Giurisprudenza romana, ad esempio, si afferma che le regole dell’ordine naturale della società sono quelle «norme giuridiche naturali, che vengono osservate in modo uguale presso tutte le genti»

Inoltre i sistemi basati sull’ordine naturale delle cose, sono stati quelli che sono durati più lungo (che hanno cioè permesso di conservare più a lungo quella condizione di qualità materiale delle vita e di felicità).

Questa universalità dei Principi di funzionamento delle società tradizionali (basate, appunto, sull’ordine naturale) evidenzia come negli esseri umani vi sia una sorta di comun denominatore genetico per quanto riguarda le regole sociali (le regole delle interrelazioni tra persone).

Ci si riferisce al livello della comunità umana del Villaggio, fatto di gestione diretta delle cose comuni, e non a quello dei “regimi “politici” che si occupano di governare territori più vasti del villaggio, e che per tale compito si servono di Istituzioni di government.

Più nel dettaglio, nelle Società di ordine naturale:

si sono sempre mantenuti i valori originari (i valori con cui esse sono state fondate). E tali forme di Società sono finalizzate a proteggere tali valori.

In tale contesto si sono sempre mantenuti i valori oggi “rivoluzionati” dalla Social-democrazia: come l’idea del valore fondamentale della Famiglia allargata; ed il valore della necessità, ad esempio, di educare i figli in famiglia, secondo i principi ereditati dagli avi – attraverso una educazione impartita in modo maieutico, e non prettamente razionale come è l’educazione moderna, che è inoltre impartita dall’esterno della famiglia (una “Educazione di Stato”), attuando in questo modo una eliminazione della cultura tradizionale. Ma viene anche, ad esempio, annullato il valore della Proprietà.

il funzionamento della comunità si basava sul valore attribuito alla responsabilità del singolo individuo rispetto a se stesso (negato dalla Social-democrazia, che invece induce una dipendenza dell’individuo dalle Istituzioni – burocrazia e Welfare) .

dalla qualità precedente derivava il valore della responsabilità sociale di ogni individuo (era una qualità intrinseca all’individuo, la quale era, appunto, la risultante dei principi morali della comunità).

In tale contesto le persone si occupavano infatti direttamente del bene comune come si se trattasse della loro proprietà.

Nella Società di ordine naturale si sono sempre mantenuti gli stessi i “valori sociali” anche nelle forme di “produzione” di beni: esisteva un “rapporto affettivo” anche verso i beni prodotti ceduti ad altri (venduti, nel linguaggio moderno), come i beni creati dall’artigiano (i Sociologi ci mostrano come nella tradizione a teli beni fosse comunque attribuito un importante valore di dono).

questa piena responsabilizzazione degli individui portava ad un ordine spontaneo; prodotto appunto spontaneamente dal comportamento dei membri della comunità (questa qualità ha appunto ispirato i fondatori della Democrazia originaria ateniese a prendere come modello la società tradizionale).

In tale contesto si sviluppava cioè uno spontaneo senso di cooperatitivà e solidarietà (ciò era dovuto ad un naturale senso di fiducia nell’altro tipico della società tradizionale, che oggi l’individualismo prodotto dalla Social-demcorazia a fatto venir meno).

Vi sono alcune eccezioni in queste “regole universali”, legate all’applicazione di ideologie, già in tempi antichi.

Un esempio di questa eccezione è la Civiltà islamica, nella quale non si segue un ordine naturale delle cose, ma, come nelle ideologie socialiste, si subordina ogni azione delle persone ad un Dogma (il termine Islam significa proprio “assoggettate a Dio”, ovvero assoggettamento al Dogma rivelato dal Dio – così come il termine Ideologia significa assoggettamento ad una Idea).

Nella Società islamica, anche a livello di singolo villaggio, tutto si svolge in base a norme (obblighi) religiose (la stessa cosa vale appunto per la Cultura socialista sulla quale è impostata la Social-democrazia: ogni azione è svolta in base al Dogma).

i Valori tradizionali della Società dell’uomo

Quindi la Società di ordine naturale si basa su Valori tradizionali (propri della cultura del luogo); mentre la Cultura social-democratica si basa su “nuovi Valori” creati dall’ideologa ad immagine dell’ideale di uomo.

Ovvero quelli tradizionali sono di valori “reali”, perché creati in millenni di esperienza di vita reale, e impressi nella mente inconscia. Mentre quelli Social-democratici sono valori astratti, creati a tavolino da teorici del Socialismo (ideologi).

I sostenitori della Società di ordine naturale (che si autodefiniscono anche tradizionalisti), sono dei difensori dei Valori (Cultura) tradizionali.

Tradizionalista è forse la definizione più calzante dei Liberali.

Un tempo tradizionalista equivaleva a conservatore – sostenitore della condizione di status quo precedente. Ma oggi conservatore è divenuto sinonimo di sostenitore delle istituzioni democratiche (le quali sono ormai divenute una sorta di “tradizione” in Europa).

i Valori tradizionali: famiglia e vicinato

Il primo valore per gli abitanti del villaggio tradizionali è la famiglia (in tale contesto, da sempre, si difende l’integrità della famiglia)

La comunità di ordine naturale è quindi, sostanzialmente, fondata su valori affettivi tipici delle relazioni familiari (del modello tradizionale di famiglia: la famiglia allargata).

Ciò è dovuto al fatto che, come si è detto, le persone nella comunità ricercano, oltre all’aspetto puramente utilitaristico (possibilità, operando “in gruppo”, di produrre con maggior efficacia beni materiali), anche una aspetto di soddisfazione affettiva.

E quindi al fatto che in questa ricerca di consolidamento dei legami le persone sono spinte a creare, di generazione di generazione, attraverso espedienti ufficiali (ed “illegittimi”), una rete di interrelazioni affettive che fanno si che la comunità divenga, appunto, una sorta di famiglia molto estesa.

Interessante a questo proposito il termine Kinship (Inglese), utilizzato per definire il tipo di relazione esistente tra le persone nel villaggio tradizionale.

Il termine significa relazione di “parentela fittizia” (significato dato dall’Antropologia), in cui ognuno è parente putativo (dal latino “ritenuto come tale”) dell’altro abitante della comunità.

Ovvero nella comunità tradizionale tutti gli abitanti, sono, in un modo o nell’altro, uniti da legami affettivi dovuti al loro essere tutti affini” (tutti dotati di caratteri culturali e psicologici molto simili).

Tutti gli abitanti della comunità sono infatti tutti legati da forme di discendenza di sangue o affinità (parenti non di sangue, ma “acquisiti): dai legami ufficiali (come i matrimoni) o da relazioni illegittime (figli illegittimi di cui molti conoscono l’origine).

Un tipo di legame molto forte è nella tradizione europea è rappresentato dalle figure del Padrino e della Madrina, le quali contribuiscono a creare questi legami trasversali tra famiglie non consanguinee (è una tradizione che deriva dall’età del bronzo).

Inoltre si deve considerare che tutti i vicini di casa della stessa generazione sono compagni di scuola o di giochi (mentre oggi i compagni di scuola si disperdono sul territorio).

Tale dimensione della comunità tradizionale si trova anche nei centri urbani della prima metà del Novecento (ed ancora oggi, oltre che piccoli villaggi di provincia, in molte aree residenziali sub-urbane, sopratutto negli USA, dove chi si trasferisce nel posto viene ad esempio accolto con regali da parte dei residenti).

Si sostituisce in tal caso la comunità del paese di provincia con la comunità del vicinato.

In un certo senso quindi il villaggio tradizionale è gestito con un “ modello famigliare” .

La comunità diviene cioè una sorta di famiglia molto estesa nella quale tutti percepiscono una condizione di familiarità con il prossimo: in tale condizione si accetta (o per lo meno si “sopporta”) anche la persona con il quale si possono avere contrasti caratteriali (come accade nelle famiglie, ciò avviene per molti motivi: perché si conosce comunque il valore della persona nel contesto sociale, perché si conosce “la storia” della persona, e quindi l’origine dei suoi “problemi”, ecc …).

Una implicazione di questa dimensione è che la comunità tradizionale è basata su valori non monetari: la “ricchezza”, ad esempio, non è rappresentata dal denaro, ma dalle Virtù dell’uomo. (come ci descrivono gli antropologi ed i sociologi, appunto, anche l’artigiano offriva i suoi prodotti, in parte, come dono).

Il fondarsi di tale comunità su valori sottili faceva si che, tra le altre cose, nella comunità tradizionale non vi fosse una autorità intesa come lo è oggi: le persone seguivano le indicazioni di altre persone scegliendo spontaneamente di farlo, come è all’interno della famiglia.

l’ordine spontaneo (non-gerarchico, non autoritario)

Questa dimensione di “relazioni affettive” porta infatti la Società di ordine naturale ad essere non-gerarchica.

Ovvero nel contesto di comunità tradizionale le persone sono spontaneamente portate ad impostare le loro relazioni istituzionali (ad esempio nelle questioni relative all’intervento sul bene comune) .in modalità non-gerarchica (all’opposto di quanto accede invece in Social-demcorazia, che presenta un ordine gerarchico simile a quello militare – ordine infatti stabilito in origine da Napoleone Bonaparte).

In tale contesto la famiglia (che era l’unità di base della società) era probabilmente l’unico luogo in cui vi era una sorta di ordine gerarchico (ma si trattava di una gerarchia non formale, spontanea – nella quale l’autorevolezza era riconosciuta spontaneamente dai familiari).

Un caso simile era (ed è) quello del laboratorio dell’artigiano, nel quale l’apprendista si poneva spontaneamente in un ruolo subordinato nei confronti del maestro.

La differenza tra l’ordine della Società tradizionale e quello della Democrazia moderna di matrice social-democratica è la differenza che esiste tra autorevolezza (nella tradizione) ed Autorità (Social-democrazia).

Sostanzialmente quindi nella società naturale non vi è una gerarchia come è intesa nella Social-democrazia, nel senso di una gerarchia imposta dall’alto.

Infatti mentre la Social-democrazia si basa proprio su un esercizio di un Potere (Autorità) dall’alto che permetta di mantenere un ordine razionale (ideologico, dogmatico), nella società tradizionale non vi è un Potere in tal senso (imposto).

La struttura governativa di una comunità tradizionale è quindi basata su un ordine non-gerarchico (in realtà non vi è nessuna struttura o ordine formale), ossia è basata su una modalità non-coercitiva, poiché non vi è una autorità imposta. Ma

vi sono persone a cui gli abitanti della comunità decidono spontaneamente di affidarsi nelle decisioni perché riconoscono in esse una particolare competenza, o capacità

(come nel laboratorio dell’artigiano, si riconosce spontaneamente la superiorità dell’altro, e ci colloca in subordine ad esso).

Si noti come nella Social-democrazia si cerchi di riprodurre lo stesso meccanismo di affidamento dei Cittadini ad un ad una persona autorevole che esiste nella Società tradizionale, ma lo si fa con un sistema dalle caratteristiche sostanzialmente opposte a quelle tipiche di tale Società.

Infatti:

1) la Social-democrazia si basa su una forma di fiducia che si basa “sulla parola”, e non su una esperienza basata sui fatti. Ovvero mentre nella società tradizionale ci si affida a qualcuno poiché si sono viste, nei fatti, le qualità di quella persona nell’individuare soluzioni ai problemi della comunità, nella Social-democrazia si pretende che le persone riconoscano un valore a dei rappresentanti politici “sulla parola”

Nella Social-demcorazia si pretende cioè che i Cittadini si affidino alla Classe politica in base non a fatti, ma a promesse.

Le quali, per di più, provengono da persone che per anni non sono state in grado di risolvere i problemi del Paese: in questa situazione i Cittadini votano i Rappresentati scelti dalla Classe politica, solo perché non hanno alternativa. E finiscono per attuare un voto di protesta (“tappandosi il naso”), ossia per votare persone di cui essi non hanno una vera fiducia, ma che sperano possano liberarli dalla Classe politica al potere.

2) l’”affidamento” del Cittadino ai rappresentanti politici nella Social-democrazia non è affatto volontario, perché non presenta la caratteristica fondamentale della volontarietà: ossia della possibilità di eventualmente interrompere tale rapporto di fiducia.

I Cittadini cioè, in Social-demcorazia, sono “condannati a vita” ad essere sottoposti sempre alla stessa Classe politica (ad esempio: non è possibile mandare al governo nuove generazioni di politici, dalla nuova mentalità, poiché la classe politica al governo, ha blindato, con con leggi sempre più a loro favore, la loro posizione di potere.

Così come non è possibile in Social-demcorazia uscire dal sistema delle tasse nemmeno se si pensa di vivere alla maniera tradizionale, in modo autosufficiente (con orto, galline, produzione autonoma delle energie, assenza di smaltimento di rifiuti grazie all’uso di sostanze biodegradabili, ecc …). Sostanzialmente, la Social-democrazia è un mondo dal quale non vi è più la libertà di uscire.

Mentre nella Società tradizionale, appunto, se c’è, una gerarchia, questa è volontaria in ogni senso.

Ovvero nella Società tradizionale la persona autorevole non ha quindi alcuna autorità, nel senso che essa non ha il potere di far eseguire un suo comando (il sottoposto è in una posizione volontaria, e può quindi non accettare il “comando”). In tale contesto la persona autorevole può solo essere abbastanza convincente (ma qui sono i fatti che vengono giudicati) per indurre altre persone ad agire in un certo modo.

La conseguenza più importante è che nella Società tradizionale (basata sull’ordine naturale), non vi è mai la necessità di ricorrere alla forza per indurre le persone a comportarsi in un certo modo. Ovvero in tale contesto vige una modalità di government non coercitiva: non è necessaria, ad esempio, una polizia per far rispettare la volontà di qualcuno.

Nella Società tradizionale l’unica Autorità “di potere” è, appunto, quella dell’individuo all’interno della sua proprietà (ma chiunque può uscire da tale proprietà e non sottostare all’autorità del proprietario).

la Società di ordine naturale come sfruttamento dell’intelligenza della Natura

E’ importante comprendere come la società di ordine naturale si fondi sul riconoscere un ordine “intelligente” nella natura (sia nella Natura “della Terra”, che nella Natura dell’uomo).

Si tratta quindi in questo caso, per l’uomo, di interpretare tale forma di intelligenza naturale per vivere al meglio.

Come detto in altro punto questa concezione era un tempo attribuita al disegno del Mondo da parte di Dio. Oggi l’intelligenza del Mondo è ricondotta dalla Scienza a criteri scientifici. Ciò è possibile grazie ai contributi di Scienziati come Einstein; e di recenti Scoperte come quella definita Gaia.

Dal punto di vista scientifico, le caratteristiche fondamentali di questo insieme organico sono: indeterminatezza (non ci si può fare una idea razionale di come funzioni); e modalità di auto-regolazione (intervenendo su di esso si rompe l’equilibrio, e si ottengono risultati che nessuna Scienza razionale è in grado di predire).

Più nello specifico:

1) non è possibile farsi un quadro razionale della realtà; e quindi non si possono definire strategie razionali per “ordinare” la realtà (come vedremo nel prossimo Capitolo, non si possono contraddire, come si tenta di fare in Social-democrazia, quelle che gli gli antichi legislatori chiamavano le “leggi non scritte”, che reputavano essere superiori alle leggi create dall’uomo).6

Questa affermazione è supportata dai principi fondamentali della Scienza moderna di Godel e di Heisenberg (che affermano che non è possibile conoscere la realtà in profondità, per quanto si utilizzino strumenti sofisticati – e quindi non ci si può basare sulle conoscenze razionali della realtà per tentare di intervenire su id essa, perché si agirebbe in modo a-scientifico: ovvero si otterrebbero, nella migliore delle ipotesi, “problemi collaterali” che, sommati, porterebbero a produrre risultati disastrosi).

2) intervenendo (in modo razionale) su un singolo dettaglio dell’insieme (ad esempio di un sistema sociale) si intacca in modo determinate l’equilibrio globale del sistema.

La stessa cosa vale per un Sistema sociale: esso comporta una tale complessità di dettagli (legati in primo luogo a fattori psicologici) per cui cercando di intervenire su di esso in parti specifiche, si ottengono variazioni dell’insieme non pianificabili (e non più gestibili dall’uomo).

l’interpretazione delle leggi di Natura come unica via al progresso di una società

Questo ordine naturale del Mondo individuato dalla scienza moderna (un tempo attribuito a Dio) è, appunto, alla base della concezione Liberale della Società.

Ovvero prendendo atto dell’esistenza di questo ordine, nel Pensiero liberale non si vuole imporre un ordine alla società umana (come si pretende invece di fare nel Socialismo reale e nella Social-demcorazia). Ma si vuole assecondare questo ordine naturale cercando di interpretare al meglio le “leggi non scritte” della Natura (quelle leggi che già nelle forme di giurisprudenza antiche – pre-Napoleniche – erano considerate essere migliori delle “Leggi dell’uomo”).

L’esistenza di questa intelligenza di Natura implica un’altra questione molto importante: l’evoluzione dell’uomo si basa prorpio sulla capacità di interpretare al meglio le Leggi di natura.

In altre parole, nel caso in cui non si rispettino queste regole di natura si ha, all’interno di una Civiltà, un arrestarsi dell’evoluzione dell’uomo (ovvero un blocco del progresso della Società).

Per questo difetto intrinseco di voler forzare l’ordine naturale della società umana, nel loro ciclo evolutivo le società di matrice Socialista entrano immancabilmente in crisi, e cominciano presto a decadere (si tenga conto che i Sistemi socialisti durano al massimo qualche decina di anni – producendo presto gravi danni al tessuto sociale, mentre le società tradizionali sono durate millenni).

Mentre le società che hanno sviluppato un reale progresso, una reale innovazione di strumenti e modalità di vita in direzione di una miglior qualità della vita, sono state tutte società di tipo tradizionale. Ciò è accaduto, appunto, prorpio perché queste società si basavano su Valori funzionali all’uomo, sulle Leggi di natura.

L’approccio liberale corrisponde cioè, in una certa misura, alla proverbiale figura del contadino (“cervello fino”) il quale, vivendo in simbiosi con il mondo di natura è in grado di interpretarne al meglio le regole.

Questa capacità di interpretare la Natura per chi vive in contatto con essa, si sviluppa a due livelli: (1) sia nel conoscere le regole della vita umana (che si possono desumere dalla regole naturali osservate, ad esempio, nel mondo vegetale ed animale – un esempio di ciò è la parabola del seme di senape, che quando viene sparso sulla roccia non attecchisce). (2) Sia nel riconoscere il determinante aiuto che può fornire la Natura nel sollevare l’uomo da parte del suo lavoro (ad esempio, utilizzando il vento per navigare).

Lo sviluppo del progresso avviene cioè quando si verifica il mix di condizioni tipiche della comunità tradizionale (della Democrazia liberale): la condizione di Libertà/Responsabilità.

Ovvero il progresso reale (un progresso realmente sostenibile) si è sempre unicamente sviluppato in quella condizione esistenziale (sociale) nella quale: da un lato l’individuo ha la necessità di agire in prima persona per risolvere i suoi problemi (mentre nella Social-democrazia la coscienza dell’uomo è abituata a pensare che lo Stato, “gli esperiti”, risolvono i suoi problemi). E contemporaneamente esso è nella condizione di poter agire liberamente.

E’ in tale dimensione, nella società tradizionale, dove l’essere umano agisce in prima persona per risolvere i suoi problemi, per migliorare la propria vita, che si sono inventate le importanti tecnologie (sostenibili) che hanno si qui, nella Storia, migliorato la vita dell’uomo.

Solo in tali condizioni l’uomo ha potuto comprendere che l’intelligenza dell’ordine naturale delle cose gli metteva a disposizione risorse che avrebbe potuto utilizzare a suo vantaggio (ad esempio le bestie avrebbero potuto aiutarlo a lavorare la terra).

E’ l’uomo che viveva nelle condizioni tradizionali di ordine naturale che ha inventato innovative tecnologie dell’agricoltura, come il fieno (in questo modo di è risolto il problema di stabilirsi d’inverno con il bestiame nei luoghi dove cade la neve); o la capacità di utilizzare corsi d’acqua per l’irrigazione o per far funzionare macchinari come i mulini.

In un altro punto si evidenzia come nella Società di ordine naturale, nella quale ogni persona si riteneva direttamente responsabile della propria vita, non vi fosse affatto bisogno del Welfare attuale, poiché esisteva una sorta di Welfare naturale, spontaneo, che funzionava molto meglio di quello attuale.

Una ulteriore considerazione: l’unica vera società a fondamento ecologico è quella tradizionale, di ordine naturale.

Laddove vi è invece una forte imposizione dell’ordine dell’uomo sulla Natura (come nella Social-demcorazia) si alterano i processi naturali (è chiaramente miope – o ipocrita – l’idea di sviluppare un progresso tecnologico che crea danni alla Natura, e poi, con le stesse tecnologie – di per sé, appunto, tutt’altro che ecologiche – cercare di rimediare a tali danni).

LA SOCIETÀ LIBERALECOME SOCIETÀ DI ORDINE NATURALE

LA QUESTIONE DEL DIRITTO NATURALEE DELLO STATO BASATO SULLE LEGGI

Le considerazioni sui meccanismi sociali della comunità di ordine naturale erano già state recepite dalle istituzioni governative dell’antichità.

Già nell’antichità, cioè, nasceva quello che è stato definito Diritto naturale.

Quella del Diritto naturale è una dottrina giuridica che si basa, appunto, sull’idea riconosciuta da tutte le Culture non-socialiste della Storia, dell’esistenza di “meccanismi” spontanei di comportamento dell’uomo, i quali garantiscono un ordine ottimale all’interno della società (ovvero si riconosceva già nell’antichità il fatto che l’essere umano sappia, a livello per lo più inconscio, come comportarsi per ottenere, con la maggior efficacia possibile, un miglioramento della qualità della vita (materiale e psicologica)7.

Quindi

il Diritto naturale(ossia l’esistenza delle Leggi di natura),che era già riconosciuto, a livello istituzionale,ad esempio da Greci e Romani,è stato il fondamento di tutte le legislazioni nella Storia dell’uomo

(prima dell’avvento Social-demcorazia).

E questo Diritto naturale è stato appunto sostituito dal Diritto moderno (che viene definito come positivo, ossia come “creato dalla mente dell’uomo”) solo con la Rivoluzione giacobina francese, che aveva bisogno della nuova dottrina per attribuire maggiori poteri allo Stato (ovviamente ciò era concepito “a fin di bene”, poiché le menti ideologizzate dei Giacobini pensavano di poter migliorare l’esistenza dell’uomo con un governo fortemente autoritario ma “illuminato”). Ma è stato poi messo a punto, e diffuso a livello “globale” dal Napoleone, che estese il credo dei rivoluzionari a tutta l’Europa (infatti tale forma di diritto è detta oggi Diritto napoleonico).

Applicando il Diritto naturale i legislatori antichi riconoscevano una intelligenza nella Natura delle cose (nell’ordine naturale) al quale faceva in modo che le cose funzionassero in modo ottimale quando ci si atteneva alle regole della Natura.

Nel pensare tradizionale dell’uomo si riteneva cioè che l’uomo non potesse creare nuove leggi che non fossero in contrasto con tali leggi naturali (che non andassero ad intaccare l’ordine naturale all’interno della società).

Il concetto di Diritto naturale come fondamento della giurisprudenza, è ripreso da Socrate e da altri Filosofi i quali fino all’Ottocento hanno evidenziato il contrasto (contraddizione reciproca) tra “Leggi dell’uomo” e le Leggi universali di Natura (tra ciò che è giusto per la Legge prodotta da alcuni uomini, e ciò che è giusto Secondo quei Diritti naturali che sono anche, sulla carta, il fondamento della Democrazia europea).

Sostanzialmente tali autori sottolineano come

la Giustizia dell’uomo sia una ingiustizianei confronti dei Diritti naturali della persona.

Oggi, nella Cultura social-democratica, è forte la contraddizione tra i Diritti naturali le Leggi prodotte dai Parlamenti.

Come risulta dagli studi storici ed antropologici, quindi una caratteristica importante del Diritto naturale è di essere una forma di Diritto universale. Mentre il Diritto moderno di ispirazione Socialista, è invece di fatto, .il prodotto delle volontà particolari di alcune persone che si sono auto-investite di un Potere.

i Filosofi rispetto al Diritto naturale

Secondo i Filosofi greci hanno prodotto le seguenti considerazioni: la Società di ordine naturale è composta da «tutti congiunti, famigliari e concittadini per natura, non per legge»; «la legge, tiranna dell’essere umano, lo costringe a molte cose contro natura» «la natura non creò nessuno schiavo» (ossia sottomesso ad un altro, ad una Autorità, come è nella Social-democrazia).

Seneca: «siamo le membra di un grande corpo; la natura ci ha tratto alla vita stretti da un vincolo di parentela».

Cicerone, in De Legibus, considerato essere il primo vero trattato di giurisprudenza, afferma: «la legge è ragione suprema insita nella natura, che comanda ciò che si deve fare e proibisce il contrario: ragione che, attuantesi nel pensiero dell’uomo, è appunto la legge» . Ed anche “Se dovessimo concludere che la fonte del diritto è la legge positiva [quella attuale], prosegue Cicerone, si dovrebbe ritenere giusta ogni forma di sopruso o soperchieria approvata dal decreto o dal voto della massa, senza poter, in mancanza della legge naturale, distinguere fra la legge buona da quella cattiva“.“La vera legge è la retta ragione, in accordo con la natura, diffusa fra tutti gli uomini, immutabile, eterna” (http://it.wikipedia.org/wiki/Giusnaturalismo)

Aurelio: «propria costituzione e natura […] razionale e socievole» e «è proprio dell’uomo benignità verso i propri simili» (Wikipedia -giunaturalismo)

L’adozione di due differenti forme di diritto (il Diritto naturale della società tradizionale – e quindi della Democrazia originaria e del Pensiero liberale), e il Diritto social-demcoratico, “positivo”, è avvenuta in funzione delle due visioni del Mondo (della vita umana) proprie della Cultura tradizione e Socialista (descritte in altro punto).

A questo proposto è importante rilevare una contraddizione di base nel pensiero Social-democratico.

Sebbene anche nel Socialismo si riconosca l’esistenza di un Ordine di natura, in esso si rinnega poi, all’atto pratico tale concezione(quando si tratta di definire strategie politiche, o Leggi).

Il fatto è che secondo la visione tradizionale del Mondo (quella delle Religioni, delle culture etniche della varie parti del mondo – da quelle Indo-cinesi a quelle dei Nativi americani) l’uomo tende spontaneamente al Bene. Mentre nella visione Social-democratica l’uomo è naturalmente portato a sbagliare, a creare dei problemi per sé e per la sua comodità (si ritiene che “un legno storto”).

Da questa diversa concezione dell’uomo nascono ovviamente le due concezioni di società.

Quindi, mentre nella visione tradizionale il rispetto dell’ordine naturale delle cose (leggi: la libertà di azione da parte delle persone) è la condizione fondamentale per il buon funzionamento della società, nella visione Social-democratica è necessario imporre d’autorità un comportamenti alle persone affinché si possa mantenere un ordine sociale.

Ovvero la Società, per il Pensiero Socialista, è un luogo di conflitti, che possono essere attenutati solo con l’uso di un Potere esercitato con “la forza”.

Per poter appunto correggere questo problema intrinseco dell’uomo (il suo essere portato al Male), il sistema Social-demcoratico si serve delle Leggi che esso produce ad hoc per giustificare l’utilizzo della forza (nel caso in cui le azioni dell’uomo non rispettino il Dogma ideologico).

La Social-demcorazia è quindi costretta, per potersi sviluppare, ad entrare in forte contrasto con i suoi stessi principi: i Diritti naturali dell’uomo (presenti nella Costituzione, nella Carta dei Diritti dell’ONU, ecc …).

Ovvero in Social-democrazia:

1) i Diritti fondamentali rimangono per ragioni demagogiche (altrimenti verrebbe a mancare il consenso elettorale – si fatto però, il Presidente Napolitano è riuscito a superare anche questa difficoltà, imponendo direttamente un Governo, senza passare per le Elezioni).

2) mentre le Leggi, per necessità “pratiche”, contraddicono tali principi: infatti l’applicazione dei Diritti naturali significherebbe l’attuazione di una reale Sovranità popolare (government diretto), e quindi eliminerebbe la necessità delle Istituzioni social-democratiche (e della Classe politica che le sostiene).

LA NON-FORMALIZZAZIONEDELLA SOCIETÀ LIBERALE.

Come si è detto il Pensiero liberale non è prescrittivo: esso non definisce un dogma, una serie di regole specifiche; ma è semplicemente una descrizione obiettiva del modello sociale adottato nella tradizione dell’uomo (mentre nel dogma Social-demcoratico si definiscono regole specifiche per impostare e gestire la società).

Questa scelta è determinata, appunto, dal fatto che il modello preso in considerazione dal Pensiero liberale è un modello universale, fatto solo di meta-regole (unicamente da regole generali).

Ovvero la scelta di non fornire regole specifiche di comportamento deriva, secondo i Pensatori liberali, dalla necessità di rispettare meta-regola principale della Società civile: la Libertà della persona (principio che, sulla carta, è condiviso anche dalla Social-democrazia). E quindi, se si vuole realmente rispettare tale Principio, è necessario definire un contesto nel quale le persone possano sviluppare al meglio la loro libertà di essere (nel definire regole specifiche).

Più in generale il modello liberale di società è definito per fare in modo che possa effettivamente svilupparsi, in modo spontaneo, un ordine naturale delle cose.

Ma in ogni caso nel Pensiero liberale non si prescrivono indicazioni per realizzare modello (sarebbe comunque una limitazione del Principio di Libertà). Si offre invece semplicemente una descrizione di un tipo di società che ha sempre funzionato, indicando come, nel caso in cui si modifichi tale ordine naturale, si finisca di far degenerare tale ordine: si produca caos sociale, ed incapacità per la società di produrre soddisfazione dei bisogni delle persone ()per arrivare immancabilmente al fallimento economico della società).

Per chiarire meglio cosa significhi da una lato inserire nel dogma regole specifiche da imporre alla società – Social-democrazia), e dall’altro definire solo meta-regole (sistema liberale), vediamo la questione più nello specifico:

nel Pensiero liberale, come detto, si afferma che ci si debba attenere al rispetto del Principio fondamentale delle Democrazia: la Libertà del Cittadino. E di conseguenza, al rispetto dell’altro valore che per la Cultura europea dipende direttamente da questo Principio: la Proprietà (questi sono anche i valori tradizionali, da sempre riconosciuti come fondamentali dall’uomo).

In tale contesto ogni regola specifica, perché si possa rispettare il principio di Libertà (ossia della Sovranità del Cittadino), deve essere definita in modo dinamico dai Cittadini stessi (ovvero, i Cittadini, devono poter realizzare la loro volontà caso per caso, momento per momento – come avveniva nella Democrazia orginaria).

nella Dogma socialista sono invece pre-definite le regole specifiche ai quali i Cittadini si devono attenere.

Si noti che queste regole, che sulla carta sono definite con il consenso dei Cittadini, di fatto, poiché i rappresentanti parlamentari non hanno “vincolo di mandato” (non sono tenuti, per Legge, a rispettare la volontà degli elettori), di fatto sono create dalla istituzioni governative in base ai propri interessi.

Questi regole specifiche predefinite, concepite in tal modo, entrano in contrasto con i Diritti naturali dei Cittadini.

Si veda l’esempio della regola della redistribuzione delle ricchezze, la quale limita in modo determinante la libertà delle persone di godere dei propri beni (che vengono alla fine confiscati se un proprietario non è in grado di pagare le tasse sulla proprietà). [l’argomento è sviluppato nel capitolo “la Proprietà”]

Come vediamo nel prossimo capitoletto l’utilità del Pensiero liberale consiste nel mostrare alle persone che la Social-democrazia è destinata a fallire perché essa contraddice i suoi stessi Principi di funzionamento (e quindi, come tutti i sistemi razionali, è destinata per tale ragione a fallire). E di indicare alle persone (questa è la molla che porta le persone a mettersi in azione per cambiare le cose in direzione di un reale miglioramento) che vi sono alternative alla Social-democrazia nelle quali si possono avere, a costi sociali decisamente inferiori, tutte quelle qualità della vita che la Social-demcorazia promette ma non è in grado di realizzare.

“a cosa serve” il pensiero liberale ?

Per comprendere meglio “a cosa serve il Pensiero liberale”, è opportuno, prima di tutto comprendere che un pensiero “pratico” come quello Social-democratico, che è finalizzato a creare un sistema (tecnologico, sociale, ecc…) nel quale si contraddicano i suoi Principi di funzionamento è destinato al fallimento (a produrre risultati non previsti, e quindi ad arrivare un punto di implosione di tutto il sistema – come sta accadendo oggi alla Social-demcorazia).

Ma volendo rispondere direttamente alla domanda “a cosa serve” il Pensiero liberale? in ogni caso la risposta è: il sistema liberale di pensiero è, in un certo senso, come la Psicologia la quale permette di analizzare la struttura psichica di una persona, e quindi di prevederne i comportamenti.

Il Pensiero liberale è cioè uno studio(storico ed antropologico)dell’uomo nelle sue interrelazioni sociali,

il quale permette alla persone di comprendere il perché delle crisi delle società (di comprendere il perché del mancato funzionamento della Social-democrazia).

All’atto pratico il Pensiero liberale diviene quindi di grande importanza per poter effettuare cambiamenti a livello sociale (ad esempio, per uscire dalla attuale crisi economica dell’Europa).

Tale forma di pensiero permette cioè, in primo luogo, alle persone di raggiungere la consapevolezza dei problemi prodotti dalla Social-democrazia.

Il problema che nasce in tale contesto è che la mancanza di consapevole rispetto a quali siano le cause reali degli attuali problemi, porta a tentare di risolvere i problemi applicando prorpio le regole che li hanno creati (anzi, irrigidendo sempre tali regole, con l’Idea errata che i problemi derivino da una loro applicazione troppo blanda).

A questo punto il ruolo di un pensiero come quello liberale è fondamentale, poiché esso non solo permette di individuare le reali cause dei problemi attuali attuali della Democrazia europea. Ma offre anche modelli a cui ispirarsi per rimettere in sesto la Società europea.

L’importanza di una tale forma di pensiero “alternativo” (in realtà ad essere alternativa è la società social-democratica) è dovuta appunto al fatto che nella Social-democrazia, anni di induzione di pensiero unico (attraverso l’educazione di Stato ed un sostanziale monopolio dei Media) hanno messo le persone nell’impossibilità di comprendere i reali problemi della Società europea (che sono invece, ad esempio, molto chiari per gli Inglesi o per la maggior parte degli Americani).

il pieno rispetto del Principio di Libertà: la non-ingerenza

A livello pratico, operativo, per le ragioni sin qui esposte,

il Pensiero liberale si pone in primo luogo l’obiettivo della non-ingerenza nei confronti delle interrelazioni sociali

(intendendo in questo caso non che le persone non abbiano diritto ad essere protette; ma al fatto che non si interviene se i Cittadini non lo richiedono esplicitamente)

Nel Pensiero liberale non-ingerenza indica infatti in primo luogo la non intrusione nelle faccende di una una comunità sociale.

Più nello specifico il Pensiero liberale si occupa solo di quelli che sono i Diritti naturali dell’uomo. E, come si è detto, poichè il Principio fondamentale è quello della Libertà, ed essendo per definizione la qualità della Libertà è l’essere liberi di scegliere, intervenire nella società imponendo dall’alto un dogma sarebbe di per se una trasgressione del Principio di libertà.

una società priva istituzioni governative: il modello tradizionale

Quindi, di fatto, mentre il Pensiero social-demcoratico è una forma di pensiero politico (la sua adozione implica un percorso politico specifico – oggi definito “di sinistra”), il Pensiero liberale è completamente privo di connotazioni politiche (non è affatto, come si crede nella vulgata .social-democratica, un pensiero “di Destra”: per le sue caratteristiche è infatti in contrasto con tale forma di pensiero politico).

La caratteristica principale del Pensiero liberale è di porsi in una posizione neutra rispetto alla gestione della Società (rispetto ai metodi di government scelti dai membri di ogni specifica comunità sociale ), essendo esso null’altro che uno studio (storico ed antropologico) delle forme di comunità sociale create dall’uomo.

L’utilità del Pensiero liberale, come si è detto, è di aiutare l’uomo ad analizzare il perché dei problemi di una specifica società (ad esempio di mettere in evidenza come la Social-democrazia europea sia caratterizzata da “difetti nel manico” a causa dei quali essa è destinata a fallire); e di indicare la presenza di modelli alternativi alla Società europea attuale che nel corso della storia hanno funzionato molto meglio di quest’ultima.

E’ pur vero che da questa analisi storico-antropologica emerge un modello specifico di società come sistema che ha sempre funzionato in modo ottimale (a livello di comunità locale, a prescindere dalla impostazione politica specifica delle Istituzioni governative che eventualmente si ponevano sopra di esso – si ricorda che prima del diffondersi della Social-demcorazia, tali istituzioni, per quanto fossero dispotiche, non si sono mai occupate di interferire nell’organizzazione locale del Villaggio).

Ma questo modello tradizionale è, appunto, di per sé privo delle “sovra-strutture” di government tipiche della Social-demcorazia. Poichè in esso la gestione della “cosa pubblica” è svolta direttamente dai membri della comunità, senza intermediari, senza sovra-strutture istituzionali.

In effetti la Democrazia originale, in Atene, non aveva affatto Istituzioni di governo: in essa vi era solo un luogo nel quale i Cittadini si ritrovavano per discutere direttamente sul da farsi (come nelle attuali Democrazia dirette: nei Villaggi della Svizzera e degli USA). In queste Democrazie qualsiasi intervento di Istituzioni governative “statali” viene considerata essere una grave ingiustizia.

In ultima analisi il Sistema liberale è un sistema sociale (un sistema di government), privo di Istituzioni governative (nel senso attuale), poiché in esso vi è quella gestione diretta (o totale partecipatività) da parte dei membri della comunità che da sempre ha caratterizzato il government della comunità dell’uomo.

In tale concezione lo Stato può anche esistere, ma solo per alcune esigenza particolari (molto differenti da quelle di cui si occupa oggi lo Stato social-democratico): si tratta in ogni caso di un “di più” rispetto al sistema sociale.

Si parla in tal caso di uno “Stato minimo” che non interferisce affatto con il sistema sociale, ma si occupa unicamente di alcune mansioni “extra” rispetto alla “gestione della società” (il caso tipico è la gestione di una guerra con altre Nazioni).

Tale Stato mimino ha le seguenti caratteristiche:

1) opera come un agente dei Cittadini: agisce solo su incarico specifico; come un amministratore di condominio, fa solo quello che gli viene detto di fare dai “condomini”.

Come vediamo in un altro punto, la Democrazia non è altro che un condominio: il con-dominium è appunto un insieme di persone che detengono il potere (Sovranità del Cittadino) e gestiscono in prima persona un contesto.

2) lo Stato, in una vera Democrazia (come quella Ateniese, e quelle Svizzera e USA al tempo della fondazione) non si occupa praticamente di nulla (in caso di guerre viene delegato a gestire il conflitto).

Nel prossimo capitolo vediamo cosa ciò significhi.

come può funzionare una società senza Stato (senza Istituzioni governative) ?

La prima risposta alla domanda come può funzionare una società senza Stato è:

LE COMUNITÀ SOCIALI DELL’UOMO HANNO SEMPRE FUNZIONATOSENZA IL BISOGNO DI SOVRA-STRUTTURE ISTITUZIONALIcome quelle nelle quali consiste lo Stato moderno.

La mancanza di una Cultura storica società rende oggi difficile capire come sia uno errore dare per scontata l’esistenza di un Stato

Ma la Storia ci insegna che in realtà le società prive di Istituzioni statali hanno sempre funzionato molto meglio di come funzionano oggi poiché per ciò che riguarda le opere pubbliche ed i servizi sociali (e, ad esempio, per il Welfare): nella comunità tradizionale le persone erano in grado di progettare e gestire tutto direttamente, in prima persona, con risultati migliori di quelli prodotti dal Sistema social-democratico.

Ed ancora oggi le cose vanno in questo modo nelle piccole cittadine di provincia degli USA o della Svizzera (nonostante l’avanzata dello Stato che tende ad interferire anche in questi contesti con l’auto-organizzazione locale della vita sociale – cosa che infatti provoca le proteste dei cittadini di tali comunità).

Come è possibile ciò?

Chi ha abitato in tali contesti comprende automaticamente il significato di ciò (è sufficiente aver visto negli anni ‘70 i residui delle comunità rurali italiane, e sentito i racconti degli abitanti).

Altrimenti è necessario partire ad analizzare dalla base la questione.

Il problema è che oggi ci si pone la questione delle opere pubbliche e dei servizi sociali in modo errato. Oggi, nel pensiero normalizzato indotto dalla Social-democrazia si pensa che non si possa fare a meno dell’intervento dello Stato nell’erogazione di servizi sociali, e della costruzioni di “opere pubbliche” perché si conoscono solo le modalità “moderne” di costruzione di opere pubbliche. E si conosce come forma di benessere sociale unicamente quella del Welfare social-democratico.

Ma in realtà nella tradizione si sono sempre create opere pubbliche funzionanti. E il tradizionale funzionamento spontaneo delle comunità locali di ordine naturale forniva una “assistenza” agli abitanti superiore a quella dell’attuale Welfare (ovviamente oggi con le nuove conoscenze e le nuove tecnologie si possono avere risultati di molto superiori). [vedi in altro punto la questione del Welfare spontaneo, e la possibilità di impostare su di esso un nuovo Welfare 2.0]

Per comprendere come ciò sia possibile, è però necessario partire dalla base della questione. Ossia chiedersi in primo luogo cosa è la Democrazia.

1) LA DEMOCRAZIA NASCE COME SISTEMA DI SODDISFAZIONE DEI BISOGNI DEI CITTADINI.

Ovvero, nel linguaggio politico, la Democrazia nasce per tutelare per tutelare gli interessi dei Cittadini. Ne consegue che seguendo qualsiasi altro interesse, o bisogno (enti privati o pubblici), si annullano i fondamenti della Democrazia poiché si pone un altro interesse (bisogno) sopra quello Sovrano (superiore a tutti) dei Cittadini.

In una reale Democrazia

gli Enti pubblici possono quindi esistere unicamente per interpretare e soddisfare i bisogni dei Cittadini

(che sono i reali, ed unici, “bisogni della Società” – altrimenti non si tratterebbe di un regime “dei Cittadini” – demos – ma di un regime nato per altri interessi: si tratterebbe di una oligarchia).

Inoltre, in una Democrazia

qualsiasi valore in sé si attribuisca ad un Ente pubblico, implica una sottrazione del Potere decisionale ai Cittadini(della Sovranità del Cittadino).

Come si vede in altro punto, il funzionamento della Democrazia è strettamente legato al Principio fondamentale della Sovranità dei Cittadini: venendo a cadere questo Principio (tale Potere non può essere condiviso, poiché in questo caso non si può più parlare di Sovranità) non si ha più una Democrazia.

Ovvero, in generale, se in una Democrazia si finisce per supportare altri interessi che non riguardano direttamente quelli dei Cittadini (ad esempio riconoscendo a un Ente istituzionale un valore di per sè finanziandolo al di fuori delle loro spese effettive per lo svolgimento di uno specifico lavoro), in tal modo, alterando la dimensione nella quale deve operare una Istituzione di tipo democratico, si altera il fondamento stesso della Democrazia.

Vediamo più nello specifico.

Ogni Istituzione in Democrazia, ha appunto il ruolo di agente: (di struttura professionale di prestazioni di servizi per il Cittadino), e quindi a questo ruolo si deve attenere.

Ad esempio nel caso del Consulente, o dell’Architetto, non accade certo che questi si faccia acquistare l’auto (o l’ufficio, o gli strumenti di lavoro) dal cliente per il quale esso: svolge un lavoro. Accade invece che il cliente si faccia pagare abbastanza da potersi pagare, nel giro di qualche anno, un’auto nuova.

Questo accade perché il consulente è appunto, al servizio del Cliente:è semplicemente tenuto a fornire prestazioni in suo favore (e quindi ricevere un pagamento in ragione dei risultati ottenuti).

Nel caso delle Istituzioni social-democratiche si ragiona invece in modo opposto: si prendono soldi al “Cliente” per costruire le sedi delle Istituzioni (completamente attrezzate), e si assume personale “di segreteria” (non direttamente operativo negli interventi svolti a favore dei Cittadini).

In altre parole nel caso delle Istituzioni social-democratiche è come se il Consulente citato in precedenza addebitasse al cliente una lista spese che riguardano di voci che non riguardano affatto il lavoro effettuato (queste spese che la Pubblica amministrazione inserisce derivano quindi da scelte soggettive, non affatto indispensabili – ossia il lavoro può essere svolto anche senza quei costi aggiuntivi).

Questa è la tipologia di spese sostenute da uno Stato social-democratico, in una fase evoluta come quella delle attuali Democrazie europee, che porta tali Democrazie al fallimento.

Ovviamente questo atteggiamento delle Istituzioni democratiche funziona unicamente perché il cliente (il Cittadino), in questo caso è costretto a pagare (si tratta delle Tasse, che sono appunto definite imposte).

Mentre in ambito privato il gioco non funzionerebbe: il Cliente non pagherebbe la parcella così impostata.

La conseguenza di questo modo di concepire le spese nella Social-democrazia è che in tal modo si lascia spazio agli interessi degli amministratori che, sostanzialmente, potendo costringere i Cittadini a “finanziare” praticamente qualsiasi tipo di spesa (senza che questi ultimi possano né effettuare controlli, né, tantomeno, opporsi), possono quindi vivere letteralmente alle spalle dei Cittadini, come i prestatori di servizi privati poco onesti (e possono, in questo modo, “mantenere” quella parte del mercato ad essi contigua).

Il problema quindi non è unicamente di genere morale.

Più nello specifico infatti, questa “licenza” che la Pubblica amministrazione si prende nei confronti dei Cittadini (e della Costituzione) è all’origine di un circolo vizioso che porta gli amministratori social-democratici a prestare sempre maggior attenzione ad interessi diversi rispetto a quelli dei Cittadini (ciò non avviene necessariamente per una loro cattiva coscienza: essi devono agire in tal modo per far sopravvivere il loro Partito).

La conseguenza di ciò è, appunto, che le Istituzioni preposte alla gestione di servizi ed opere pubbliche crescono a dismisura, e così le spese dello Stato (ed ovviamente le Tasse per i Cittadini, che sono i finanziatori di tutto ciò). Ed inoltre, come si vedrà in seguito, a causa della della perdita di vista dell’obiettivo della soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, si ottengono risultati effettivi sempre più scarsi (lavori pubblici sempre meno utili, e sempre meno efficaci).

Quindi, più nello specifico, tale problema è dovuto ai seguenti fattori:

1) il fatto che per gestire le Istituzioni della Social-democrazia (alle quali viene erroneamente, dal punto di vista democratico, attribuito un valore in sé) qualcuno (la Classe politica, ed i livelli di burocrati che da essi dipendono) necessariamente assume in sé una parte del potere (della Sovranità) che in Democrazia (per quanto è indicato dalla Costituzione) deve invece rimanere nelle mani del Cittadino.

E, come vediamo in un altro punto, l’assumersi da parte di qualcuno di anche solo una parte del Potere, in Democrazia conduce ad un circolo vizioso degenerativo per cui questo nuovo potere si auto-accresce.

2) una conseguenza di ciò è che si comincia a sottrarre una parte del flusso di denaro proveniente dai Cittadini (dalle Tasse) destinato a pagare opere e servizi, per gestire tali Istituzioni (strutture che, appunto, ad una attenda analisi dei vari modelli di Società fin qui utilizzati dall’uomo, risulta non essere affatto necessarie).

Il problema più grave è che anche in questo caso si induce un circolo vizioso nel sistema di government della Società: si cominciano a sviluppare “spese pazze”.

Ovvero accade che poiché la Classe politica e funzionari amministrativi si rendono conto che è possibile effettuare spese pubbliche in modo incontrollato (spese non sottoposte a reale verifica da parte di Istituzioni che si occupino veramente di tutelare gli interessi dei Cittadini) essi sono portati ad “allargarsi” nelle spese (sostanzialmente questa è la causa dell’attuale fallimento delle Social-democrazia europee).

Fondamentalmente gli interessi che la Classe politica soddisfa tramite la gestione di queste istituzioni sono: dando lavoro a nuove persone si creano nuovi serbatoi di consenso elettorale; aumentando la burocrazia (inventando nuovi passaggi burocratici) si aumenta il potere nei confronti dei Cittadini; si attribuiscono lavori in cambio di “favori”, ed in questo modo si finanziano i Partiti (in Italia funziona in questo modo funziona egregiamente il “sistema delle Cooperative”).

i Cittadini come gli unici possibili percettori dei loro bisogni

E’ poi necessaria un’altra considerazione: con questa impostazione “statalista” delle Istituzioni Social-democratiche (della cosiddetta Pubblica Amministrazione) esse non solo tendono a crescere in misura non proporzionale agli effettivi servizi che esse forniscono. Ma esse presentano un altro difetto intrinseco (non aggirabile in nessun modo): le Istituzioni social-democratiche, gestite “dall’alto”, a causa delle loro caratteristiche intrinseche, falliscono immancabilmente il loro compito di interpretare i bisogni dei Cittadini per servirli in un modo efficace.

Ciò avviene per il fatto che, a causa della concezione di tali Istituzioni, gli amministratori che operano in esse, i quali dovrebbero essere in grado di percepire i bisogni delle persone, vivono in realtà in modo separato dalla vita quotidiana dei cittadini, e quindi dai problemi che dovrebbero individuare e risolvere.

Si noti invece che nella Società tradizionale, che era invece in grado di soddisfare i bisogni degli abitanti, l’erogazione dei “servizi” viene fatta allo stesso livello dei Cittadini i cui bisogni devono essere soddisfatti: l’unico livello nel quale è effettivamente possibile avere una chiara percezione di tali problemi.

A questo proposito è opportuno analizzare la complessità dei bisogni dei Cittadini (vedi analisi più accurata in altro punto).

1) solo i Cittadini stessi sanno, in tempo reale, .quali sono i loro bisogni.

2) solo i Cittadini sono in grado di conoscere le sfumature di tali bisogni: e, sopratutto, questi bisogni variano da una realtà territoriale locale ad un altra spesso in gran misura (anche all’interno di una città, tra un quartiere ed un altro).

3) inoltre il percorso di soluzione di un problema è un percorso dinamico molto complesso e delicato: essendo un sistema sociale un insieme estremamente complesso (composto di fattori psicologici interconnessi con fattori materiali) al primo intervento di correzione si deve sempre rimettere (immediatamente) a punto la strategia in base ai risultati che si stanno ottenendo.

Ovvero non solo i Cittadini stessi possono individuare con efficacia i loro reali bisogni, ma solo essi possono sviluppare un processo di soddisfazione dei loro bisogni efficace.

2) I REALI BISOGNI DEI CITTADINI RIGUARDANO SOLO L’AMBITO TERRITORIALE NEL QUALE ESSI VIVONO

Questo è un punto fondamentale per comprendere come la società tradizionale dell’uomo possa aver funzionato meglio, in fatto di opere pubbliche e di servizi sociali, della attuale Social-demcorazia: la soddisfazione dei bisogni dei Cittadini avviene unicamente nell’ambito territoriale nel quale tali Cittadini vivono.

Non esiste fisicamente, una dimensione sovra-locale di bisogni

(con l’eccezione dei bisogni dei Cittadini quando si recano fuori dalla loro area territoriale – cosa che vediamo nei prossimi paragrafi).

Il fatto è che la maggior parte delle attuali necessità a livello nazionale sono oggi sostanzialmente “inventate” (ad una attenta verifica esse non assolutamente necessarie – nascono cioè per soddisfare gli interessi della Classe politica, e di quella parte di Mercato ad essa legata).

Si tenga conto che, ad esempio, i primi Cittadini americani (i Coloni) riuscivano a soddisfare tutti i loro bisogni a livello locale in modo molto efficace. E non sapevano nemmeno dell’esistenza di uno Stato nazionale: essi non vedevano mai la presenza dello Stato semplicemente perchè esso non entrava nelle faccende a livello locale. I Coloni americani nella loro vita vedevano solo gli organismi composti da essi stessi (o le persone da essi pagate per ricoprire funzioni specifiche alle loro dirette dipendenze, come lo Sceriffo).

Come vedremo, appunto, a quel tempo tutto funzionava in modo efficace senza sovra-strutture istituzioni create ad un livello superiore a quello locale (per lavori pubblici, sevizi, Welfare, ecc….).

Per comprendere meglio come nella tradizione le cosa potessero funzionare egregiamente senza la presenza di uno Stato, di una Pubblica Amministrazione (e di come possano funzionare ancor oggi in alcune parti degli Stati uniti e della Svizzera), dobbiamo valutare che vi sono due livelli nei quali si possono definire interventi di opere pubbliche o servizi:

1) livello locale (le questioni che affrontavano con efficienza, appunto, gli abitanti delle comunità tradizionali)

2) livello sovra-locale: una dimensione nella quale, appunto, la grande maggioranza degli interventi non sono assolutamente necessari (nell’ottica di una reale soddisfazione dei bisogni delle persone).

(1) il LIVELLO LOCALE dei bisogni dli Cittadini

La comunità sociale un tempo era dimensionata (territorialmente parlando) in modo sostenibile: con una dimensione di 3-5 Km di diametro, ossia il territorio nel quale si può andare a piedi alla piazza principale (alla Parrocchia, alla scuola, ecc ….).

Questa, come si vede in altro punto, era la dimensione territoriale nella quale tutti si possono conoscere (più o meno) direttamente, nella quale tutti possono andare più volte al “Villaggio” principale a piedi.

I corrispettivo ci ciò in Città è il vicinato (o il piccolo quartiere, il borgo, nel quale più o meno tutti si conoscono, almeno di vista; e conoscono la vita dell’altro, almeno per “sentito dire”). Nell’urbanistica del ‘900 (ed è così ancora oggi) il territorio del quartiere era appunto definito in base a tali criteri: era dimensionato come “parrocchia”, che è anche l’area nella quale i genitori, e i nonni, possono portare scuola a piedi i bambini.

Nel piccolo paese di provincia i problemi locali per quanto riguarda opere pubbliche e “servizi”, sono sempre stati quelli di oggi: problemi di tipo materiale, “ingegneristico” (strade, ponti, ecc…); problemi fisici delle persone (cure mediche e medicine); problemi psicologico/spirituali; ecc … ;

Ed i problemi “ingegneristico”, fisici e psico-spirituali, nella società di tipo tradizionale, sono sempre stati risolti in modo efficace dalle comunità stesse.

Ricordiamo che oggi si potrebbe fare enormemente meglio con le nuove tecnologie disponibili.

Si parla di tecnologie sostenibili, e non di super-tecnologie dai costi altissimi: ad esempio un trattore economico – che può costare un piccola parte di un trattore attuale, anche come consumi e manutenzione – ma robusto, di facile manutenzione, con la possibilità di utilizzare carburanti di diversa natura, ecc .. si è in grado di svolgere un lavoro utile paragonabile a quello di un super-trattore attuale.

Si noti che oggi vi è il nuovo trend dei Makers, che producono progetti “open source” (creati da team di specialisti di alto livello che operano su Internet) facilmente realizzabili da hobbisti evoluti, che rappresentano valide alternative agli attuali prodotti di mercato (in tale modalità si sono costruiti, ad esempio, tutti i macchinari necessari ad una fattoria, trattore ed escavatore compresi).

Nelle Democrazie basate sull’autogestione da parte dei Cittadini (sono gli unici regimi che possono essere chiamati con tale nome), come USA e Svizzera, le cose sono sempre funzionate molto bene: con il contributo dei Cittadini (prestazioni d’opera, collette, ecc…) si sono costruiti scuole, ospedali, edifici pubblici, canali di irrigazione, ecc …

Ricordiamo a questo proposito che la Democrazia si basa sulla Libertà dell’individuo: che è in realtà, in primo luogo, responsabilità di ogni singolo individuo rispetto alla società. Questa era la qualità che caratterizzava la Società tradizionale (quella ad esempio dei primi abitanti degli Stati Uniti).

Grazie a questa qualità peculiare della società tradizionale di ordine naturale, in essa vi era una sorta di Welfare naturale per cui le persone godevano di una effettiva qualità della vita molto migliore di quella attuale: nella società tradizionale vi erano cioè tutti i “servizi” e le opere pubbliche necessarie.

Ovviamente con lo sviluppo del progresso registrato nell’ultimo secolo oggi sarebbe possibile avere servizi molto migliori di quelli realizzati nel ‘800 negli Stati Uniti.

Si pensi, ad esempio, un Centro traumatologico, che potrebbe somministrare cure un tempo impensabili. Si potrebbero fare piccoli ospedali di questo tipo a livello locale, tenendo conto che oggi vi sono attrezzature “sostenibili” (come quelle utilizzate dalla “clinica mobile” che assiste i piloti del motociclismo) di basso costo (costi che possono ancora essere abbassati dalla nuova generazione di Makers: le apparecchiature elettroniche prodotte in questa modalità hanno costi irrisori).

L’idea che sia necessario uno Stato per le opere pubbliche ed i servizi sociali è quindi un mito creato dalla Social-democrazia (per indurre i Cittadini a pensare di doversi affidare allo Stato).

Ricordiamo che la Social-democrazia funziona solo se, come vuole il dogma Socialista, i Cittadini cedono parte del loro potere decisionale nelle mani di una Autorità centrale. La Social-democrazia ha quindi bisogno che le persone si “affidino ad essa”.

( altri esempi di funzionamento della comunità tradizionale )

In estrema sintesi, si accenna ad alcuni argomenti sviluppati in altri punti.

Come si è detto in passato esistevano comunità che erano in grado di auto-gestirsi, a livello locale, per tutti i loro bisogni (ed esistono ancora oggi: sono comunità che riunendosi attorno a Valori molto forti, sono riuscite a mantenere gran parte della Cultura e delle modalità organizzative tradizionali).

Ossia

le comunità tradizionali erano (e sono ancora oggi, in alcuni casi) in grado di mantenere salute, ricchezza (abbondanza di risorse) e qualità della vita ad un livello superiore a quello garantito dalla attuale Social-demcorazia.

Si rifletta sul caso della Scuola: negli sperduti villaggi del West americano (ma anche nei villaggi rurali in Italia durante la Seconda guerra mondiale) i Cittadini facevano una colletta per pagare una insegnante che, unitamente agli insegnamenti “tradizionali” che avvenivano attraverso di testi come la Bibbia, avevano un valore educativo non inferiore a quello che si ha oggi nelle scuole statali con gli Insegnati “di Stato” (a mio avviso il valore di tale insegnamento tradizionale era infinitamente superiore rispetto a quella attuale: ma si tratta di considerazioni soggettive).

Si noti che tale modello tradizionale di insegnamento è realmente democratico (si rispettano pienamente in questo caso i Principi fondamentali della Sovranità del Cittadino e della Patria potestà). Mentre il modello di insegnamento Social-democratico, dell’Educazione di Stato, è in contraddizione con entrambi i Principi (Costituzionali).

Oggi lo Stato ha il monopolio dell’insegnamento, e rende praticamente impossibile ad i Cittadini organizzarsi in modo alternativo per educare i figli. I genitori potrebbero (come si fa in certi casi sperimentali all’estero) organizzarsi per radunare alcune persone di loro gradimento che possano istruire in modo opportuno i loro figli.

Si tenga conto che nella nuova società post-crisi, vi è molto più tempo libero per professionisti di vario genere (anche per i professori), che potrebbero impartire lezioni per gratificazione professionale (oggi vi è un rifiorire di attività di volontariato).

La pretesa dello Stato che gli insegnanti siano in qualche modo “certificati” (laureati), è inammissibile in una reale Democrazia: un padre dovrebbe poter, ad esempio, affidare alcune lezioni per i figli ad un pensionato che esso ritiene essere molto saggio e competente su alcuni argomenti, ma che magari nella vita ha fatto solo lavori da dipendente, o il contadino.

Per le scuole a livello locale (diciamo, elementari e medie) nella società tradizionale non si sentiva affatto la necessità di una Scuola di Stato (ma anche per le università il problema non esisteva; e non esiste tutt’ora).

Le migliori università sono infatti ancora oggi quelle private. E in molti casi, come negli USA, funziona bene il sistema di prestiti per gli studenti (prestiti d’onore), che possono restituire, con il loro lavoro, una volta che hanno conseguito la laurea.

E per quanto riguarda il Welfare, nella società tradizionale la qualità delle interrelazioni personali, le forme di cooperazione e di solidarietà che si sviluppavano in modo spontaneo, non solo erano in grado di garantire “benessere per tutti”, ma anche di fare in modo che non “lasciasse indietro nessuno”, come accade invece nel Welfare social-demcoratico.

(2) il livello sovra-locale di opere e servizi dello Stato

Per comprendere come nella società tradizionale (il territorio sul quale vivevano i cittadini, che può essere considerato della dimensione di un piccolo paese rurale: al massimo 3-6 Km dì diametro), pur essendovi in essa un interesse prettamente locale per quanto riguarda opere pubbliche e “servizi”, si potessero effettuare opere pubbliche anche a livello “sovra-locale”, è necessario prendere in considerazione come veniva considerato nella tradizione questo utleriore livello.

Vi era cioè, nelle comunità tradizionali, due differenti concezioni del territorio che si trovava fuori dal territorio della comunità sociale del Villaggio.

(a) Il livello sovra-locale dell’”area estesa” della comunità: quella parte di territorio che comprendeva le comunità confinanti con le quali le persone dovevano in un modo o nell’altro avere a che fare: il caso più importante è quello delle piccole cittadine nelle quali si trovava il mercato principale, nel quale si trovavano prodotti non disponibili all’interno della comunità come stufe, bestiame; ed altri servizi come quello del dentista (questi centri erano in genere a non più di 10-15 KM dalla comunità, una distanza che le persone di un tempo coprivano volentieri per fare una “passeggiata” alla Domenica).

Possiamo definire questo territorio come una micro-provincia.

Anche in questa dimensione sovra-locale di area locale nella società tradizionale i servizi e le opere pubbliche funzionavano egregiamente senza che vi fosse la necessità di ricorrere all’opera di Istituzioni situate ad un livello superiore a quello dell’intervento diretto dei Cittadini.

Ciò era possibile perché tra le comunità prettamente locali (Villaggi che negli ultimi secoli corrispondevano alle Parrocchie) vi erano importanti sinergie: si stipulavano accordi grazie ai quali si creavano opere pubbliche di interesse comune come strade, ponti, ecc

Due erano i fattori principali che portavano alla creazione di tali forme di interrelazione: quello delle relazioni personali (le persone conoscevano tali altre comunità poiché le attraversavano coprendo il percorso per andare al paese del mercato principale). E vi era la necessità di migliorare tale percorso: ad esempio di migliorare la strada “inter-villaggi”, creando un ponte al posto di un guado (che costringeva le persone a bagnarsi scarpe e pantaloni).

Con l’avvento della Chiesa anche quest’ultima aveva un interesse a curare le strade di quelle che per essa erano le Diocesi (che corrispondevano spesso, appunto, a queste comunità estese – micro-provincie). Come si vede in un altro punto, per molti secoli la Chiesa si è occupata, a prorpie spese, di manutenere le strade inter-locali.

Nella società tradizionale vi era probabilmente un interesse sovra-locale superiore a questo delle micro-provincie (di diametro di una trentina di chilometri): gli abitanti della comunità locale avevano infatti bisogno di vie di comunicazione con altri luoghi distanti (vedi, ad esempio, la Via del sale, che serviva ad approvvigionare le località lontane dalla costa di sale).

Ma questo bisogno veniva comunque soddisfatto in modo spontaneo dalle modalità di organizzazione della Società tradizionale a livello locale. Ossia veniva soddisfatto, come si è detto, spontaneamente dagli interessi diretti (locali) di ogni singola comunità che si trovava sui percorsi in questione. Inoltre questo bisogno veniva soddisfatto anche da altre persone ed enti che avevano un interesse specifico ad avere delle strade in ordine per percorsi di lungo raggio, come la Chiesa o i commercianti, i quali dovevano andare di mercato in mercato per vendere la loro merce (ricordiamo che un tempo ci si portava sempre con sé in viaggio la zappa per poter sistemare e migliorare le strade).

Come vedremo qualsiasi interesse che non corrisponda a quelli individuati ai livelli sin qui illustrati (locale e “locale esteso”), non corrisponde mai ad un reale bisogni dei Cittadini (ovvero un interesse locale non può essere considerato un interesse da prendere in considerazione in un sistema realmente democratico).

(b) il livello nazionale – al di sopra del livello precedente, che riguardava comunque un ambito che in qualche modo formava una “comunità sociale estesa” (rispetto a quella locale del villaggio), vi è un ambito, quello cosiddetto “nazionale”, che di fatto, per quanto riguarda la soddisfazione dei bisogni delle persone – ossia per quanto riguarda le ragioni per cui esiste una comunità sociale – è un ambito astratto, inventato dall’Ideologia social-democratica.

Quello dell’”interesse nazionale”, nella Storia dell’uomo, è stato preso in considerazione solo da Despoti (Monarchi, Tiranni, ecc …). Ovvero è un ambito che, appunto, ha sempre riguardato il soddisfacimento di bisogni (interessi) che sono ad un livello “superiore” rispetto a quelli dei Cittadini.

il livello sovra-locale di interesse pubblico come invenzione di un potere autoritario

Ovvero

mentre a livello locale si trovano i reali bisogni (interessi) dei Cittadini, a livello nazionale si trovano solo interessiche non riguardano i Cittadini.

Questo ambito sovra-locale non è infatti proprio della Democrazia.

Nella Democrazia originaria, quella ateniese, non si pensava affatto vi potesse essere una gestione democratica di un territorio al di fuori di quello locale. E così è stato nelle due applicazioni più recenti del modello originario, le Democrazie Svizzere ed USA, nelle quali si è infatti deciso di non avere forme di government interno superiori a quelle locali (in questi casi le strutture governative sovra-locali tipiche dallo statalismo della Democrazia europea sono poi nate, appunto, più tardi, per soddisfare interessi sovra-locali – di Politici e operatori di mercato ad essi legati).

La questione è, cioè, che

gli interessi sovra-locali (interessi nazionali) corrispondonoagli interessi di gruppi di persone che ricoprono posizioni di potere (illegittime rispetto alle Costituzioni democratiche)che si sovrappongono al potere dei Cittadini(l’unico potere riconosciuto dalle Costituzioni).

Un fatto significativo è che gli interessi sovra-locali creano da sempre nella civiltà due fenomeni tra essi collegati: la creazione di “Grandi opere” (in quanto opere di “interesse nazionale”) e il cosiddetto “Imperialismo” (come strategia per finanziare le Opere pubbliche).

A questi due fenomeni è strettamente collegata una serie di fenomeni accessori come la schiavitù (l’assoggettamento servile di popolazioni), la corruzione (una evoluzione della cura degli interessi privati dei governanti con le modalità di diffusione della spartizione del bottino in favore di persone vicine ai Governanti).

La schiavitù oggi è più che mai esistente. Sebbene si tratti di una “schiavitù indiretta”, con la formula che è più o meno “non devi lavorare direttamente per me per costruire una ‘grande opera pubblica”: sei ‘ibero”’ di fare il lavoro che vuoi, ma mi devi dare più della metà di quanto guadagni (del tuoi lavoro), ed io posso così far lavorare al tuo posto , con i tuoi soldi, altre persone”.

Ossia oggi non si costringono più le persone a lavorare per i Tiranni (oggi sostituiti da oligarchi che vengono definiti come Classe politica), ma si crea una sottile forma di schiavitù attraverso il sistema delle Tasse (il quale, difatti costringe i Cittadini della Social-democrazia alla cosiddetta “schiavitù del lavoro”: per più di sei mesi all’anno, contando anche l’IVA che si paga nei negozi, le persone sono costrette a lavorare per lo Stato, ossia lasciando ogni centesimo di quanto guadagnano in quel periodo allo Stato).

Già nella antica Democrazia ateniese l’interesse sovra-locale (del territorio esterno alla città di Atene) era preso unicamente in considerazione da persone che avevano mansioni governative slegate dalle questioni riguardanti i Cittadini (e la Città) di Atene: le alte gerarchie dell’esercito.

L’interesse di questi ultimi rispetto al territorio sovra-locale di Atene era quello che si ha per una terra di conquista: il che significa, sostanzialmente, un interesse per il bottino che da tale “attenzione” poteva confluire ad Atene (questo era l’interesse verso i territori esterni a quello della Capitale negli Imperi).

Questo bottino serviva appunto per poter costruire le “opere pubbliche” (come l’Acropoli in Atene, o le sontuose opere costruite dagli Imperatori nella antica Roma). Ma sostanzialmente le opere pubbliche erano un pretesto per la soddisfazione degli interessi personali dei “governanti”: in tal modo essi potevano soddisfare il loro ego (per passare alla Storia per aver realizzato tali opere); e per poter disporre di ricchezze che potessero, nell’immediato, migliorare la qualità della loro vita.

Questa concezione dell’interesse nazionale e delle “grandi opere” è rimasta immutata nei secoli, ed ereditata dalla Social-democrazia.

la Social-democrazia europea nasce sul modello degli antichi imperi(i casi Europeo ed Italiano)

Si deve considerare che effettivamente la Social-demcocazia moderna (Europea) nasce come un Impero: nella fase iniziale, in una dimensione quasi unicamente ideologica, con la Rivoluzione francese la quale elimina fisicamente centinaia di migliaia di persone che non volevano aderire all’Ideologia.

E quindi, nella fase più “evoluta”, con Napoleone che riprende gli ideali della Rivoluzione e che quindi conquista e sottomette le altre Nazioni europee per farsi incoronare Imperatore del nuovo territorio così formato (nell’Idea di far rivivere, appunto, l’Impero romano).

L’Europa social-democratica nasce cioè dall’alto, come conquista di un Tiranno (in questo caso un Imperatore) che pone sotto di sè tutte le nazioni dell’area.

Oggi si considerano confederazione degli Stati uniti e la Confederazione europea come due forme di government simili: ma in realtà si tratta di forme politiche dalle qualità opposte.

Mentre la Democrazia europea nasce quindi con radici che contraddicono il modello di Democrazia originario (il quale è finalizzato appunto a proteggere la libertà dei Cittadini di decidere per se stessi), gli Stati Uniti nascono rifacendosi invece al modello originario di Democrazia.

Gli Stati Uniti, come la Democrazia originaria, sono infatti creati direttamente dai Cittadini (lo Stato della Rivoluzione francese, ricordiamo, nasce invece da un colpo di Stato che elimina il Popolo rivoluzionario dalle posizioni di Potere). I cittadini americani, creando la nuova Democrazia, decidono di rendersi indipendenti da un “Potere superiore” che era al tempo rappresentato dal Governo inglese. Mentre, al contrario, la Democrazia europea nasce dall’alto, come conquista di Popoli da parte di un potere Autoritario centrale (come forma di imperialismo).

Per quanto riguarda l’Italia, essa nasce utilizzando lo stesso modello napoleonico di Impero (qui più modestamente definito come “Unità nazionale”): ossia l’Italia nasce con la conquista di regioni della penisola fino ad allora non sottomesse al Re tramite invasione armata, saccheggi e stragi della stessa natura di quelle effettuate dalla Rivoluzione francese e da Napoleone (si tratta di stragi di civili che nemmeno i Nazisti hanno saputo concepire).

Un esempio tra i tanti: un Generale dell’Esercito Piemontese, grazie ad una Legge del Parlamento italiano, diede ordine di uccidere centinaia di Civili che non accettavano la dominazione, e di radere al suolo paesi.

Gramsci scriverà, a questo proposito “Lo stato italiano si è caratterizzato come una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”8

Per capire di che tipo fu la “liberazione” dei Popoli, per fare l’Unità d’Italia, bisogna leggere l’osservazione di Nino Bixio, generale di Garibaldi, quando parla degli abitanti del Sud: “”Che paesi! Si potrebbero chiamare dei veri porcili! Questo insomma è un paese che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Africa a farli civili”. (Bixio aveva ucciso personalmente civili perché si rifiutavano di omaggiare i nuovi conquistatori).

Nelle varie stragi vennero violentate anche le ragazzine, ma tutto ciò è rimosso nella Cultura di Stato. Significativo il fatto che la cultura social-democratica che ha fatto dell’Unità d’Italia un momento eroico, abbia cancellato anche il fatto che i Garibaldini abbiano effettuato stragi del Popolo siciliano che si ribellava alla borghesia capitalista (a Bronte, dove i latifondisti erano gli Inglesi, che avevano finanziato la spedizione di Garibaldi).

Il Nuovo modello di “Impero” italiano si ispira al modello della Rivoluzione francese sotto l’aspetto Ideologico: il “liberalismo socialista” con il quale si impone ad intere popolazioni una forma di “libertà” che essi non desiderano affatto (e se la rifiutano, appunto, sono considerati essere come banditi, cosa che ancora oggi viene insegnato nelle nostre Scuole, e quindi sterminati; mentre dal punto di vista rigorosamente storico tali persone dovrebbero essere equiparati ai Partigiani della Seconda Guerra Mondiale).

Ed in nome di tale dogma il Piemonte (come la Francia di Napoleone) comincia ad incamerare il bottino che arriva delle regioni conquistate. Anche allora gran parte delle ricchezze confiscate, come accade oggi per le tasse, finì nelle tasche di quella parte del Mercato vicina al Governo (a quel tempo si trattava dei latifondisti).

Si noti come l’applicazione del dogma Socialista (della Rivoluzione francese) sia in sé contraddittoria: con la confisca dei beni della Chiesa si è fatto un grave torto al Popolo, e si è creata nuova schiavitù e povertà. Gran parte dei terreni della Chiesa (ottenuti per libera donazione da parte di cittadini) erano infatti dati in affitto, a prezzi estremamente bassi, a contadini: con la confisca dei beni della Chiesa tali beni sono passati nelle mani dei latifondisti.

Come per la Rivoluzione francese, per l’”Unità d’Italia” si trattò solo di un cambio di etichetta per la Monarchia: in questo caso aggiunse una parte ideologica alla tradizionale formula che legittimava il Potere del Re con la Volontà divina: “per la Grazia di Dio e per Volontà della Nazione” (una volontà, ovviamente, “ideale”, che nella realtà dei fatti non esisteva affatto).

A ben vedere il successivo passaggio alla Democrazia italiana no. è altro che un altro cambio di facciata. La Classe politica si è sostituita al Re, ma le cose in essenza sono rimaste le stesse: vi sono delle persone che “governano” dall’alto i Cittadini.

l’”interesse della Nazione” come interesse dei gruppi di potere

La Social-democrazia europea nasce quindi, con qualità opposte rispetto a quelle della Democrazia: non come sistema di governo da parte di un Popolo, ma come “conquista” (sottomissione) di popoli fino ad allora autonomi da una autorità centrale.

Il nuovo potere si basa non più sulle “forze armate”, ma sulla burocrazia che permette al nuovo Stato centrale di accumulare un ingente bottino sotto forma di Tasse.

E, come nei secoli scorsi, questo bottino oltre a creare una nuova ricchezza dello Stato centrale, crea una significativa ricchezza degli operatori del mercato contigui ai Governanti.

Ossia si ri-distribuiscono i denari, presi alla popolazione, a gruppi di potere locali per poterli avere come alleati (in Italia nasce, tra le altre cose, il problema del “Mezzogiorno”; ossia dei flussi di denaro “a fondo perduto” dati alle amministrazioni del Sud).

Gli esempi citati mettono in luce come l’”interesse pubblico” a livello sovra-locale (l’”interesse della Nazione”) sia sempre stato un pretesto per soddisfare interessi decisamente differenti dagli interessi (bisogni) dei Cittadini.

La differenza è che in passato il bottino per finanziare opere a livello di “interesse nazionale” era procacciato all’esterno del “regno” (confisca dei beni come bottino di guerra e come continue confische agli occupati). Mentre oggi tale bottino viene procurato all’interno della Nazione, con le Tasse (che sono definite, appunto, imposte, per sottolinearne il carattere di imposizione: una forma di confisca).

Ma gran parte delle caratteristiche dell’Impero rimangono nella Social-demcorazia: ancora oggi, nella Democrazia europea si assiste a quello sviluppo, tipico delle tirannie, di fenomeni deleteri per la qualità della vita delle persone e per il Regime stesso: schiavitù (assoggettamento dei Cittadini con perdita dei loro diritti fondamentali), corruzione, crescente inefficienza e lotte all’interno della cerchia di governo per accrescere il proprio potere personale, ecc … Fenomeni degenerativi che hanno, appunto, da sempre caratterizzato tirannie come quella romana, napoleonica, staliniana, ecc .. (fenomeni che portano puntualmente tali regimi al declino, all’ implosione).

Nella attuale evoluzione Social-democratica si è invece reintrodotta la “collaborazione” servile delle popolazioni esterne alla Nazione, con l’immigrazione “clandestina” praticata dallo Stato.

Il livello Nazionale di bisogni da soddisfare è quindi una invenzione della Social-democrazia (invenzione della Classe politica per soddisfare suoi stessi bisogni: per servire interessi ideologici, finanziari e politici – in quanto consenso elettorali). Ovvero il livello di interessi che risiede sopra a quelli direttamente percepiti dai Cittadini è un ambito di interesse che non può trovare posto in un sistema come la Democrazia il cui scopo è di soddisfare le esigenze (reali) dei Cittadini

Questa inesistenza delle questioni di interesse nazionale prodotte dalla Ideologia politica Social-democratica può non essere chiara agli Europei, i quali vedono le cose con il filtro della “Cultura di Stato” in cui sono immersi fino dai primi anni di scuola (si tenga conto che le prime generazioni di Italiani erano state formate dalla Scuola di Mussolini, Socialista radicale).

Ma è invece una cosa molto chiara per molti Americani, i quali ancora dispongono della Cultura dei loro Padri fondatori, i quali sapevano benissimo come le comunità locali potessero soddisfare al meglio i bisogni delle persone; e che l’intervento di uno “Stato nazionale” sarebbe corrisposto ad un intervento “arbitrario” di un gruppo di persone che avrebbe portato i Governanti alla dimensione di corruzione e fallimenti che hanno caratterizzato i secoli successivi di interventi statalisti; ed avrebbero fatto scendere la qualità delle infrastrutture e della vita sociale della comunità.

Le qualità negative dello Stato le conoscevano bene anche i compaesani di Robin Hood, ai quali le giustificazioni delle spese per la gestione dello “stato”, e per costruire “opere pubbliche” (nel castello), apparivano pretestuose quando si vedevano confiscare parte dei proventi del loro lavoro dagli inviati del governatore.

Un esempio significativo della questione degli Interessi nazionali (dei pretesi bisogni a livello nazionale), a noi vicino, è quello del Ponte di Messina.

Il Ponte può anche avere una sua effettiva utilità, perché può permettere il trasporto di persone e merci in modo più rapido da e verso la Sicilia. Questo interesse però non è affatto nazionale, ma è locale: dei Siciliani: un abitante del Nord può anche andare in Sicilia in vacanza, ma con il ponte guadagna una manciata di minuti di viaggio (magari anche un’ora, su 15 ore di viaggio)

Si deve però tener conto che, di contro, per il Ponte dovrebbero pagare tutti gli Italiani: non solo per la costruzione, ma anche per gli anni a seguire, poiché sarebbe sicuramente sempre “in passivo”, come tutte le opere prodotte in Social-demcorazia (create con l’ottica della ri-distribuzione delle ricchezze).

Il Ponte potrebbe essere realizzato, in modo economico (per i Cittadini, che non spenderebbero nulla se non per i biglietti di transito, dai prezzi identici a quelli del Ponte “statale”) con le modalità con le quali è stata realizzata un’altra opera gigantesca di grande successo, il Canale di Suez: con capitali privati.

Ciò che va considerato è che, in realtà, Opere come il Ponte di Messina sono, di per sé, una giustificazione per distribuire denaro a Classe politica ed aziende ad essa contigue a prescindere all’opera in sé: sino ad oggi, avendo individuato solo criticità nelle ipotesi progettuali, si sono già spesi 1,2 miliardi di Euro!.

Si tenga conto che vi sono già le esperienze delle “opere faraoniche” del recente passato: gli enormi passivi e le difficoltà di gestione hanno portato il Presidente dell’Eurotunnel “Se l’avessimo saputo, non l’avremmo costruito”. Ma in Italia è sufficiente guardare al caso dell’ultima autostrada aperta, la nuova Brescia-Milano, snobbata dagli automobilisti.

Tornando alla questione delle opere di interesse nazionale,

in una Democrazia i Lavori pubblici (realmente utili) sono per definizione quelli che generano opere che soddisfano bisogni reali delle persone.

Ciò è intrinseco alla definizione di Democrazia, la quale non è altro che un sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone; e le persone sviluppano bisogni laddove vivono, ossia a “livello locale” (escludendo i nomadi).

In ogni caso ciò vale in una società come quella europea, nella quale la grande maggioranza delle persone ha una residenza locale effettiva. Ossia vale per le persone che per gran parte dell’anno vivono all’interno della comunità. O comunque in due o tre località; ad esempio nel caso in cui uno viva in città, ma si sposti in inverno al mare e d’estate in campagna – allora in questo caso i suoi interessi sono effettivamente distribuiti sulle tre località; ma la questione non cambia: quasi tutti i suoi bisogni emergono negli ambiti locali in cui vive. Come vederemo, i “bisogni di viaggio” (ristorante, meccanico, ecc …) sono spontaneamente soddisfatti dalle soluzioni prodotti dalle persone che vivono nella località che attraversa.

Il funzionamento della Società tradizionale ci mostra infatti come sia sempre il diretto interessarsi della soluzione di un problema da parte della persone che produce le soluzioni efficaci. Ovvero che solo i “diretti interessati” possono costruire opere che funzionano effettivamente: che centrano i reali bisogni, che sono costruite in modo assennato ed economico.

Ed il funzionamento della società tradizionale ci mostra come in essa l’”interesse locale” alla soddisfazione dei bisogni producesse, appunto, anche una utilità a livello sovra-locale (ad esempio per chi attraversa la località).

Ciò che fa funzionare la Società democratica è quindi sempre il principio di interessamento diretto delle persone alla Cosa pubblica. E’ infatti unicamente l’interessamento diretto, reale, che non solo fa sentire le persone responsabili delle cose (la cosa pubblica), ma che le rende anche consapevoli del cosa bisogna fare, e del come la cosa vada fatta.

Per questo motivo nella Società tradizionale i “Lavori pubblici” erano sviluppati direttamente a livello locale.

Ovvero nella società tradizionale in questo modo spontaneo, “dal basso” (senza alcun intervento di uno Stato) i Cittadini (ed organizzazioni non statali, come la Chiesa) erano in grado di creare una serie di strutture e servizi di pubblica utilità a livello sovra-locale.

( ulteriore analisi del sistema di opere pubbliche “dal basso” )

le strade pubbliche sono nate spontaneamente da iniziative private

Ciò avveniva, come si è detto, per le strade di interesse regionale (o nazionale), che prendevano automaticamente vita in quanto network che integrava le strade di stretto interesse locale. Le quali erano create e gestite a livello locale, con alcune sinergie con altre comunità del circondario con le quali si condividevano alcuni interessi “pratici” (ad esempio l’andare al Mercato principale o alle Fiere).

Ma le strade, nella società tradizionale, erano anche create in base ad altri tipi di “interessi privati” (senza l’intervento di istituzioni pubbliche), come quelli dei Commercianti che avevano interesse a raggiungere i mercati della varie aree locali; o della Chiesa (quest’ultima è stata per secoli la principale artefice della gestione delle Strade).

Nei secoli scorsi quindi, ad esempio, i primi abitanti degli USA si creavano essi stessi anche strade importanti tramite la creazione di associazione di “interessi privati” (composte, ad esempio, da produttori agricoli interessati a trasportare i loro prodotti in altri luoghi, per la trasformazione o la vendita – con la rivoluzione industriale )

Ed ancora oggi negli USA vi sono delle strade (a pedaggio) costruite totalmente da privati, come è per le Dulles Greenway in Virginia.

Questo caso è particolarmente interessante perché ci mostra sia l’effettiva fattibilità di questo tipo di strade, sia come l’intervento dello Stato sia sempre teso a proteggere i suoi monopoli, e quindi a penalizzare in ogni modo e Opere pubbliche private (intervenendo anche a posteriori, per modificare le condizioni di permessi, tariffazione, ecc …).

Le Dulles Greenway nascono per soddisfare una forte domanda degli abitanti dei sobborghi di Washington, che devono coprire quotidianamente circa 20 Km di strada per raggiungere la città. In quel caso (tipico di ogni grande città metropolitana) gli utenti delle strade esistenti devono rimanere intasati nel traffico anche 90 minuti per coprire tale distanza (possiamo aggiungere, che nel caso italiano oggi si deve aggiungere il problema di decine di euro in multe).

Nel caso Virginia lo Stato non era più in grado di investire in strade (ed i Cittadini delle Virginia non erano disposti a pagare nuove tasse per spalmare su tutti gli abitanti dello Stato il costo di una tale nuova strada). E così dei privati hanno deciso di soddisfare questa forte domanda degli utenti.

Ora la strada esiste, ma i costruttori hanno affermato che ora non farebbero più un’esperienza del genere. Infatti lo Stato ha posto ostacoli di ogni genere, facendo perdere 7 anni di tempo per problemi burocratici (e bilioni di dollari) prima che si potessero iniziare i lavori. Inoltre, a posteriori, ha definito esso stesso il prezzo del pedaggio.

Ed ha impedito ai gestori del servizio di variare i prezzi a seconda delle circostanze (è come se si impedisse, ad esempio, ad un supermecato di fare sconti sulla merce in scadenza): ovvero si è creato in questo modo un grave danno alla comunità ed all’azienda: abbassare i prezzi del pedaggio per le ore di minora traffico avrebbe spinto la gente ad un uso più “intelligente” dell’automobile (come si fa oggi per l’energia elettrica)..

il caso delle sviluppo delle strade in Gran Bretagna

vedi anche articolo http://wiki.mises.org/wiki/Private_road~

Significativa è la storia delle strade pubbliche in Gran Bretagna (ma ciò vale probabilmente per gran parte dell’Europa).

Dopo la caduta dell’Impero romano le strade sono state abbandonate a se stesse, ma la loro efficienza non è diminuita un gran che (ciò si deduce dai documenti che descrivono i viaggi dei nobili, dell’esercito, dei mercanti, ecc ….).

Ovvero per secoli il sistema delle strade nazionali ha funzionato senza alcuni intervento dello stato.

In quel periodo le strade appartenevano di fatto al proprietario del terreno sul quale esse passavano.

Si tenga conto di un fattore che di solito non si prende in considerazione: le strade nascono tutte come strade private! (oggi si direbbe “capitale privato”)

Le strade inizialmente sono infatti all’interno di proprietà. Magari ai bordi di un campo, ma sempre nella proprietà dell’agricoltore che le ha create (come si vede nel capitolo sulla Proprietà, la legittimità della proprietà (legale e morale) è dovuta al fatto che un individuo prende in consegna una parte di Terra “selvaggi”a, mai appartenuta a nessuno, e vi costruisce per prima cosa delle opere per rendere utilizzabili dall’uomo. Tra queste opere vi sono muri di contenimento, canali di irrigazione, e strade (per costruire le strade l’agricoltore deve faticosamente disboscare e smuovere, come minimo, quintali di terra – e costruire muri).

L’agricoltore deve costruire delle strade per portare in cascina i prodotti dei campi, la legna tagliata nel bosco, il grano al mulino, ecc …. Ma si riconosce comunque un diritto di passaggio agli abitanti del paese (che in questo caso, però, sono tenuti a collaborare alla manutenzione di tali strade.

In Gran Bretagna, appunto, secondo i costumi dei Sassoni gli abitanti della comunità sociale locale dovevano concedere il diritto di passaggio agli altri membri della comunità)

Ciò significa che i proprietari avevano il dovere (non definito per legge: era un senso di responsabilità di ogni individuo) di tenere libere quelle strade da ostacoli (frane, alberi, ..) . La parola Road deriva da Rid, significa “tenere libera”.

A proposito di responsabilità privata sulla condizione delle strade, oggi in Italia una Legge obbliga i condomini a tener pulito il marciapiede contiguo al loro condominio (anche da neve, ghiaccio: se qualcuno si fa del male cadendo a causa della neve, i condomini sono responsabili del fatto).

E in lacune zone di campagna vige ancora il costume di organizzare corvee specifiche per la sistemazione delle strade (le Roide).

Grazie a questa forma di organizzazione spontanea del territorio, la strade nazionali erano tenute in efficienza in modo spontaneo dai singoli proprietari prima che lo Stato decidesse di occuparsi direttamente di esse.

In tali periodi il ruolo della Chiesa nella efficace manutenzione delle strade è stato fondamentale (con un intervento non-profit): l’interesse della Chiesa era morale e spirituale (“ora et labora” era il motto dei Monaci benedettini che tra le altre cose, come si è detto, hanno lanciato una diffusione spontanea della coltivazione del riso “privata” nel vercellese), ma anche “pratico”: la Chiesa doveva comunque mantenere una buona comunicazione tra le Diocesi, e uno buono stato delle strade per i pellegrinaggi (nelle quali essa provvedeva anche ad installare punti di accoglienza, ospedali, ecc …).

La Chiesa intervenne quindi nella ma manutenzione delle strade sia direttamente, con il lavoro dei Monaci; sia spingendo la gente a mantenere in ordine le strade (“a work of Christian beneficence, well pleasing to God “).

Vi era allora una forma di Sussidiarietà spontanea, che oggi, venendo a mancare i valori morali della Società, è difficile da mettere in pratica.

Ma con il successivo intervento dello Stato, la condizione delle strade cominciò a peggiorare progressivamente: una volta rimosso il sistema spontaneo di manutenzione delle strade (il diretto interessamento dei cittadini locali, e della Chiesa, ai quali vennero sottratte le proprietà) la situazione cominciò a degenerare. E si cercarono di instaurare nuovi meccanismi di responsabilizzazione “dall’alto” delle comunità locali con imposizioni ed incentivi di vario tipo. Ma le cose non ritornarono più a funzionare: la qualità delle strade rimase pessima.

L’intervento dello Stato avvenne con requisizione delle terre sia dei monasteri (nel 1.500) che dei proprietari privati (il Re cedeva poi le terre a persone influenti per avere il loro supporto politico). Come vedremo lo Stato, che di per sé mira al monopolio delle attività pubbliche, mise poi altri ostacoli nei confronti di nuovi tipi di iniziative spontanee “dal basso” finalizzate a mantenere agibili quelle strade (strade che, tra le altre cose, divenivano sempre più importanti perché si stava sviluppando il commercio, e di li a poco si sarebbe cominciato a sviluppare il sistema industriale).

Nei confronti del problema prodotto dal suo stesso intervento, lo Stato reagì con misure che innescarono il circolo vizioso di degenerazione che caratterizza oggi la Social-democrazia. Alla decadenza del sistema viario lo Stato tentò di reagire con Leggi che imponevano agli abitanti delle comunità locali di mantenere in efficienza le strade: con lo “Statute for Mending of Highways” si stabilirono obblighi specifici, e sanzioni per chi non rispettasse queste disposizione. Ma tutti gli oneri erano a carico della comunità locale (questi sono definiti come “incentivi negativi”: il bastone, senza la carota).

In ogni caso questa nuova strategia statale non funzionò. Mancava infatti l’”interesse diretto” degli abitanti delle comunità locali ad occuparsi delle strade (l’interesse diretto dei Cittadini è il vero motore della Società civile); ed i Comuni si trovarono ad essere sistematicamente sanzionati dallo Stato (a prescindere dal loro effettivo buon mantenimento delle strade – sostanzialmente si trattava di una nuova forma di tassa occulta).

Con il fallimento di questo prima fase di applicazione dell’Ideologia statalista, si passò ad un livello di gestione delle strade con un intervento di natura maggiormente statalista (molto vicini a quello della Social-demcorazia): si stabilirono delle nuove tasse, con le quali lo Stato pagava interventi gestiti direttamente da esso.

Come si è detto, i Cittadini cercarono di reagire a questa nuova forma di statalismo, che, come accade oggi nella Social-democrazia, non solo opprimeva la popolazione con le tasse, ma non era in grado di mantenere un buon livello di efficienza delle opere pubbliche (in questo caso le strade) ripristinando in parte l’ordine spontaneo delle cose. Ma lo Stato reagì affossando le nuove iniziative.

Si svilupparono infatti nuove modalità “dal basso” (oggi si direbbe “iniziative private”) per risolvere il problema della cattiva gestione delle strade.

La prima modalità fu quella adottata dai Mercanti (che allora costituivano “il libero Mercato”) i quali continuarono a mantenere le strade in ordine tramite associazioni specifiche: in questo modo essi crearono ponti, e migliorarono le strade preesistenti (alcune di queste organizzazioni private operarono in questo modo fino al 1700).

Ma si sviluppò anche un altro sistema spontaneo: vedendo che la rete delle strade “statalizzate” diveniva impraticabile, molti proprietari (a quel punto vi erano molti latifondisti creati dalla precedenti strategie dello Stato) crearono strade alternative a pedaggio (oggi si direbbe a capitale privato – un caso simile a quello della attuali Dulls Greenway negli USA).

Si noti che mentre l’intervento dello Stato produsse un grave regresso delle condizione delle strade, il sistema di gestione spontanee della viabilità gestito direttamente dai Cittadini produsse importanti innovazioni nel settore. Nacquero infatti in tal modo nuove specializzazioni, nuovi modi di creare murature e pavimentazioni, nuove modalità di organizzazione degli interventi, ecc …

Questo tipo strade arrivo a coprire decine di migliaia di chilometri.

Verso la metà dell’800 cominciò però il declino di questo tipo di strade, poiché lo Stato creò leggi che le penalizzavano sempre di più (lo Stato, da subito, avendo il monopolio dei pedaggi, esercitò su di esse un forte controllo).

Il declino di questa tipologia di strade (simili alle Dulls Greenway attuali) fu dovuto a problemi come (si tratta di problemi su cui focalizzare l’attenzione poiché essi si ripropongono oggi, con il nuovo statalismo ideologico della Social-demcorazia): (1) Il proprietario della strada, per legge, non doveva guadagnare sul pedaggio (poteva, con i pedaggi, solo coprire i costi; e quando i costi superavano gli incassi – sempre più spesso – si dichiarava il fallimento della iniziativa, e la strada veniva rilevata dalla Stato!). L’aggravante era che la tariffa dei pedaggi era stabilita dalla Stato.

(2) Il fatto che non vi potessero essere guadagni portò ad una forte corruzione, per cui gran parte del denaro veniva sottratto ai lavori di manutenzione delle strade per il pagamento di tangenti (3) Lo stato impedì ai proprietari di associarsi per ridurre spese ed il numero di soste per pedaggi (ed i costi di viaggio per chi percorreva lunghe distanze). (4) I costi per i Mercanti crescevano rendendo difficile il business (anche perché il doversi fermare a molte barriere comportava enormi perdite di tempo).

(5) In sede politica una opposizione alla gestione privata delle strade da parte dei proprietari di trasporti in ferrovia e sui fiumi, che vedevano una pericolosa concorrenza nella buone strade. Inoltre gli stessi produttori agricoli locali (latifondisti creati dallo stesso Stato in epoche precedenti), i quali coprivano il mercato dell’area locale, vedevano nella estesa rete di strade un pericolo per il loro monopolio. (6) Lo stato emanò delle leggi per le quali alcuni gruppi di persone erano esenti dai pedaggi, e di ciò si abusò a dismisura.

Alla fine tutte le strade private (in fallimento) passarono sotto la proprietà dello Stato (ed ovviamente si aumentarono le tasse per poterle gestire).

Si noti l’equivoco che nasce sulla concezione popolare delle strade: oggi si legge ovunque che una Democrazia deve garantire strade gratuite (rispetto a quelle a pagamento). Ma non esistono strade gratuite!

Si tratta solo di un equivoco prodotto dalla Cultura social-democratica del Welfare: non esiste nulla di gratuito: qualsiasi opera necessita di una “spesa” di energie da parte dell’uomo. O meglio, i lavori “gratuiti” erano quelli svolti dagli schiavi.

L’idea della gratuità delle opere pubbliche (e dei servizi) viene dall’idea inculcata nelle menti delle persone che i soldi li mettano “i più ricchi” (è il concetto ideologico di ri-distribuzione delle ricchezze). Ma oggi si comincia a comprendere che anche la classe media paga (molto) per le opere pubbliche.

I lavori sono in effetti gratuiti dal punto di vista dello Stato, poichè vi è una sorta di nuova generazione di schiavi, che invece di prestare direttamente il prorpio lavoro per le “grandi opere”, si vede confiscata una sempre più ingente somma di denaro per la costruzione di tali opere (ma. sostanzialmente la condizione delle persone non cambia: l’uomo, per pagare le tasse, diviene schiavo del lavoro).

Si noti che strade fallirono non perché i sistemi spontanei (“dal basso”) non funzionassero: il sistema tradizionale, spontaneo, di gestione delle strade fallì perché lo Stato volle gestire dall’alto – ed in alcuni casi requisire arbitrariamente – le proprietà private sulle quali tali sistemi si basavano.

Vediamo, in sintesi, in cosa consistevano tali sistemi spontanei.

In una prima fase di reale ordine naturale di una Società concepita ed organizzata in modo tradizionale (nella quale i Cittadini si occupavano direttamente del territorio) tali sistemi erano caratterizzati da:

lavoro volontario da parte dei Cittadini, per interesse diretto nella questione (e per l’esistenza di Valori nella Società di ordine naturale che dava alle persone la percezione di un obbligo morale verso la comunità).

interventi non-profit della Chiesa, con stimolo del lavoro dei Cittadini, e con interventi diretti dei Monaci (queste due modalità vennero meno con la confisca delle proprietà private degli agricoltori e della Chiesa).

In una seconda fase, fenomeni spontanei nacquero per correggere i problemi creati dal primo intervento (e furono presto resi insostenibili da nuove leggi dello Stato):

auto-organizzazione del “Mercato” (i Mercanti) che crearono società private per migliorare e manutenere lo stato.

i privati (nel nuovo assetto di proprietà) si auto-organizzarono per sistemare le strade, facendo pagare pedaggi per coprire le spese.

altre pubbliche opere pubbliche nate spontaneamente da iniziative private

Come è stato per le strade, nelle Democrazia reali (ad esempio in USA) associazioni tra privati hanno permesso di costruire importanti opere pubbliche come ospedali e scuole (con associazioni volontaristiche, e donazioni volontarie).

::La questione delle cure mediche in un sistema non-statale

(l’argomento vine sviluppato in un capitolo a parte)

Per la questione dalla salute dell’uomo è necessario fare alcune premesse.

In primo luogo nelle società tradizionali, basate sull’ordine naturale delle cose, si rispettava tale ordine anche nella cura del corpo (delle malattie).

Ovvero vi erano molte meno malattie “da curare” rispetto ad oggi (rarissime erano le malattie che non si potessero curare con “rimedi tradizionali”). Vi erano semmai delle persone che, senza una licenza rilasciata dalla stato, erano in grado di indicare cure naturali utili a guarire le persone.

Si noti che oggi la tendenza è tornare a tale dimensione: sono infatti sempre più diffuse le “medicine alternative” (in realtà queste sono le medicine tradizionali). Il caso forse più significativo è quello dell’omeopatia, una branca della medicina ufficiale in rapida espansione che non ricorre a medicinali.

Si ricorda che anche l’agopuntura è diffusa nel mondo, e che è nata appunto come rimedio alternativo alle medicine.

In altre parole nella società tradizione (ad ordine naturale) il “medico di base” non era praticamente necessario quanto lo è oggi: nella vita di una persona, al massimo interveniva un paio di volte (ma molti non andavano mai dal medico).

La Medicina moderna (quella che si basa sulle metodologie di fine ‘900) è invece molto utile per quanto riguarda chirurgia traumatologica, ed per alcune medicine salva-vita (che sono utilizzate al Pronto soccorso; ma se utilizzate come “cura” creano danni collaterali spesso peggiori dei problemi che si pensa di poter risolvere).

Questa riflessione preliminare serve per comprendere come nella società tradizionale non si sentisse la necessità di ricorrere al Medico o all’Ospedale come avviene oggi.

E’ il sistema di vita moderno definito dalla Social-democrazia che ha portato con sé una forte necessità di uso di tali servizi – ancora oggi nelle piccole cittadine USA questa necessità non esiste affatto: in tali luoghi le persone si accontentano – sono veramente felici del loro modo di vivere – di un medico che copre tutte le specialità (vedere, per rendersi conto, il film di Hug Grant “Did You Hear About the Morgans?“).

Detto questo, la questione degli ospedali non è molto dissimile da quella delle strade.

Gli ospedali nascono grazie agli Ordini religiosi (in Francese il termine era hôtel-Dieu, “hostel of God.”). Questi curavano gratuitamente chiunque nei loro ospedali “privati” (il motto era “slave or free, Christian or Jew.”).

Ricordiamo che la Chiesa si basava su un sistema di tasse “rivoluzionario” perchè volontario: le donazioni.

Ricordiamo inoltre che la Chiesa oltre alla manutenzione delle strade provvedeva anche, in alcuni casi, alla sicurezza di esse, come accadeva con i Templari lungo i pellegrinaggi verso la Terra santa (i templari inventarono anche il primo sistema di “carte di credito” per i pellegrini).

I monasteri erano anche ospedali; ma anche i preti dovevano avere (per volere della Chiesa) un mini ospedale aggregato alla Chiesa (councils of Aachen – 817, 836).

Anche nel caso degli ospedali il problema inizia con l’intervento dello Stato: con la confisca delle proprietà della Chiesa la maggior parte degli ospedali cessarono di esistere (i Londinesi protestarono ed alcuni ospedali londinesi furono presi in carico dallo Stato).

Successivamente anche in questo caso nascono opere private: negli USA il primo ospedale è il Pensilvania Hospital, creato con “capitali privati”, come istituzione non-proifit. “for the reception and cure of the sick poor… free of charge,”

Allo stesso modo nascono i Dispensari per i poveri, gestiti da volontari.

Ciò che vale per strade ed ospedali, vale ovviamente per altre opere e servizi di pubblica utilità, come le Scuole. (si veda in altro punto l’approfondimento dell’argomento).

Per quanto riguarda tali servizi pubblici, oggi si obbietta che essi, nella versione privata sono cari (pur riconoscendo la miglior qualità di questi ultimi). Ma non si tiene conto che con una diminuzione delle tasse ogni Cittadino potrebbe avere ogni anno migliaia di euro a disposizione per sottoscrivere ottime assicurazioni private (sulla salute), e mandare i figli a scuole private.

Vediamo nel prossimo capitolo come oggi le istituzioni (UE) abbiano individuato nella Sussidiarietà una modalità per uscire dalla attuale crisi: riportando, nella gestione di Opere e Servizi di pubblica utilità, cioè la società a quella condizione di responsabilizzazione dell’individuo tipica della Società ordine naturale delle cose.

LA PERDITA DELL’ORDINE NATURALE

Si è quindi detto che la storia dell’uomo registra un forte prevalenza di casi in cui le comunità sociali locali erano in grado di organizzarsi meglio della società Social-democratica (l’attuale Democrazia europea), per quanto riguarda opere pubbliche e servizi sociali (Welfare). Tale era la Società tradizionale dell’uomo, la cosiddetta di società “di ordine naturale” poiché in essa i Cittadini si ritenevano direttamente responsabili dell’andamento della comunità (e del bene comune”), e quindi agivano in prima persona le organizzare la comunità sociale, effettuare “lavori pubblici”, e, tra le altre cose, occuparsi di chi aveva bisogno di aiuto.

E si è detto che quel tale modello è l’ispiratore del Modello di Società Liberale (Liberalista) .

Vediamo ora, in sintesi (l’argomento è approfondito in capitoli successivi) quale è stata la transizione tra tale società tradizionale e la attuale Social-democrazia moderna.

La Società tradizionale ha quindi funzionato per millenni all’interno delle comunità locali, poiché anche quando tale comunità era parte di un regime autoritario, questo non si occupava nelle specifico delle faccende interne alle comunità sociali locali.

E quindi queste ultime erano in grado di mantenere le proprie abitudini tradizionali.

Il venir meno di questa tipologia di Società inizia nel Settecento, secolo nel quale vi sono state due importanti Rivoluzioni che hanno comportato la nascita della Democrazia moderna nelle due differenti forme attuali, di segno opposto.

Da un lato si ha la Rivoluzione americana, attraverso la quale i Cittadini si sono liberati dal controllo della Monarchia inglese, per inaugurare una condizione di auto-gestione delle piccole comunità locali indipendenti.

E dall’altra, vi è la Rivoluzione francese, che, al contrario della precedente, ha più semplicemente riproposto il modello della precedente Monarchia, sostituendo la classe sociale al potere (creando una Monarchia costituzionale che si è presto trasformata in una Oligarchia gestita con le stesse modalità della Monarchia preesistente – e quindi nella attuale Social-democrazia europea).

Le differenze tra le due rivoluzioni (e le due forme di Democrazia che da esse derivano) sono molte e sostanziali.

La Rivoluzione americana è stata attuata direttamente dai Cittadini, che hanno gestito tutto il processo, dalla rivolta iniziale, alla creazioni della Democrazia.

Mentre la Rivoluzione francese, pur essendo iniziata come una rivolta popolare, è stata presto presa in mano da un gruppo di “intellettuali” che hanno cominciato ad imporre la loro volontà sulla popolazione (storicamente, la Rivoluzione francese, se si eccettua la primissima fase della prese della Bastiglia, è considerata essere un colpo di stato).

In altre parole

mentre nella Democrazia USA si è definitoun sistema sociale fondato sulla autonomia (Libertà)di sviluppo di comunità sociale locali,nella Democrazia francese si è creato un sistema autoritariobasato sull’ideologia.

Ideologia che si pone, appunto, come una sorta di “Religione atea”.

Ovvero come un sistema di idee che pretende di uniformare ad esso la realtà sociale, imponendo al preesistente ordine spontaneo della Società nuove strutture coercitive (l’idea di fondo della Social-democrazia è, appunto, che solo nel momento in cui i Cittadini mettono nelle mani dello Stato la loro Libertà originaria, è possibile avere una Società efficiente).

Mentre all’opposto nel caso americano, si è voluto creare un sistema che favorisse (proteggesse) la libertà delle persone a proposito dello sviluppo delle idee religiose, della gestione della società, ecc …

Si noti il livello di imposizione delle idee della Ideologia Social-democratica: con la Rivoluzione francese si è arrivati a sterminare chi “non la pensava” come gli Intellettuali, arrivando ad uccidere, come nel caso della Vandea (“soppressa” perché di religione cattolica) più di 250.000 persone. Arrivando in questo modo a stabilire una Cultura uniformata (fu soppressa la Chiesa).

Negli USA, dopo la Rivoluzione, poterono invece nascere aree con culture e modi di vivere completamente differenti l’uno dagli altri.

Con le due Rivoluzioni del ‘700 nascono quindi i due diversi (opposti) modelli di Democrazia moderna:

la Democrazia liberalista, un modello non-intrusivo, basato sull’ordine della società tradizionale, ovvero su una libertà di organizzazione diretta delle persone (forme di governo “dal basso”). Nel quale appunto lo Stato è ritenuto essere un di più (si parla di Stato minimo), necessario unicamente per un numero estremamente limitato di mansioni.

Sostanzialmente, cioè, nella Democrazia liberalista ci si attiene fermamente al principio della Sovranità popolare invece contraddetto nelle forme di Governo social-democratico.

la Social-democrazia, che è generata con la fase del Terrore, e poi evoluta in un impero con Napoleone, il quale “esporterà” tale modello in tutta Europa. (da allora tale modello è adottato dalle Social-democrazie europee).

La Social-democrazia è un tipo di regime “impositivo”, nel quale un gruppo di persone assume il potere sui Cittadini (sul modello precedente della Monarchia) con la giustificazione Ideologica che i Cittadini non sono in grado di badare a se stessi.

La peculiarità della Social-democrazia: il Totalitarismo

la Rivoluzione culturale che ha generato la Social-democrazia

La chiave di volta della trasformazione della Società tradizionale in una Società socialista (social-democratica) è nella “rivoluzione culturale” effettuata dai Pensatori socialisti del ‘700.

I valori della Rivoluzione francese (dell’Ideologia socialista) si sono infatti potuti diffondere grazie ad annullamento della cultura tradizionale avvenuto attraverso:

– lo sterminio delle persone che non volevano aderire alla nuova Ideologia (inizialmente, durante la Rivoluzione, più di 250.000 persone in tutta la Francia – ma solo nel ‘900, nelle forme successive di Socialismo, sono stati eliminati, in nome dell’Ideologia, almeno 120 milioni di persone solo nel Novecento).

– un cambiamento radicale della Cultura tradizionale (grazie alle strategie “culturali” come quelle dell’Egemonia culturale), si è ottenuta una trasformazione delle visione del mondo delle persone, e quindi del loro modo di ragionare: come era già avvenuto nei casi delle Ideologie religiose, che nella Storia hanno convinto milioni di persone ad affidare se stesse all’Istituzione religiosa (ad esempio l’Islam, o la Chiesa in alcuni momenti della sua storia).

In questo modo si sono potute convincere le persone che il Mondo così come è (l’ordine naturale delle cose) fosse il male, e che quindi fosse da trasformare. Ovvero si sono convinte le masse che l’Ideologia socialista fosse la ricetta giusta per migliorare i problemi della Società moderna (si noti che queste stesse strategie di persuasione sono state studiate dal Mercato, ed adottate per la cosiddetta persuasione occulta che è alla base della attuale pubblicità)9.

E’ questo il percorso attraverso il quale la Cultura tradizionale dell’uomo (il modo tradizionale di vedere le cose, e quindi di organizzare la vita sociale) è stato pian piano soppiantato dal nuovo pensiero socialista imposto prima con la violenza, e successivamente con l’evolversi delle strategie di consenso.

Le moderne strategie del consenso sono state definite dall’Ideologo Gramsci, e chiamate strategie di egemonia culturale (Gramsci fu fondatore e Segretario del Partito Comunista Italiano, e fondatore del quotidiano l’Unità, che su tali strategie si basa).

L’egemonia culturale10 è una forma di dominio delle persone che sostituisce la dominazione fisica con una dominazione culturale (una dominazione delle coscienze delle persone che Gramsci definiva, con un eufemismo, «direzione intellettuale e morale» delle persone). [vedi “La manipolazione delle masse”, dedicato a questo argomento, scaricabile dal sito www.lucabottazzi.]

L’Ideologia socialista (social-democratica) ha potuto prendere piede perché ha comunque trovato un terreno di per sé fertile: le persone che hanno cominciato ad aderire alla idee di matrice Socialista erano comunque già sradicate dalla vita tradizionale delle piccole comunità locali tradizionali (dall’ordine naturale delle cose).

Il pensiero socialista ha infatti cominciato a diffondersi nelle Città, le quali a quei tempi di basavano su un nuovo modello, totalmente differente da quello della vita delle comunità sociali tradizionali: nelle nuove Città si erano ormai completamente perdute le qualità tradizionali di auto-sufficienza, di legami di solidarietà tra le persone, ecc … (ciò valeva in particolare per le Città dell’Ottocento, nelle quali la vita era particolarmente dura, e nelle quali infatti il Socialismo ha trovato la prima diffusione – ma condizioni non tanto migliori si sono trovate nelle Città nel Novecento, come è stato all’epoca delle immigrazioni dal Sud agli anni ‘60-‘70).

Ma fuori dalle Città, dove per gli abitanti era ancora possibile vivere una vita sociale di tipo tradizionale, l’Ideologia socialista non aveva molte chances di attecchire, poiché le persone che vivevano in tali contesti potevano ancora toccare con mano il buon funzionamento del loro modi di vivere.

Con questa rivoluzione di cultura, modi di vivere e modalità di organizzazione delle comunità socialii si è appunto sostituito l’ordine sociale tradizionale, spontaneo, gestito direttamente dalle persone, con con un “nuovo ordine” imposto dall’alto (Ordine Nuovo e Nuova Società sono proprio slogan – e nomi di riviste – del Socialismo).

E questo stato di cose è quello che caratterizza l’attuale Social-democrazia: ancora oggi si vive in quel nuovo ordine sociale nel quale una Classe politica che si è auto-eletta al potere domina dall’alto i Cittadini. Un nuovo ordine fatto di forme di “ingegneria sociale” inizialmente praticata tramite stragi della popolazione, ed oggi praticata, come vedremo più avanti, tramite metodi come quello della re-distribuzione delle ricchezze (una forma di ingegneria sociale del Socialismo reale trasposta dalla dimensione fisica a quella economica).

In questo modo è stato soppresso dalla Società europea l’ordine tradizionale basato, come è ancora oggi in Svizzera e nelle cittadine di provincia degli USA, sulla libertà organizzativa delle comunità Locali.

Il nuovo indirizzo totalitario dei Regimi autoritari

Ripetiamo ciò a cui si è accennato in precedenza: la Social-demcorazia introduce una novità radicale (rivoluzionaria) nella Società: il Totalitarismo.

Le forme di Potere dall’alto precedenti (Monarchie, Tirannie di tipo orientale, ecc …) erano infatti sostanzialmente non-intrusive rispetto all’organizzazione di “government” locale: per quanto un tempo vi fossero strutture di potere molto forti (come le Signorie feudali), tali strutture lasciavano al Villaggio la possibilità di autogestirsi secondo la loro volontà, secondo i loro principi tradizionali (anche gli “imperialisti” romani, estendendo il loro impero, erano coscienti di dover rispettare tale libertà di base dei territori che conquistavano).

Solo con la Social-democrazia lo Stato diviene totalitario, comincia cioè a volersi occupare di ogni aspetto della vita del Cittadino, anche nelle questioni locali.

Ciò perché la Social-democrazia si basa su una Ideologia, e per potersi affermare, essa deve influire direttamente sulla coscienza delle persone, sui comportamenti dei Cittadini.

Ovvero la Social-demcorazia è una forma di autoritarismo più evoluto di quello delle tirannie del passato. In passato infatti lo scopo dei tiranni era unicamente pratico: essi volevano trarre benefici materiali dalle masse (denaro, schivi, ecc…).

Ma l’Ideologia social-democratica è una sorta di “religione sociale” (come l’Islam): un modo di ragionare che porta le persone a pensare che tutti debbano ragionare come loro. Per questa ragione, appunto, l’essenza dell’Ideologia social-democratica è “culturale”: il primo obiettivo della Social-democrazia è infatti quello di uniformare le coscienze delle persone al dogma ideologico.

Questo è appunto il totalitarismo, un regime basato su un controllo omni-comprensivo della società: caratterizzato da uno Stato che estende il suo potere a qualsiasi aspetto della vita umana, sino ad invadere la sfera privata dell’individuo.

Ovvero la Social-democrazia è una forma molto evoluta dell’Autoritarismo delle antiche tirannie, nella quale si riesce ad avere un pieno controllo delle masse attraverso un controllo della coscienza degli individui (uno dei vantaggi di questa nuova dimensione è che in questo modo si elimina praticamente la necessità di una repressione fisica – vedi il testo “La manipolazione delle masse”).

L’aspetto più importante del Totalitarismo non è quindi quello dell’uso della “forza” (tribunali che perseguono fini ideologici, legislazioni che limitano fortemente le libertà dei Cittadini, ecc …). Ma risiede negli aspetti più sottili di “persuasione” delle masse, che si sviluppano, sule linee delle strategie dell’”egemonia culturale” definita dal PCI a metà del Novecento, attraverso un monopolio dell’Educazione (Educazione di Stato), ed un monopolio di mezzi di comunicazione (TV di Stato).

Questa caratteristica totalitaria della Social-democrazia permette una “gestione delle persone” meno fisica rispetto a quella delle Dittature precedenti: non è più repressione fisica, ma è, a monte, una persuasione delle masse a fornire un consenso (per lo meno un consenso passivo).

La Social-democrazia si basa quindi su una “dimensione culturale” (su un “pensiero unico” con il quale è “normalizzata” la società).

La Social-democrazia non può né accettare che in essa sopravvivano Culture che potrebbero “distogliere” la mente dei Cittadini dell’inquadramento ideologico in esse prodotto dalla Cultura social-democratica (che potrebbero, cioè, mettere agli occhi dei Cittadini il modello ideale di Società che essa diffonde). Nè accettare vi siano forme di organizzazione sociale diverse da quelle centralizzate su cui essa si basa.

Per questa ragione le forme di auto-organizzazione della vita sociale sono in qualche modo boicottate in Social-democrazia: sono stati, ad esempio, aboliti i quartieri, luoghi nei quali i Cittadini potevano facilmente organizzare attività spontanee locali , e sono state costituiti dalle Circoscrizioni, Istituzioni social-democratiche distanti dalla vita reale dei Cittadini.

le conseguenze dell’attuazione della Social-democrazia

In questo modo nasce la nuova dimensione politica della società (e della visione della vita: lo slogan della Sinistra è “tutto è politica”). Nella società social-democratica i dogmi ideologici (la “Politica”) si sovrappongono a qualsiasi aspetto della vita delle persone (questa è, appunto, la definizione di Totalitarismo).

A livello di government lo Stato assume quindi il monopolio di qualsiasi attività sociale (in precedenza esercitate in modo spontaneo dai Cittadini stessi).

In questo modo cioè, con l’avvento della Social-democrazia, si toglie di mezzo qualsiasi forma spontanea di organizzazione della società (oggi creare servizi alternativi a quelli pubblici o è direttamente un reato, o le norme burocratiche da rispettare sono talmente complesse che tali servizi risulterebbero essere insostenibili). E quindi alle strutture sociali tradizionali (spontanee, basate sull’auto-gestione) vengono sovrapposte sovra-strutture istituzionali (burocratiche) che impongono ai Cittadini nuovi tipi di comportamento indicati dall’Ideologia (ciò in totale contraddizione con il Principio di Sovranità dei Cittadini, che è pure espresso nella Costituzione come elemento fondamentale della Democrazia).

i fattori della perdita dell’”ordine naturale” (umano) della Società:

Questa caratteristica dell’Ideologia social-democratica di dover gestire la comunità sociale dall’alto (annullandone l’ordine spontaneo, che sarebbe di per sé pericoloso per la Soical-demcorazia) ha quindi trasformato in modo profondo la Cultura dell’uomo, ossia la coscienza delle persone.

Le conseguenze di questa rivoluzione sono disastrose, e sono all’origine della attuale crisi della Democrazia europea (fallimento economico, ma anche fallimento sotto l’aspetto sociale dell’efficacia dei servizi, di valori, ecc …).

I fattori salienti di questa trasformazione sono:

1) perdita dei valori umani propri della comunità sociale di sempre (questa è la causa prima degli attuali problemi della democrazia europea). Con l’”Ordine nuovo” social-democratico la società viene impostata su valori materiali. Il valore denaro sostituisce il valore umano delle virtù tradizionali (legati, ad esempio, ai Valori espressi nei 10 comandamenti): se un tempo il furto era un dis-valore, nella nuova democrazia di matrice socialista “rubare” ai ricchi (come si fa nel “sistema di re-distribuzione delle ricchezze attuato con le tasse) diviene una atto legittimo.

Per fare un esempio del cambiamento della concezione dei Valori: oggi il benessere dell’uomo viene calcolato su un piano economico, ad esempio in termini di reddito individuale (si noti che questo errore viene esteso anche alla valutazione delle popolazioni non ancora “colonizzate” dalla modernità, che vivono in modo per lo più in condizione di autosufficienza e di serenità esistenziale! Ciò perchè i parametri attuali utilizzati per l’analisi delle questioni sociali non sono in grado di valutare l’effettivo benessere di una comunità).

In altre parole, sostanzialmente, un tempo la “ricchezza” di una comunità era valutata in termini “naturali” (umani), ossia rispetto al livello di felicità e di saggezza (capacità di risolvere direttamente i problemi della vita) degli individui. Mentre oggi conta quasi unicamente la ricchezza in denaro: anche il giovane che si deve sposare sceglie il futuro coniuge in base a valutazioni relative relative alla ricchezza in denaro dell’altro (esso, nell’Ordine nuovo social-demcoratico non può farne a meno di ragionare in tali termini, perchè altrimenti in tale sistema non sopravviverebbe).

Si noti come il risultato di questa condizione mentale sia anche, appunto, la trasformazione del concetto di Ricchezza che è oggi catalogata quasi unicamente come categoria di “Economia politica” (vedi Enciclopedia Treccani), ed è definita come «insieme dei beni economici posseduti da un soggetto». Mentre solo in pochi dizionari si riporta la definizione completa: «Ciò che si possiede, materiale o spirituale , e appare come bene, come risorsa di grande importanza: la tua r. è la gioventù; i miei libri sono una r. insostituibile» (Hoepli).

Conseguenza di questa materializzazione della cultura è la perdita di quei valori sociali che erano il motore della società tradizionale: la Società social-democratica è infatti caratterizzata dalla de-responsabilizzazione dell’individuo. Interessante, a questo proposito, la testimonianza della donna americana che afferma se se eleggono Obama non dovrà più preoccuparsi di come mettere la benzina nella sua auto e di come pagare il suo mutuo.

2) l’Ideologizzazione della Cultura ad ogni livello porta ad una “astrazione” del modo di pensare: mentre in precedenza si pensava “in termini reali”, oggi in Social-democrazia si utilizza una forma di “pensiero creativo” slegato dalla realtà (slegato dalla considerazione dei principi scientifici di causa-effetto).

Ricordiamo ancora una volta la definizione di Ideologia: “dottrina non scientifica che proceda con la sola documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi” (Treccani).

Si utilizza ad esempio, in Social-demcorazia, al posto della tradizionale Economia reale, una “Economia politica” completamente slegata dalle regole della realtà. Ossia una Economia creativa nella quale non si prendono in considerazione le tradizionali regole di saggezza come quella secondo la quale conviene spendere “ciò che si ha in tasca”; o che quando “non tornano i conti” è necessario, come ammoniva Einstein, andare a vede principi e le regole in base alle quali si agisce.

Il vero problema di questa incapacità di prendere in considerazione le regole dell’Economia reale è dovuto al fatto che in Social-democrazia, essendo venuti meno altri valori, tutto è basato sull’Economia (il fine del Welfare social-democratico è infatti la ricchezza economica, e non la Felicità in senso tradizionale, indicata invece come fine ultimo della Società dell’uomo negli atti di costituzione degli Stati Uniti).

Ed è proprio a questa dimensione culturale (mentale) della Social-democrazia che sono dovuti i grandi fallimenti della Democrazia europea che hanno portato alla crisi attuale.

Si ricorda che l’attuale crisi globale è stata prodotta proprio dal fallimento del sistema social-demcoratico dei “mutui di Stato”: lo Stato americano ha abbracciato l’idea che si sarebbero dovuti erogare muti per la casa anche a persone che si sapeva non sarebbero state in grado di rimborsarli (questo è stato il crack che, con un effetto dominino, ha creato la crisi di Wall Street e delle banche che oggi si ripercuote anche sulla società europea).

[Excursus] il WELFARE non è affatto finalizzato al benessere delle persone

Si è accennato la fatto che il Welfare social-demcoratico proponga un modello di società radicalmente differente da quello tradizionale.

Welfare è appunto, di per sé un termine basato su un equivoco: esso non significa affatto benessere come viene inteso nella Cultura tradizionale. Condizione che è invece indicata dal termine Wellbeing (o Well-being).

Infatti, osservando la tradizionale letterale, se la radice comune Well signifca bene, nel secondo caso being significa essere, mentre il termine fare (di Welfare) significa tariffa o offerta.

Il termine Welfare indica quindi una buona condizione di vita sotto l’aspetto finanziario e materiale e non una più completa condizione di reale benessere (il termine veniva infatti usato ad esempio, per espressioni come “sono preoccupato per il futuro benessere dei miei figli”, dove, appunto, si indica le capacità di sostenersi finanziariamente nella società – il Welfare è appunto una sistema di concezione “paternalistica” di un benessere finanziario e materiale, nella quale una Classe politica è si occupa delle esigenze di vita di una popolazione che non è in grado di badare a se stessa).

Questa concezione di benessere è quindi ben differente dalla concezione tradizionale, il Well-being, che è indicata invece come fondamento della Democrazia nelle carte di costituzione degli USA: una felicità non unicamente materiale.

Come detto in altri punti, questo equivoco è dovuto alle due opposte visione della vita dell’uomo proprie della Cultura tradizionale e di quella Social-democratica. Nella visione tradizionale il mondo è di per sé “buono”, ossia mette naturalmente a disposizione risorse in abbondanza per vivere: l’uomo non ha quindi tanto da preoccuparsi del vivere materiale, ma il suo fine è quello di conseguire forme di felicità non materiali (le quali, tendendo l’uomo al Bene, corrispondono al “bene sociale”).

Nella visione Socialista invece, la vita sulla terra è caratterizzata da scarsità di risorse: e quindi l’uomo deve combattere per la sua sopravvivenza (inoltre l’uomo sarebbe intrinsecamente cattivo, e quindi ogni individuo deve lottare per non farsi sopraffare dagli altri). Con quest’ultima concezione il Well-being, il benessere di concezione tradizionale che era lo scopo della società tradizionale, si trasforma appunto in una più limitata, “pessimista”, forma di benessere, il Welfare: un benessere nel quale si pone unicamente l’attenzione per gli aspetti materiali dell’esistenza.

In questo modo nasce l’equivoco (uno dei tanti equivoci sui cui si basa il successo dell’Ideologia socialista11) in base al quale le persone pensano che lo Stato social-demcoratico si occupi effettivamente del loro benessere. Ma in realtà lo Stato social-democratico si occupa unicamente del mantenimento di standard di vita astratti (espressi, ad esempio, con i dati numerici del PIL). Standard che non rappresentano affatto il reale benessere delle persone, ma rappresentano invece degli interessi dello Stato stesso.

Ovvero, nel Welfare socia-democratico ogni azione (ogni spesa) è in realtà mirata a soddisfare interessi intrinseci al sistema stesso di Government, Pubblica Amministrazione, parte del Mercato legata alla Classe politica, ecc …

il difetto nel manico: l’intrinsecità della fallimentarietà della Social-democrazia

Quello della Social-democrazia è quindi un sistema con un difetto nel manico: i fattori del fallimento sono intrinseci alla struttura di principi e regole su cui la Social-democrazia si basa.

Ovvero

la Social-demcorazia non è in crisi a causa di fattori ad essa esterni, ma lo è proprio per il fatto che il Sistema su cui essa si basa è caratterizzato da alcuni difetti di fabbrica che la conducono inevitabilmente al fallimento

(l’analisi della Storia delle società ci mostra infatti come ogni tentativo di realizzare una qualche forma di Socialismo – dall’Unione sovietica alla Social-demcorazia Svedese – sia fallito a causa di questi difetti di fondo).

Il difetto di fondo è, appunto, che nella Social-democrazia tutto non ruota attorno agli interessi dei Cittadini (come dovrebbe essere in un Sistema realmente democratico), ma ruota attorno agli interessi di altri “gruppi di interesse” (legati ad interessi di tipo ideologico ed economico).

Ciò conduce non solo al fallimento dello scopo del miglioramento della vita umana rispetto a quello ottenuto dalla Società tradizionale (l’obiettivo che si pone la Social-democrazia, ma che, di fatto, in tale regime non si è mai perseguito).

Ma porta anche ad un crollo dell’intero Sistema social-democratico. A causa, appunto, del fatto che questo sistema mira al soddisfacimento di interessi diversi da quelli dei Cittadini – con i soldi però provenienti dai Cittadini – esso produce una situazione di sviluppo incontrollato delle spese, a causa della quale lo Stato è costretto a spremere sempre di più i Cittadini, fino al punto in cui si esaurisce tale fonte di introiti (i Cittadini, anche quelli “ricchi”, alla fine non sono più in grado di pagare le tasse, o di tenere in piedi attività di Mercato che in precedenza, grazie alle tasse, costituivano fonte di reddito per lo Stato).

Questo problema, si noti, è stato proprio alla base della decadenza dell’Impero romano.

la questione della Sussidiarietà come recupero dell’Ordine naturale della società

ç_sussidiarietà

Già negli anni ‘90 le Istituzioni governative internazionali, come l’Unione Europea, hanno cominciato a comprendere il pericolo intrinseco a questo fenomeno di distacco dello Stato (della Politica) dalla vita reale del Paese, dal controllo da parte dei Cittadini (vedi in altro punto).

Tali Istituzioni hanno quindi individuato come antidoto a questo problema un ripristino di quell’ordine naturale delle cose che caratterizzava la Società tradizionale.

Si tratta del Principio di Sussidiarietà che prevede un ritorno dell’occuparsi direttamente da parte dei Cittadini delle questioni di pubblica utilità (si parla della partecipazione dei Cittadini all’individuazione dei bisogni da soddisfare, e alla progettazione e alla gestione delle soluzioni).

=

E’ interessante a questo proposito osservare come nasce questa nuova concezione della Democrazia europea, che non è altro che un recupero delle modalità di government originarie della Democrazia.

E’ in primo luogo necessario rilevare come le Istituzioni social-democratiche, con l’introduzione della Sussidiarietà, abbiano recepito le indicazioni emanate in proposito della Chiesa (inserite in alcune Encicliche papali) nelle quali si affermava che con l’intervento dello Stato in ogni aspetto della vita del Cittadino si producesse una forma di inconsapevolezza e di irresponsabilità di questo nei confronti della comunità sociale.

Prendendo in considerazione il Principio della Sussidiarietà, lo stesso sistema Social-democratico si è cioè reso conto di come il problema della crisi della Social-demcorazia sia dovuto all’abbandono di quell’ordine spontaneo della Società (alla perdita del “Welfare spontaneo” su cui si basava la società tradizionale nel quale le persone, ed Istituzioni volontarie, mantenevano in efficienza le strutture sociali).

Ovvero ci si è resi conto quanto abbia influito in modo negativo sulla Società una “statalizzazione” della vita sociale che ha appunto prodotto, come conseguenze:

– a livello “umano” (psichico): una perdita di interesse, di responsabilizzazione, da parte delle persone nei confronti della comunità sociale nella quale vivono: in questo modo è venuto a mancare il senso di possesso del territorio sul quale esse vivono (fino ad allora i Cittadini si sentivano proprietari del bene comune della comunità).

– ed a livello sociale, con “riforma” della Società tradizionale in funzione dello Statalismo si sono perse quelle forme di “sevizi” pubblici fin ad allora organizzate da quella “associazione di volontariato” che è la Chiesa (manutenzione delle strade, ospedali, scuole, ecc ..). Perdita che ha reso necessaria la creazione da parte dello stato sovra-strutture di Pubblica amministrazione che sopperissero a tali mancanze.

Da questa nuova condizione si è generato un circolo vizioso: per rimediare ai problemi iniziali da essa creati, la Social-democrazia ha prodotto dei rimedi che hanno finito per aggravare i problemi precedenti.

Ovvero rendendosi conto di aver posto fine a quella forma di “servizi sociali” che la comunità tradizionale produceva spontaneamente, i governanti della Social-democrazia hanno creato dei surrogati “pubblici” (statali) di tali servizi per sovvenzionare i quali essi hanno cominciato ad impoverire i Cittadini con carichi sempre maggiori di Tasse (ricordiamo che in precedenza le tasse nella loro concezione attuale non esistevano, poiché: la comunità si basava sulla modalità di volontariato per le attività di “servizi pubblici”; e che la Chiesa, poi sostituita dallo Stato social-democratico con istituzioni del Welfare, si basava su una “innovativa” forme di tasse volontarie: le donazioni)

A ciò si deve aggiungere che nella Social-democrazia un Potere governativo sempre più indipendente dal controllo da parte dei Cittadini, si è evoluto secondo i propri interessi, deviando gran parte delle somme di denaro ricevute dai Cittadini verso spese inutili per la società.

Su questa analisi si basa l’idea di corregger i problemi prodotti dalla Social-democrazia applicando il metodo della Sussidiarietà. La quale mira, appunto, ad un recupero di quella condizione di responsabilità del Cittadino che è possibile unicamente nella dimensione nella quale esso è libero di auto-gestirsi (condizione negata dalla Social-democrazia).

Più nello specifico, in sintesi, la Sussidiarietà nasce in conseguenza all’individuazione dei seguenti problemi della Social-demcorazia europea:

deresponsabilizzazione dell’individuo che in Social-democrazia si aspetta che gli altri (le istituzioni, gli esperti) facciano tutto per lui (si aspetta di essere accudito “dalla culla alla tomba”, pensiero che l’affermazione di Kennedy cercava di correggere: (parafrasando) “non chiederti cosa può fare lo Stato per te, ma chiediti cosa puoi fare tu per la tua comunità”).

costi elevati dei Servizi perché vi sono molte dispersioni di denaro dal momento in cui esso viene percepito sotto forma di tasse al memento in cui viene speso per pagare l’erogazione del servizio (o la costruzione dell’Opera pubblica).

scarsa qualità dei servizi prestati, e delle opera costruite (per il fatto che i bisogni da soddisfare vengono individuati da persone che vivono lontano dalla “vita reale” del Paese).

aumento a dismisura di sovrastrutture burocratiche (uffici, personale assunto, ecc…) e delle spese in generale (a causa della mancanza di controllo della gestione delle spese pubbliche da parte di organismi non legati agli interessi della stessa Classe politica che delibera le spese).

Con il regime di Sussidiarietà si ribalta cioè la concezione dei Servizi pubblici, nella quale lo Stato cerca di coprire (sempre di più) con i suoi Servizi qualsiasi bisogno dei Cittadini. Con la Sussidiarietà infatti, si crea una nuova dimensione nella quale i Cittadini sono in grado di occuparsi di se stessi per la soddisfazione della maggior parte delle loro esigenze (e lo Stato, a questo punto, si occupa solo delle questioni che i Cittadini non sono “tecnicamente” in grado di risolvere).

L’idea della Sussidiarietà è che i Cittadini devono occuparsi direttamente di soddisfare loro bisogni , poiché in tal modo essi possono farlo meglio di come viene fatto ora.

Per noi Europei che siamo abituati a vivere in full immersion in un Sistema assistenziale che si occupa di noi dalla culla alla tomba, può essere difficile comprendere come un regime di Sussidiarietà possa effettivamente funzionare. Ma ciò è invece molto chiaro a chi ha ancora memoria di come andavano le cose nel piccolo paese di provincia a “gestione tradizionale” – ed a chi può toccare con mano l’efficacia dei metodi della Sussidiarietà conosciuti come “progettazione ed amministrazione partecipata”: le cose in questo caso funzionano molto meglio di come funzionano ora per quanto riguarda qualità dei servizi ed i costi della pubblica amministrazione.

E importante rilevare i vantaggi “collaterali” di questo nuovo (ed antico) metodo di gestire la comunità sociale: oltre a migliorare la qualità della vita delle persone, in questo modo si ottiene una rinascita della convivialità all’interno della comunità sociale (anche a livello di Quartiere e vicinato). [vedi documento “Decrescita sostenibile” scaricabile dal Sito]

l’importanza del volontarismo

Ovviamente la Sussidiarietà si basa su un recupero di quelle “associazioni di volontariato” da sempre fondamentali per il buon andamento delle Comunità umane (perdute in Social-demcorazia).

Il concetto di volontarismo è di fondamentale per la Società tradizionale (e per il Pensiero liberale). Volontario significa appunto libero di scegliere: ossia esso implica l’applicazione del Principio di Sovranità sul quale si basano (sulla carta) le Democrazie europee.

Il volontarismo si basa cioè sull’applicazione del Principio fondamentale di Libertà/Responsabilità senza il quale la Democrazia non può funzionare.

Si deve ricordare che nella Società tutto si basava sul volontarismo. E che tutte le attuali modalità di gestione della comunità sociale della Social-democrazia (quelle realmente utili) esistevano già nella nella Società tradizionale, e funzionavano molto meglio di quelle attuali. Ad esempio le Tasse erano, in tale contesto, donazioni volontarie. E i servizi pubblici funzionavano in massima parte con lavoro volontario, con il quale si costruivano e gestivano strade, ospedali, scuole, ecc …

Si deve cioè prendere in considerazione il fatto che vi è l’effettiva possibilità, rinunciando all’attuale Welfare social-demcoratico, di arrivare recuperare il Welfare spontaneo tradizionale che per millenni ha funzionato in modo migliore rispetto a quello attuale.

I-A.3 I FONDAMENTIDELLE DUE FORME DI DEMOCRAZIA

IL PERCHÈDEI DUE MODELLI DI SOCIETÀ

Ogni società è basata su una “visione delle cose” (modo di intendere la vita) delle persone che in essa vivono (si dice Filosofia o Teoria).

Questa visione delle cose è strettamente legata, nella coscienza dell’uomo, a dei cosiddetti Valori: (delle macro-idee, spesso non espresse in modo razionale, che hanno la funzione di “orientare” la mente quando produce idee specifiche a proposito del “cosa fare”). <vedi approfondimento>

In base a tali convinzioni l’uomo produce quindi “progetti specifici” di società. Questi progetti si basano su: (1) Principi fondanti (i Principi di funzionamento, come quelli espressi nella Costituzione dei una Nazione) e (2) Modelli “politici” che indicano quali specifiche strutture e regole una società si deve dotare.

Vediamo in cosa si differenziano, in tali aspetti, le due forme di pensiero (e di organizzazione sociale) del Libertarismo e della Social-democrazia.

LE FILOSOFIE(modi di concepire la vita)ALLA BASE DEL PENSIERO POLITICO

Il Libertarismo si basa su una visione del mondo antica (quella della Società tradizionale) mentre il pensiero Socialista (Social-democrazia) si basa su una visione “rimodernata” del mondo.

Vediamo, più nello specifico, cosa ciò significhi.

::il Pensiero Libertario

Si fonda sulla visione delle cose “originaria” dell’uomo (pre-moderna) che vede il Mondo come un insieme organico regolato da meccanismi “naturali” (ciò vale per la Terra, o per l’insieme del sistema corpo/mente dell’uomo).

Secondo questa visione, vi sarebbe una intelligenza intrinseca alla vita sulla Terra: una intelligenza che l’Uomo non è in grado di comprendere pienamente, e quindi di gestire.

Ovvero, secondo la concezione Liberale della vita dell’uomo, vi sarebbe un “ordine naturale”, che sarebbe il risultato di un processo spontaneo, che se modificato in base a idee razionali degenera e produce caos (incapacità per una società di produrre soddisfazione dei bisogni delle persone).

Il punto fondamentale di questa Teoria, non condiviso dai pensatori Social-democratici, è che l’uomo tenderebbe spontaneamente al bene, perchè la sua coscienza sarebbe portata a produrre comportamenti in sintonia con il resto della comunità (la coscienza dell’individuo umano sarebbe cioè portata a pensare che sia impossibile trovare una vera felicità in una azione che produce infelicità dei membri della propria comunità: sarebbe quindi spinta a realizzare forme di felicità che corrispondano in qualche modo con la felicità altrui).

Questa idea coincide con la Teoria della conservazione della specie, secondo la quale nell’uomo vi è un istinto di conservazione non individualistico, che è infatti un istinto di conservazione della comunità: la coscienza umana produrrebbe cioè spontaneamente stimoli a “collaborare” con gli altri membri della comunità (si veda come nelle società Liberaliste, come gli USA, ogni persona dedica parte del suo tempo in attività di volontariato).

Questi “istinti naturali” dell’uomo esistono, come per tutti gli esseri animali, quanto esso vive in comunità “naturali”, nelle quali esso può svolgere una vita fisiologica (in questo caso i “Villaggi”, il cui modello di organizzazione sociale è applicato ancora in molte piccole cittadine).

Si parla cioè di “comunità umane” nella quali ogni persona è legata da legami “affettivi” forti con gli altri membri della comunità. Diverso è il discorso per l’uomo “sradicato” da tale forma di vita originaria, il quale vive nelle grandi metropoli ed ha perduto l’essenza affettiva dei rapporti di vicinato, la capacità di gestire “di persona”, almeno in parte, la sua vita (ossia di gestire la sua abitazione, i suoi “strumenti”; di produrre a produrre almeno parte del cibo che consuma).

Questa visione del Mondo, è nata con le prime forme di pensiero dell’uomo, e si è mantenuta fino ad oggi nel Pensiero liberalista. Questo è anche il Pensiero degli Scienziati che hanno prodotto, fino primi decenni dal ‘900, i Principi fondanti della scienza moderna (Newton, Cartesio, Einstein, Godel, Heisenberg, ecc ..).

Su questa visione del Mondo sono state fondate le prime due democrazie della Storia: quella della Antica Atene e quella degli Stati Uniti d’America.

::il Pensiero Socialista (Social-democrazia)

E’ la visione nata solo qualche secolo or sono, nella quale si è abbandonata la fiducia nella “intelligenza” della natura (arrivando, nel Novecento, a negarla totalmente).

Qui nasce una fiducia totale nella ragione dell’uomo (la razionalità della mente umana sarebbe superiore all’”intelligenza di biologica” della Natura). Su questa visione sono stati creati alcuni “progetti” di nuove forme di Società, dotate di un “nuovo ordine” delle cose (è il termine utilizzato dal Socialismo) che sarebbe, migliore di quello naturale per le seguenti ragioni:

  • l’ordine di natura della Società non funziona per il fatto che l’uomo è dominato dai sui istinti perversi, i quali se non regolati “dall’alto” producono gravi danni alla comunità (alle persone stesse).

  • la parte razionale della mente sarebbe, appunto, superiore alla Natura (è l’idea alla base del pensiero illuminista, ossia del pensiero dominante attuale) e quindi la vita dell’uomo deve essere ridefinita in modo “artificiale”12 (secondo il Socialismo deve infatti essere creato un “ordine nuovo” della comunità sociale).

Si noti che la visione socialista si basa su un equivoco sulla Legge della sopravvivenza.

Infatti nel Socialismo si afferma che laddove non vi sia uno Stato che mantiene l’ordine tra i Cittadini questi, per la legge della sopravvivenza, tendono a danneggiarsi l’un l’altro (essi sostengono che il cane più grande mangia il cane più piccolo).

In questo caso si incorre in un equivoco importante: la Legge della sopravvivenza indica l’esistenza di un Istinto di sopravvivenza della specie, e non di un Istinto di della sopravvivenza dell’individuo (quest’ultima è una visione “egoistica” che non corrisponde, appunto, al significato scientifico della Legge).

la definizione di Socialismo

Il termine Socialismo significa, sostanzialmente, “sistema generalizzato di idee, valori e credenze, finalizzato a guidare i comportamenti collettivi verso l’obiettivo di un nuovo ordine politico”13

Il Socialismo differisce sostanzialmente dal Libertarismo per il fatto che alla base di esso viene posta che la Società sia una entità esistente di per sé. Mentre nel pensiero antico, ed oggi nel pensiero Liberale, ciò che esiste realmente sono solo le persone: la Società ed non esiste di per sé è unicamente un modo di indicare l’insieme delle persone della comunità (se si tolgono le persone, non vi è più una Società).

In altre parole, con

il termine Socialismo si indical’idea che la Società(in termini moderni: lo Stato)debba prevalere sulla persona.

Qui lo Stato è il Valore fondamentale, poiché diviene più importante delle singole persone.

Mentre

nel pensiero Libertarioè la persona che deve prevalere sullo Stato(sulle “ragioni di Stato”)

(questo sarebbe, in teoria, anche il principio sul quale si basa al Democrazia moderna, nella quale il Cittadino è indicato come Sovrano: che sta sopra a qualsiasi altro livello decisionale).

Quindi, in sintesi, per le ragioni appena esposte nella Social-democrazia la vita delle singole persone, per il loro stesso bene, è regolata “dall’alto”.

Qui nasce la incoerenza di base del modello Social-democratico: infatti

nel modello Social-demcoraticoSI AFFERMA DI BASARSI SULLA LIBERTÀ DELL’INDIVIDUO,ma si adotta un modello nel quale lo scopo è di“guidare i comportamenti collettivi“ dall’alto, ovvero diLIMITARE LA LIBERTÀ DELLA PERSONA.

la giustificazione del modello Social-democratico

La giustificazione della limitazione della libertà delle persone nella Social-democrazia è questa: le persone cedono spontaneamente una parte della loro libertà per ottenere in cambio dallo Stato maggior sicurezza (sicurezza sociale, sicurezza economica, ecc …).

Questa è l’idea sui ci si basava la prassi del Medioevo con la quale nel quale un villaggio si metteva sotto la protezione del Signore del luogo.

Il problema, in questo caso, è che di fatto:

1) questa cessione della Libertà non è affatto volontaria: potrebbe esserlo nel caso della prima generazione di Cittadini; ma i figli di tale generazione si trovano costretti a vivere in tale condizione di Libertà limitata.

2) in ogni caso, questo meccanismo di “cessione della Libertà” non è reversibile: una volta che ci sia stata effettuata questa “cessione volontaria” di parte della propria libertà personale lo Stato diviene l’Autorità che prende le decisioni per il Cittadino: e per quest’ultimo non è quindi più possibile prendere la decisione di uscire da questa condizione.

Un esempio: i Cittadini non possono più tornare alla precedente condizione del Villaggio che bada a se stesso (rendendo indipendente la piccola comunità originaria dallo Stato centrale): a quel punto lo Stato non libera più il Cittadino dei nuovi obblighi legati alla “sottomissione volontaria” (Leggi, Tasse, espropri, ecc …).

Si noti che questo tipo di accordo tra Cittadino è Stato, per la giurisprudenza moderna non sarebbe affatto valido dall’inizio, poiché non può esistere contratto che non preveda una clausola di recessione.

3) questo meccanismo di cessione della Libertà non ha limiti. Infatti una volta che si è messa la propria libertà nelle mani di un “Ente superiore”, tale Ente può decidere a sua discrezione quale e quanta libertà il Cittadino può godere. Ovvero il Cittadino non può più limitare una escalation di “esproprio” di libertà (non importa se la cessione iniziale è minima: il fatto è che la persona in tal caso ha ceduto alla Stato la sua libertà di scelta, e lo Stato, “volendo”, può quindi anche variare, appunto, qualità e quantità delle libertà delle Persone).

Fondamentalmente, il problema del modello Social-democratico è che con la sua applicazione si vengono a perdere le qualità sociali dell’essere umano (in particolare si perde la sua qualità di base di Individuo responsabile di se stesso, ovvero in grado di basare a se stesso – ed il senso di responsabilità nei confronti della Comunità sociale). E’ questa la ragione primaria per cui nella Social-democrazia viene meno il funzionamento fisiologico della Società (ovvero si crea caos sociale, insicurezza, povertà, ecc …).

Dal punto di vista storico, la prima applicazione del modello Social-democratico è stata lo Stato giacobino prodotto dalla Rivoluzione francese; che è stato successivamente evoluto da Napoleone nel suo Impero.

Importante osservare come lo Stato giacobino fosse definito Governo del terrore; e come sull’idea che la paura fosse l’unico strumento per poter mantenere un ordine nella società si basassero anche i primi modelli teorici di Stato, quello degli utopisti illuministi (come il Leviatano) e di Machiavelli (l’idea del Terrore è stata poi alla base del pensiero Marxista).

GLI ELEMENTI CHE DERIVANO DA UNA SPECIFICA CONCEZIONE DELLA VITA( VALORI )L’IMPORTANZA DEL CONCETTO DI LIBERTÀ

Nell’analisi del perchè della due forme di Democrazia Liberale e Socialista vediamo quindi quali sono gli elementi di base delle due forme di Pensiero politico (i Valori fondamentali).

Le due diverse visioni della vita dell’uomo (Liberal-democratica e Social-demcratica) viste in precedenza producono quindi due diversi modi di concepire la società: ovvero generano due filoni di idee più specifiche ad esse subordinate (Valori, Principi, Modelli, Regole/Leggi) con le quali si è arrivati ad organizzare due differenti tipi di società.

I VALORI DELL’UOMOINDISPENSABILI PER LO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ

Vediamo qui quali sono i Valori della vita impliciti nelle due forme di Pensiero (i Valori sono quella qualità che ci si auspica esistano alla base delle relazioni umane – sono cioè le qualità che si ritengono più importanti per lo sviluppo di una vita serena).

Si tratta di qualità come: compassione (empatia nei confronti dell’altro), consapevolezza di sé (capacità di comprendere ciò di cui si ha bisogno, e come fare per procurarselo), ecc …

Questi Valori esistenziali corrispondono a “Valori sociali” indispensabili, secondo le varie Filosofie o Ideologie precedentemente citate, per un buon funzionamento della società: Responsabilità sociale della persona (la persona è capace di comprendere quanto i suoi comportamenti influiscano, in negativo ed in positivo, sugli sulla vita delle altre persone), Capacita di fare la cosa giusta per il buon funzionamento della Comunità (la consapevolezza sociale, ed il senso di responsabilità, non sono sufficienti: la persona deve anche avere conoscenze che gli permettano di “fare” ciò che è necessario per la comunità), ecc .. .

Per comprendere meglio il ruolo di tali valori nel funzionamento della società, è necessario ricordare che, sia nel Liberalismo che nel Socialismo, si riconosce la necessità di una qualità fondamentale per l’uomo: la Libertà.

Nel Liberalismo (e nelle varie forme di pensiero pre-moderne – dai filosofi antichi alle Civiltà come Maya, Indiani d’America, ecc …) si vede la Libertà come condizione necessaria affinchè nell’uomo (e nella Comunità) si possano sviluppare i Valori di cui si è detto.

Ovvero, per il pensiero Liberale, solo quanto l’essere umano è libero di fare (quindi di sbagliare: secondo la nostra Scienza l’unico modo di imparare, di comprendere come sia meglio fare le cose, è quello della ”prova e correzione dell’errore”) esso può imparare a vivere (divenire consapevole e, in primo luogo, responsabile delle propria vita; e quindi acquisire una “consapevolezza sociale”, divenire socialmente responsabile).

Nel Socialismo (Social-democrazia) la qualità della Libertà è sì definita come fondamentale, ma di fatto non viene presa in considerazione nella gestione reale della società: anzi, la Social-democrazia si basa prorpio sulle limitazioni delle Libertà delle persone.

Vediamo, un po’ più nel dettaglio, le due differenti (opposte) concezioni di Società.

il Valore sociale Libertario: la persona

IL VALORE FONDAMENTALE È RAPPRESENTATO DALLA PERSONA.

LA PERSONA È IL FONDAMENTO DELLA SOCIETÀ UMANA:il valore della Società è quindi basatosul Valore delle Persone che la compongono.

Per questa ragioneLE PERSONE DEVONO ESSERE LIBEREdi sviluppare le loro idee in azioni, poiché solo in questo modoESSE DARANNO IL MEGLIO DI SÉ(per “gli altri”).

Il Liberalismo arriva a questa considerazione in seguito ad almeno due considerazioni rispetto alla Libertà della Persona: (1) una considerazione di tipo antropologico (che si basa sulle teorie della Scienza antropologica moderna; ed anche sul Principio di diversità); ed (2) osservazioni storiche (analisi dei casi di società basate sulla Libertà della Persona).

::(1) [tesi antropologica] – antropologia nel Liberalismo

Secondo la Scienza moderna ogni specie vivente sulla Terra segue le sue regole (siano esse presenti nel cervello dell’individuo alla sua nascita, o immesse durante in esso successivamente con l’educazione). Queste regole permettono alla comunità di individui (siano essi lupi o uomini) di godere, all’interno della comunità, di una vita ottimale.

La considerazione antropologica si basa sulla peculiarità della coscienza dell’uomo definita come “libero arbitrio”: i comportamenti dell’uomo, a differenza di quelli degli animali, non seguono regole pre-definite, “pre-registrate” nella sua coscienza sin dalla nascita (l’uomo non segue necessariamente istinti animali: ad esempio può perdonare altri esseri umani che abbiano danneggiato lui o la sua comunità).

Ovvero l’uomo, gode appunto, della facoltà della “libertà di pensiero”.

Questa facoltà permette all’uomo di avere un tipo di vita differente da quello dell’animale: esso è infatti, grazie a questa libertà di pensiero, in grado di ideare, e quindi di attuare, dei miglioramenti alla sua vita di comunità (creando, ad esempio, strumenti o metodi organizzativi).

Seguendo queste “regole” peculiari della vita dell’uomo la comunità umana prospera: le persone si sentono “realizzate” (provano Felicità, raggiungono una dimensione di sicurezza fisica ed “economica”, ecc …), e la comunità segue un percorso di progresso (ciò non avviene per gli animali, le cui comunità non sono cambiate in millenni di storia).

Questa libertà di pensiero è infatti la qualità della Creatività dell’uomo che gli permette di ideare strumenti, strutture organizzative che migliorano la sua vita (ovvero, appunto, la Libertà di pensiero è fondamentale per l’evoluzione della Civiltà umana – del Progresso).

La Libertà è considerata essere una dote naturale dell’uomo: esso nasce libero (non è necessariamente legato al branco), e la sua vita è caratterizzata dal Libero arbitrio: è fatta di continue scelte non necessariamente legate ai suoi istinti animali).

Se le scelte sono effettuate da altri, l’esistenza di una persona si svilupperà su binari preordinati, cosa che impedisce all’uomo di dare meglio di sé.

In questo modo infatti, l’uomo non è in grado di “fare esperienze” reali, ossia non può imparare a comprendere ed a fare le cose con l’unico modo di conoscenza possibile: quello della esperienza diretta delle cose (“prova e correzione dell’errore”).

In altre parole privando l’individuo della possibilità di scelta, si priva la società di un contributo determinante: la consapevolezza sociale della persona.

E’ importane comprendere come queste scelte non siano necessariamente le scelte giuste già dall’inizio: l’individuo può sbagliare. E’ proprio la “correzione dell’errore” commesso che gli permette, alla fine, di arrivare ad ottenere risultati ottimali.

Molti equivoci sulla comprensione del Pensiero liberalista nascono da una errata conoscenza del suo fondamento: dal punto di vista “sociale”

il concetto fondamentale del Liberalismonon è Libertà ma Responsabilità

(la Libertà è semplicemente una qualità di base necessaria per ottenere la Responsabilità della Persone). Il funzionamento delle società fondate sul pensiero libertario è infatti legato alla diretta responsabilità dell’individuo nei confronti della Comunità (ossia al senso pratico che porta la persona a sapere risolvere i problemi che riguardano la sua vita).

Il senso di responsabilità (la capacità della persona di operare fattivamente alla “gestione” della comunità) è prorpio ciò che viene a mancare nelle Società nella quali le Istituzioni si occupano di gestire la vita delle persone.

Un’altra Legge scientifica implicita nel Pensiero liberalista è la Legge biologica della Diversità. La qualità della biodiversità è ritenuta essere una garanzia della vita sulla Terra: solo l’esistenza di più individui dalle qualità differenti garantisce quella pluralità di apporti a quella che quella che conosciamo come vita sulla Terra (la necessità di preservare la Biodiversità è riconosciuta dalle Istituzioni internazionali).

La qualità della Diversità è considerata essere anche fondamentale per ogni sistema prodotto dall’uomo, come il sistema sociale (“Unità nella diversità” è il motto dell’Unione Europea).

::(2) [tesi storica] – osservazione storica dei risultati ottenuti dalle varie forme di Società

Oltre alle considerazioni antropologiche, il Libertarismo si fonda su un’altra considerazione scientifica: la valutazione dei risultati ottenuti nelle realizzazioni storiche del modello politico Libertario (e, per raffronto, dell’analisi dei risultati delle realizzazioni dei sistemi basati sul pensiero Socialista).

In sintesi: i Principi del Libertarismo sono stati applicati per decine di decine di migliaia di anni nella organizzazione delle comunità dell’uomo (mentre il Socialismo è applicato solo da un paio di secoli): analizzando tali forme di comunità “originarie” emerge come in tali contesti l’uomo si sentisse “realizzato” (felicità, sicurezza sociali, ecc …), e la sua Comunità seguisse una continua evoluzione, o “progresso”, verso forme di vita migliori.

Sostanzialmente nella vita tradizionale (del Villaggio) l’uomo era responsabile di se stesso, ovvero agiva in prima persona per “gestire” (in comunione con gli altri abitanti) la Comunità. Non c’erano, ad esempio, istituzioni che organizzavano “lavori pubblici”: i lavori per la comunità erano svolti da tutti, ed erano attuati solo quando i Cittadini ritenevano realmente opportuno attuarli (non c’erano Istituzioni che dicessero alle persone cosa e come si dovesse fare).

Questo tipo di organizzazione spontanea della comunità umana è presente anche nella razionalizzata Democrazia della antica Atene, e nella successiva Democrazia USA o in Svizzera (dove i villaggi di provincia conservano le stesse regole della Democrazia ateniese).

Mentre, d’altro canto, dal punto di vista storico, analizzando le forme di Socialismo nella Storia (Socialismo reale e Social-democrazia), partendo dal primo caso dello Stato giacobino realizzato con la Rivoluzione francese ai più recenti casi della Social-democrazia svedese, appare come in questi casi non si sia mai stati in grado di realizzare i Propositi iniziali.

Appare cioè come nelle realizzazione storiche della Social-democrazia si siano sempre ottenuti (1) da un lato (nell’immediato) limitazioni delle libertà personali, e quindi frustrazione, ovvero l’impossibilità di realizzare se stesso, per chi non aderiva all’Ideologia socialista (ricordiamo che nella Democrazia moderna la maggioranza è in realtà sempre, di fatto, una minoranza, tenuto conto di chi non va a votare perchè non convinto della bontà dei candidati disponibili). E come (2) nel medio periodo, nella Social-democrazia si sia sempre ottenuto il fallimento della Società: povertà maggior di quella preesistente, e caos sociale con ciò che ne consegue: pericolo di incolumità, in capacità di soddisfare bisogni delle persone, ecc ….

Si deve tener conto che in molti hanno sostenuto, ancora pochi anni or sono, la bontà di modelli “democratici” come quello venezuelano (di Chavez), che a tutt’oggi a prodotto fame e violenza.

In effetti, confrontando tale modello con quello della Social-democrazia svedese le intenzioni iniziali sono le stesse: Olof Palme, il premier che ha fondato Social-democrazia svedese – oggi ritenuta essere dai Social-democratici il loro modello guida – era un accesso sostenitore del Comunismo, tanto da effettuare la prima visita ufficiale alla Cuba di Fidel Castro (per incensare, e riconoscere ufficialmente, tale governo Comunista); ed era un forte sostenitore delle Cambogia comunista (quella dei crimini di massa forse storicamente più ingenti); ed ha voluto un legge razziale che imponesse ai Rom l’aborto oblbigatorio (i figli Rom che comunque nascevano venivano “sequestrati” dallo Stato svedese ed educati in appositi “collegi” secondo la cultura Svedese).

Riassumendo, dalla osservazione delle comunità umane che nella storia appaiono essere state in grado di garantire una reale “soddisfazione” (psicologica e fisica) delle persone si nota che esse sono state le Comunità prive di uno Stato. Nel Pensiero Liberalista si deduce quindi che il valore della Comunità sociale dipende interamente dal valore che le persone sono in grado di produrre quando vivono in una condizione di reale libertà (condizione che non è quella della Democrazia moderna attuale).

i Valori del Socialismo (Social-democrazia)

Mentre nel Libertarismo il valore fondamentale è la Persona, nel Socialismo (o “Pensiero di Sinistra”) il valore fondamentale è rappresentato dalla Società la cui influenza (ruolo pedagogico e di guida) è determinante per lo sviluppo della Persona (in termini stretti di dottrina politica, nella Social-democrazia il Valore fondamentale è rappresentato dallo Stato).

Di conseguenza, in tale contesto, la Persona è vista come necessariamente assoggettata alle Istituzioni (mentre nella dimensione libertaria una Istituzione governativa, se esiste, è assoggettata alle Persone).

In altre parole nella visione Social-democratica, poiché le persone non sarebbero in grado di gestire se stesse, queste non solo non possono avere di per sè un Valore, ma devono venir limitate nei loro modi di essere (nella possibilità di sviluppare una personalità in modo “libero” dalle direttive sociali è pericoloso per la Società). Di conseguenza, nella visione Social-democratica la Società può funzionare solamente quanto vi è una Istituzione che gestisce dall’alto le persone (si tratta di una visione prettamente paternalistica: ciò viene imposto alle persone – da altre persone – per il loro stesso bene).

Si noti che nella visione Socialista entra in campo un elemento che in precedenza semplicemente veniva considerano essere non reale, non esistere di per sè: la Società.

Al di fuori della cultura Social-democratica non esiste, di fatto, una entità definita Società, ma solo un insieme di persone che può essere definito società solo nel momento in cui esse danno luogo ad una comunità. La prova è (una delle tante) che venendo a mancare le persone (come nelle Ghost town), non vi è nessuna Società.

Ovvero su un territorio vi sono sempre stati inizialmente uomini senza società” (prima di creare una comunità), e solo successivamente essi hanno creato una Società; la quale è esistita come insieme delle volontà delle singole persone che la componevano.

Mentre nel Socialismo (termine che indica, appunto, l’idea che tutto debba essere subordinato alla Società) la Società assume una sua “volontà”, autonoma da quella delle persone che la compongono. Seguendo questo assioma (che in Marx assume le qualità di una profezia) nel Socialismo (Social-democrazia) si pone a capo della Società una volontà di per sé inesistente (in realtà si tratta di alcuni dogmi, Ideologie, creati dalla volontà di alcuni uomini).

Con il Liberalismo ci si pone l’obiettivo di correggere questa aberrazione, e riportare la Società in mano alle persone (ai “Cittadini”, togliendola di mano a quelle poche persone che ora la governano in nome di Idee metafisiche).

Questo valore assoluto della Società del sistema socialista porta, appunto, alla creazione di una Istituzione che governa le persone in nome di essa: lo Stato.

Lo Stato diviene quindi, anche nelle Social-democrazie più aperte all’opinione dei Cittadini, il detentore del potere (della Sovranità, la quale a parole nelle Costituzioni è attribuita ai Cittadino, ma nella realtà è assunta dallo Stato).

Ripetiamo: nel Socialismo (Social-democrazia) ciò sarebbe fatto a fin di bene, poiché l’esistenza di uno Stato-autorità sarebbe necessario per poter mantenere in ordine la Società (l’idea di base è quella utopistica del Leviatano, il “mostro” sovra-umano che manteneva in “armonia” la società – idea poi ripresa dai fondatori della attuale Democrazia europea, i Rivoluzionari francesi giacobini).

Nella visione “sociale” dell’uomo (Socialismo) lo Stato è quindi, appunto, una sorta di individuo super-umano, che sviluppa la sua “volontà” sui “suoi” Cittadini: ciò si evince dalle azioni che lo Stato si concede (tramite le sue Leggi), che secondo le stesse Leggi esso non potrebbe attuare: si fa pagare in modo forzoso, attraverso i tributi – impedisce ad una persona di leggere ciò che preferisce, con la censura; costringe le persone ad uccidere, con la coscrizione obbligatoria (in caso di guerra); ecc …..

I “MODELLI POLITICI”DELLE DUE STRUTTURE SOCIALI( LE DIFFERENTI CONCEZIONI DI LIBERTÀ )

In base agli elementi espressi in precedenza (modi di concepire la vita, e valori sui quali fondare una società), le due forme di Pensiero Liberalista e Socialista hanno creato dei “progetti” di Società (Modelli di organizzazione del Government) che, pur basandosi sulla carta sugli stessi principi, di fatto presentano qualità tanto differenti che spesso sono in conflitto tra loro.

Questi Modelli sono formati innanzitutto sulla base di Principi (oggi definiti anche come Diritti) che fungono da linee guida per sviluppare regole specifiche della Democrazia.

Il Principio fondamentale è, sulla carta, comune: la Libertà della persona (detto Diritto fondamentale dell’Uomo).

Ma, appunto, a tutt’oggi vi sono due diverse concezioni di Libertà.

:: Modello Liberale

Nel Libertarismo (modello adottato nella Rivoluzione Americana e tutt’ora in vigore sul territorio USA, ed in Svizzero)

si mette al centro la Persona: e quindi solo una persona può decidere cosa e come fare per portare avanti la Società; e solo una persona porre limiti alla libertà di un’altra persona

(ciò avviene, ad esempio, attraverso il giudizio di un tribunale fondato su giurie popolari come è nel sistema legale USA).

Ovvero, nel Liberismo nessun “ente superiore” può arrogarsi il diritto di dire alle persone cosa devono o non devono fare.

:: Modello Socialista (Social-democratico)

Nel Socialismo si propone una Libertà con un “però”,: quindi si propone una Libertà che è solo sulla carta. Poichè in questo caso si pongono delle eccezioni, e si finisce per ribaltare ribalta il concetto di Libertà (che però rimane come Dichiarazione di Diritti di facciata), annullandone, di fatto, il significato originario): partendo dall’idea che le persone non siano in grado di governare se stesse,

nella Social-democrazia si pone al governo della Società una Istituzione che dice alla persone cosa devono fare

(ad esempio: pagare le tasse per coprire spese decise dallo Stato, e quindi non legatedirettamente a bisogni dei Cittadini), e cosa non devono fare (ad esempio impedendo di leggere testi censurati). Ovvero nel Socialismo, paradossalmente, si persegue la Libertà delle persone limitandone la Libertà.

l’equivoco sulla interpretazione del termine Libertà

La differenza sostanziale tra la Democrazia Liberale (Liberalista – come quella instaurata in USA e Svizzera) e la Social-democrazia (gli Stati dell’ EU) risiede appunto in differenti interpretazioni del concetto di Libertà.

Treccani: Libertà: “La facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo.“ Dal punto di vista giuridico “(…) il diritto di ogni individuo di disporre liberamente della propria persona.”

Che cosa significa quindi Libertà ?

(si parla, in primo luogo, di Libertà di scelta: libertà cioè di poter ragionare con la propria testa, e quindi di scegliere nella vita, momento per momento, ciò che sembra essere il meglio da fare)

Ciò che non viene preso in considerazione nella Social-democrazia è che la Libertà è una qualità intrinseca all’uomo.

Ovvero che nella definizione di Libertà è implicito il fatto che tale qualità non può essere definita da altri, poiché in questo caso verrebbe meno per la persona la libertà di scegliere le caratteristiche della propria Libertà (laddove non vi è, a monte di tutto, una libertà di scelta, non si può parlare di Libertà).

In altre parole nel caso in cui altri definiscano (o gestiscano) la Libertà di una persona si è in presenza di una imposizione.

Rimane, ovviamente, da affrontare la questione fondamentale: la Libertà della Persona non deve limitare la Libertà di altre Persone.

Il fatto di cui si deve tener conto è che si afferma che la Democrazia è fondata sulla Libertà delle persone – Costituzione, Art. 13: “La libertà personale è inviolabile”. Lo stesso concetto è espresso anche con altre parole: la Democrazia si fonda sulla Sovranità dei Cittadini (sovrano = che sta sopra a tutto e tutti).

Sostanzialmente si parla quindi della Libertà (e della Democrazia) come una faccenda tra individui: la Democrazia è un luogo di “Cittadini liberi”, ovvero di Cittadini sovrani.

E per definizione, non possono esservi più livelli di Sovranità (solo una categoria di persone può “stare sopra a tutti gli altri”). Il che significa anche che solo quella Categoria di persone può disporre di una Libertà di scelta (potere decisionale).

Un’altra implicazione: solo le persone (i Cittadini sovrani) possono avere diritto di esercitare il Potere decisionale (una Dottrina, un ente non hanno gli stessi diritti di una “Persona fisica”).

Quindi, appunto, la Democrazia è un luogo nel quale le questioni vanno affrontate tra persone, ovvero tra i Cittadini sovrani (non possono mettersi in mezzo Istituzioni, che non sono fisicamente dei Cittadini, e non possono subire violazioni, e non sono in grado di giudicare se sia stata effettivamente una violazione della Libertà di una persona – solo chi ha subito l’azione potenzialmente lesiva può giudicare).

Ciò significa che l’unico modo veramente democratico per affrontare le questioni, è quello nel quale i Cittadini esprimono la loro volontà (ciò avviene anche, appunto, per le sentenze dei Tribunali nel sistema anglosassone, dove sono le persone a giudicare altre persone).

In base a quanto esposto, possiamo individuare nella visione “socialista” della vita di comunità una incoerenza di base.

Infatti

in Social-democrazia da un lato si afferma di voler garantire la Libertà delle persone, e dall’altro si definsice un sistema basato sulla limitazione delle Libertà

(l’idea è che lasciando libertà alle persone si crea caos nella società).

Tale incoerenza è rintracciabile in almeno due punti:

  • nel concetto stesso di attribuire ad un Ente (lo Stato) la facoltà di scegliere il tipo di Libertà (e la quantità) di cui una persona può godere.

  • nel voler garantire particolari diritti di alcune persone (scelte dallo Stato). In questo caso si tratta di privilegi che contraddicono i principi fondamentali adottati (anche, in particolare, uno dei principi cardine del Socialismo, quello dell’Uguaglianza, ovvero dell’Equità).

Sostanzialmente infatti, in questo modo, si limitano “dall’alto” i diritti di molti Cittadini per poter favorire altri Cittadini: si obbligano i primi non solo a limitare la loro Libertà, ma li si obbliga anche ad agire in modo contrario alla loro volontà (negando loro la libertà di scelta), come è nel caso del pagamento di tasse utilizzate per coprire spese per le quali tali Cittadini non hanno nessuna voce in capitolo, o del servizio militare obbligatorio.

Ciò può avvenire, appunto, perchè il Socialismo si fonda su una incoerenza (contraddizione) di base incentrata su un equivoco rispetto al termine libertà.

Si tratta di uno scambio di significati che risiede apparentemente sul piano verbale, il quale ha però importanti ripercussioni sul un piano concreto: nella Social-democrazia lo Stato finisce per agire in nome di una Libertà della persona con azioni “gestite dall’alto” (quindi non scelte dalla persona stessa) che poco ha a che fare con il vero significato di Libertà.

Si noti che, appunto, il fatto stesso che la Libertà di una persona non possa scegliere essa stessa la sua Libertà rappresenta, di per sé, un contraddizione, poiché in questo caso, di fondo, la Persona non può esercitare, già all’origine, la sua Libertà di scelta. Ovviamente qualsiasi espressione di “pubblica opinione” espressa in tale condizione di libertà non consisterà mai in una espressione realmente libera.

Un caso pratico: l’unico momento nel quale in una Social-democrazia i Cittadini avrebbero la possibilità di esprimere la loro volontà sarebbe nel momento del voto dei propri rappresentati: ma in realtà in questo caso i Cittadini non scelgono affatto liberamente, poiché essi possono solo “scegliere” tra poche persone in precedenza scelte dalla Classe politica.

Nella Dottrina socialista si afferma che questo modo di definire la libertà (una Libertà scelta dall’alto) sarebbe “giusto” perchè esso corrisponderebbe ad una forma di giustizia definita “a monte” del Principio di Libertà espresso nelle Costituzioni: una forma di giustizia indicata dal dogma ideologico socialista (si tratta, come si è detto, di un postulato: un principio adottato ma mai discusso a livello razionale – una affermazione “va presa così come viene enunciata”).

Ed è prorpio l’introduzione di questo postulato, di questa scelta a monte, giusta o sbagliata che sia, che rende il sistema della Social-democrazia difettoso nella sue fondamenta: infatti

nel caso della Social-democrazia si ha una Società che non è coerente con i suoi Principi costituzionali

Nella Costituzione della Social-democrazia italiana “la Libertà personale è inviolabile”. Ma poi, di fatto, basandosi sul postulato ideologico che l’essere umano non sia in grado di vivere libero all’interno della comunità, si realizza una società basata sulla limitazione delle libertà dell’Individuo (ossia una società fondata su una violazione delle “Libertà personali”).

Si tratta non di una considerazione morale, ma di una considerazione scientifica, funzionale: laddove non si rispettano i Principi di funzionamento di un sistema si ottengono risultati non imprevedibili, critici.

O meglio: di per sé l’idea Social-democratica della necessità di limitare la libertà degli individui per poter ottenere un ordine sociale potrebbe essere corretta (ma in tal caso comunque non si spiega come alcune persone possano avere al diritto di decidere come debba essere limitata la vita di altre persone).

Tale idea potrebbe infatti funzionare in un sistema dichiaratamente autoritario (ciò può essere giudicato solamente da eventuali risultati positivi ottenuti in questo modo la Società governata da Napoleone, tralasciando altre qualità negative, in effetti, era una società ordinata), che non può funzionare in una Democrazia che si basa sul “Principio fondamentale di funzionamento” dell’esercizio della Sovranità (autorità) dei Cittadini.

In altre parole, appunto, per una questione prettamente razionale: applicare un metodo che si basa sulla limitazione delle Libertà in un contesto fondato sull’esercizio della Libertà (fondamentalmente Libertà di scelta, ovvero partecipazione attiva e responsabile) è un errore “scientifico” che produce un malfunzionamento congenito del sistema

i Diritti (Principi) fondamentali della società civile

Entrando nelle idee più specifiche utilizzate dall’uomo per organizzare la sua società, in base ai Valori precedentemente enunciati vengono definiti, più “in pratica”, quali sono i Diritti di cui devono godere le Persone?

::diritto (libertà) di essere

Il Diritto che sta alla base di tutti gli altri diritti, detto in modo banale, è il Diritto di essere chi si vuole.

Visto “in negativo”, ciò significa che ogni Persona ha il Diritto che il proprio “essere” (fisico e psichico) non subisca intrusioni, violazioni.

Questa Libertà (Diritto) di essere una Persona secondo la propria volontà è riconosciuto come Diritto naturale, inviolabile sia nelle Democrazie Liberali (USA), sia nella Social-democrazia (“Carta Universale dei Diritti”). E, cosa di fondamentale importanza, si riconosce che a questo Diritto non possono esservi eccezioni (non si può limitare questo diritto in base a nessuna altra idea, o supposto diritto: Costituzione Italiana, Art. 13: “La libertà personale è inviolabile”.).

::diritto di possesso (Proprietà)

Al diritto di essere è strettamente legato il diritto della Persona di possedere dei beni in quanto estensione Persona (elementi necessari a garantire l’esistenza della Persona).

Ovvero nella Democrazia moderna si riconosce alla persona il diritto di possedere tali beni perchè:

1) si tratta di elementi necessari per la realizzazione di una vita nella quale la Persona si senta realizzata (soddisfa i propri bisogni psicofisici: si sfama, alleva dei figli, si sente Felice, ecc …).

2) ciò che si possiede è frutto del lavoro (fisico o intellettuale) del proprio essere (oppure è stato ottenuto legittimamente da altri, come attraverso una eredità, o un acquisto (fatto con denaro guadagnato dalla persona).

Il Diritto di proprietà viene riconosciuto nella Democrazia moderna con i seguenti argomenti:

1) La Proprietà “in origine”: come frutto del lavoro di “addomensitcamento” della Natura per renderla utile all’Uomo. – Per comprendere meglio la legittimità del possesso (vedi approfondimento) si deve andare all’origine delle cose: ossia quando l’uomo da individuo in continuo movimento (era raccoglitore e cacciatore) è divenuto agricoltore e allevatore ed ha cominciato a stabilirsi in alcune parti della Terra. A questo punto la Proprietà di una parte della Terra gli è stata riconosiuta come naturale, poiché

(a) quella parte di Terra era “in origine” priva di proprietario; e per poterla utilizzare

(b) esso ha dovuto lavorare sodo per trasformarla dallo stato “selvaggio” rendendola “produttiva” (per poter essere utilizzata dall’uomo ha dovuto essere disboscata, terrazzata, ecc … ).

In ciò, si noti, viene riconosciuto un valore sociale della Proprietà: dei frutti di tale lavoro può godere l’intera comunità, poiché da tale proprietà si avranno prodotti che scambiati con altri prodotti (baratti), o con lavori, di cui potrà godere l’intera Comunità (ad esempio l’artigiano potrà dedicarsi ad esercitare il suo mestiere poiché potrà avere il grano dal contadino).

2) La Proprietà come “Diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno” (Treccani). Disporre “in modo pieno” dei beni in proprio possesso significa, tra le altre cose, che il proprietario può decidere liberamente come utilizzare tali bene (purché tale uso non finisca per limitare le libertà degli altri proprietari). E significa anche che il possesso di tale bene da parte di altri può avvenire solo in base ad un atto volontario di cessione da parte del Proprietario; ossia tramite vendita, eredità, donazione, ecc …

Critiche all’idea di Proprietà. Nell’ottocento è emersa l’idea:il concetto “la proprietà è un furto”.

Con questo motto i Socialisti (Proudhon) intendevano indicare la “proprietà capitalista” (la “fabbrica”), e non il possesso di beni da parte di una persona. Proudhon con quel concetto si è scagliato contro le “politiche” del tempo, che espropriavano i “paesani” dei loro beni, e li costringevano quindi a lavorare (come “dipendenti”) nelle proprietà di altri (nelle Città industriali, nei latifondi, ecc …).

In questo modo il frutto del loro lavoro non poteva più essere, come era in precedenza, interamente loro, ma veniva, secondo questa nuova concezione del lavoro, “rubato” dal proprietario dei mezzi di produzione (in effetti in questo caso era stata compiuta una ingiustizia iniziale: la sottrazione della proprietà con l’inganno o con la foza.

QUALI SONOI PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLA DEMOCRAZIA?

Ricordando quindi che la Democrazia è un sistema razionale (basato sul logiche razionali) nel quale se non vengono rispettati i Principi di funzionamento si ottengono risultati inaspettati (ovvero si generano problemi), vediamo quali sono i Principi di funzionamento della Democrazia.

Dividiamo qui i Principi fondamentali della Democrazia in due gruppi:

  • Diritti naturali (sono i diritti riconosciuti come moralmente universali sia dal Liberalismo che – in questo caso solo sulla carta – dal Socialismo). E in

  • Principi istituzionali: quei diritti “meno universali”, ma che sono stati comunque ritenuti essere necessari per la Democrazia (si tratta, fondamentalmente, del concetto espresso come fattore fondante della Democrazia nelle costituzioni: la Sovranità del Cittadino).

Vi è una correlazione tra (1) Libertà, (2) Proprietà e (3) Sovranità del Cittadino. Sono tutti e tre elementi fondamentali della democrazia: ognuno dipendente dall’altro.

(1) La Libertà è la qualità della vita del Cittadino nella Democrazia (e nella condizione di vita della comunità tradizionale dell’uomo).

(2) La Proprietà è il fattore materiale che permette al Cittadino di realizzare una sua piena Libertà.

Nella Democrazia si riconosce cioè il fatto che non vi può essere reale Libertà del Cittadino se questi non ha gli strumenti, i mezzi materiali per produrre ciò che gli serve per vivere (le Proprietà).

La proprietà è stata un fattore determinante per il progresso dell’umanità: senza una proprietà l’uomo ritorna a quella condizione di vita del raccoglitore che ha preceduto la fondazione della Società civile di tipo moderno, nella quale l’uomo è passato alla condizione che lo distinguere dagli animali: il lavorare la terra per farla produrre a suo vantaggio (in precedenza esso aveva un atteggiamento passivo nei confronti della Natura: come gli animali, esso dipendeva dai “capricci” della Natura per il raccolto; non aveva un riparo sicuro per la propria famiglia; doveva continuamente spostarsi (lasciando indietro, a morire, gli anziani); ecc …

In altre parole solo con l’avvento di una Proprietà l’uomo ha cominciato a sviluppare una Civiltà: nuove tecnologie per rendere la sua vita più comoda (affrancarsi gradualmente dalla fatica del lavoro) e sicura (ed ha sviluppato la possibilità di sviluppare nuove relazioni sociali, che sono alla base della Civiltà).

Ovvero, appunto, senza la Proprietà l’uomo non è in grado di sviluppare un reale progresso (come vedremo, ciò che accade nell’applicazione dell’Ideologia socialista).

Nella Civiltà umana (3) la Sovranità del Cittadino è lo strumento istituzionale (politico) necessario al Cittadino per poter mantenere la sua Libertà, e per poter proteggere e gestire in modo efficace la sua Proprietà.

Laddove non vi sia una assoluta applicazione del Principio di Sovranità del Cittadino non si ha una Democrazia, ma una forma di sudditanza simile a quelle delle Tirannie.

i D I R I T T I N A T U R A L I

LIBERTÀ

Il concetto di Libertà è strettamente legato al concetto di Proprietà (argomento sviluppato nel prossimo capitolo).

La Libertà è il fattore “più fondamentale” per la realizzazione di una Società civile secondo ogni forma di pensiero moderno (almeno sulla carta).

(il presente capitolo è solo una sintesi di quanto esposto in altri punti)

E’ innanzitutto necessaria una premessa: vi sono due opposte concezioni di Libertà, che derivano da due modi di vedere la vita dell’uomo Socialista e Liberale (tradizionale).

La concezione liberale (tradizionale)

La concezione Liberale della vita sociale, che corrisponde a quella tradizionale dell’uomo (sviluppata per decine di migliaia di anni in qualsiasi comunità umana) vede il Mondo come basato sulla condizione di libertà di sviluppo degli organismi (e quindi degli esseri umani)

In altre parole in questa visione (la visone scientifica) si concepisce il Mondo come un insieme organico regolato da meccanismi “naturali” – meccanismi che non vengono regolati “dall’alto”, ma sono auto-regolati dalle azioni degli individui della comunità (ciò vale appunto dalle semplici cellule, agli organismi complessi come gli esseri umani). Ciò accade, in questo modo scientifico di vedere le cose, perché da qualche parte all’interno di tali organismi sono registrate le regole di comportamento “giuste” per poter ottenere un efficace sviluppo della comunità).

In tale visione quindi l’uomo tenderebbe spontaneamente al bene, perchè la sua coscienza sarebbe portata a produrre comportamenti in sintonia con il resto della comunità (in termini psicologici: l’uomo avrebbe la consapevolezza che una reale felicità può esistere solo se non si è prodotto infelicità dei membri della propria comunità).

Questa idea, si noti, coincide con la Teoria della conservazione della specie, secondo la quale vi sarebbe nell’uomo un istinto di conservazione della comunità: la coscienza umana produrrebbe cioè spontaneamente stimoli a “collaborare” con gli altri membri della comunità (una delle prove di tale fenomeno sarebbe nella attività di volontariato che caratterizzano le Società liberali).

Su questa visione del Mondo sono state fondate le prime due democrazie della Storia: quella della Antica Atene e quella degli Stati Uniti d’America.

La concezione Social-democratica

Nella nuova visione socialista (è nata solo qualche secolo or sono) si abbandona si abbandona la fiducia nella “intelligenza” della Natura e la sostituisce con una una fiducia totale nella ragione dell’uomo (in questa visione ideologica la razionalità della mente umana sarebbe superiore all’”intelligenza di biologica” della Natura).

Si deve considerare che, in effetti, la teoria Socialista nasce da un processo deduttivo che si limita ad analizzare i nuovi (nell’Ottocento) contesti urbani nei quali si è sviluppata una vita umana artificiale, altamente critica (limitata alla mera condizione di sopravvivenza, nella quale la felicità concepita nella tradizione è praticamente impossibile da realizzare).

Il problema del Socialismo, non è quindi nell’analisi di tale società (condivisibile anche dal pensiero tradizionale-liberale), ma è nell’indicare la necessità di perseguire una via di trasformazione di tale sistema sociale artificiale con un altro sistema artificiale (nell’idea di sostituire forme di autoritarismo con altre forme di autoritarismo).

Tra le tante contraddizioni esistenti alla base dell’Ideologia socialista (Social-democratica), come si è visto, vi è quella di indicare la Legge di sopravvivenza (detta in termini semplici, l’idea che “il cane più grosso mangia il cane più piccolo”) come fondamentale nella vita sociale. E di non tener conto che in realtà la Scienza ci dice che, all’interno delle comunità animali, è vero il contrario: tale legge è in realtà la Legge di sopravvivenza della Specie, per cui nelle loro comunità di lupi, tanto per fare un esempio, il cane più grosso evita di danneggiare il cane più piccolo, anche quando lo fa arrabbiare.

In conclusione per il Pensiero tradizionale e per quello Liberale (che su questo punto coincidono)

LA LIBERTÀ DELL’INDIVIDUO È LA RISORSA FONDAMENTALE DELLA SOCIETÀ UMANApoiché solo in presenza di tale condizione l’uomo è in grado di sviluppare nel modo migliore le sue capacità (il suo talento), e quindi di contribuire nel migliore dei modi allo sviluppo della sua comunità.

Secondo questo punto di vista (che in questo caso corrisponde anche al punto di vista della nostra Scienza), all’opposto quando l’uomo è privato della possibilità di sviluppare la sua vita secondo le sue inclinazioni (è privato cioè della possibilità di decidere per se stesso), si arresta il progresso della Società.

La Libertà dell’individuo è appunto la risorsa fondamentale della società perché essa permette alle persone di contribuire direttamente al buon funzionamento di essa (ed anche ad una evoluzione di essa). Mentre

laddove venga a mancare questa Libertà di base si congela il processo di correzione degli errori commessi e di conseguenza, per quanto fosse buona l’idea originaria, si arriva puntualmente ad una situazione di grave crisi

(situazione irrimediabile per il fatto che, appunto, a quel punto si è impoverita la risorsa fondamentale della Società, ovvero la capacità degli individui di ideare e realizzare soluzioni alternative a quelle definite dal Sistema in quel momento in crisi).

In altri termini

la Social-democrazia tende a creare una “Società di massa” nella quale gli individui non sono in grado di apportare quei contributi che invece essi apportano nelle comunità di tipo tradizionale.

Si parla degli organi amministrativi (composti da Consigli nei quali partecipano direttamente i Cittadini, i quali in tale sede prendono direttamente le decisioni), dei Tribunali (nei quali i Cittadini giudicano altri Cittadini in base alla loro coscienza, e non a leggi prodotte da altri), degli organi Legislativi (le Leggi in tali contesti sono appunto prodotte direttamente dalle sentenze emesse dai Cittadini), ecc …

Il problema che sta alla base della Social-democrazia, come si è detto, è primariamente di tipo culturale: la Social-democrazia nasce da una nuova visione del mondo (della vita dell’uomo), nella quale l’uomo sarebbe come un animale selvaggio e pronto a mangiare il cane più debole

Si tratta di una visione per nulla scientifica, che contrasta con le osservazioni scientifiche di tipo storico ed antropologico: in tale visione infatti si ignora il fatto che è sceintificamente dimostrato che nel branco di lupi vi è un atteggiamento collaborativo e nessun individuo danneggerebbe un altro individuo della stessa comunità (ciò sarebbe in contraddizione con il Principio di della sopravvivenza della specie, che indica in primo luogo l’Istinto di sopravvivenza del proprio branco: il lupo sa bene danneggiando un individuo della comunità, danneggia l’intera comunità).

In altre parole il problema di base della Social-democrazia risiede nel fatto che in essa si sostituisce la visione tradizionale della vita con una nuova visione “ideale” (un ideale negativo, poiché si vede un Mondo malvagio laddove in precedenza di vedeva un Mondo fondamentalmente orientato al Bene). E da questa visione astratta, a-scientifica, si trae la giustificazione per l’applicazione di una nuova forma di autoritarismo (di limitazione delle Libertà dell’individuo): poiché, in base alla nuova visione, le persone lasciate libere si seguire le proprie inclinazioni (negative), esse finirebbero per danneggiarsi l’un l’altra.

Per questa ragione sarebbe cioè necessaria, secondo l’Idea social-democratica, una Autorità che con una “gestione forte” della comunità umana mantenga un ordine sociale che si imponga all’ordine naturale società (si noti che il modello di riferimento delle Ideologie socialiste è il Leviatano, l’Utopia più importante dell’Illuminismo, secondo il quale per mantenere un ordine sociale ottimale sia necessario disporre di un “mostro” metafisico che induca terrore nelle masse – ancora oggi in Italia la paura nei confronti dello Stato è un ingrediente determinante per la gestione del Potere: si vedano, ad esempio, le strategie del Fisco)..

Dobbiamo ricordare come nel modello liberale (basato sulla Libertà della persona), al quale si è poi conttrapposto il modello social-democratico, la Libertà non è affatto assoluta (non è che in tale contesto ognuno possa fare “ciò che vuole” a prescindere dagli interessi della comunità). La Libertà del modello liberale è fortemente legata alla volontà degli altri membri della comunità (la differenza sostanziale è che nel Sistema social-democratico le persone sono costrette a seguire le regole imposte da leggi prodotte dallo Stato, mentre nei Sistemi liberali – come nelle piccole cittadine USA o Svizzere – sono gli stessi membri della comunità che “regolano” in tempo reale – attraverso le Assemblee pubbliche o i tribunali dei Cittadini – gli “eccessi” di Libertà di alcuni individui).

In altre parole nel caso Liberale si ha alla base non solo una effettiva garanzia di libertà dell’individuo (che, come si è detto, rappresenta un grande beneficio della Società); ma si ha una più efficace limitazione degli “abusi” dell’uso della Libertà (più diretto, mirato e rapido di quello esercitato dall’alto della Social-democrazia).

E’ quindi a causa di questa nuova visione della vita umana prodotta dalla dottrina socialista che oggi è in vigore una nuova concezione di Libertà, in contraddizione con la concezione tradizionale:

una nuova concezione retorica di Libertà utilizzata per giustificarela caratteristica di base Social-democrazia,che è quella di essere un sistema autoritarionel quale vengono annullati i Principi reale Democrazia.

il confronto tra i due significati di libertà

In sintesi, la Libertà nel significato tradizionale e nel Pensiero liberale (per intenderci: è il significato riportato nelle Enciclopedie) è Libertà da impedimenti, da interferenza da parte di altri nelle scelte di una persona che riguardano la sua vita.

Questo è, tuttora, il Principio universale di Libertà, poiché esso è accettato – sebbene solo sulla carta – anche dal pensiero social-demcoratico. Ed è anche la definizione fornita dalle scienze naturali (fisica): si ha la libertà di un oggetto quando questo è libero da vincoli.

Mentre

nella nuova concezione social-democraticala Libertà si basa proprio sulla creazionedi impedimenti ed interferenze da parte di altri,i quali ne snaturano il significato originario

(il significato scientifico).

Il nuovo significato di Libertà ha avuto una conseguenza effettiva sulla realtà: ha determinato una nuova forma di Libertà che è divenuta la base di una nuova società Democratica (la Social-democrazia).

Ovvero

la nuova concezione della Libertàha determinato una nuova forma di Democrazia (la Social-democrazia)nella quale si adotta una forma di Libertàche contraddice gli stessi principi della Libertà(che finisce per essere l’opposto di una reale Democrazia).

la concezione tradizionale di Libertà

Per comprendere meglio il significato di ciò, vediamo in primo luogo la concezione tradizionale di Libertà.

La Libertà dell’uomo è universalmente riconosciuta come: “la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo.“ Dal punto di vista giuridico è definita come “(…) il diritto di ogni individuo di disporre liberamente della propria persona.”14

Ovvero la caratteristica fondamentale della Libertà è l’autodeterminazione di tale condizione (la Libertà può essere solo il risultato di una “libera scelta”). In assenza di questa qualità non si può parlare di reale Libertà.

Il che significa che non vi può essere una Libertà definita da altri, poiché in questo caso verrebbe a mancare al qualità fondamentale: la Libertà di decisione dell’indiviudo (in altre parole: non si può concedere la Libertà a qualcuno).

Una riflessione: la “liberazione” dell’Italia alla fine della Seconda guerra mondiale, è stata procurata da altri, e non dagli Italiani stessi. Questo fatto rimane un difetto di fabbrica della Democrazia italiana, poiché gli Italiani in essa non potranno mai essere veramente liberi (“Liberi di decidere”).

libertà nella Social-demcorazia

La Libertà definita dalla Social-democrazia è invece di segno opposto a quella definita nella tradizione (e, sulla carta, accettata anche dal Pensiero social-democratico). E’ una condizione che, di fatto, contraddice il reale significato di Libertà.

Per il fatto che in Social-demcorazia si considera la condizione di reale libertà dell’individuo come una condizione pericolosa per la Società (le persone non avrebbero la consapevolezza necessaria per sapere quali sono le “libere scelte” da effettuare nella loro vita),

nella Social-democrazia si definisce quindi una nuova forma di Libertà che, per limitare tale ipotetico pericolo legato alla “Libertà reale”, limita la Libertà degli individui.

E questo nuovo Principio, grazie alla retorica prodotta dall’Ideologica socialista, viene ad essere proprio un vanto della Social-democrazia.

L’idea assorbita dalle coscienze dei Cittadini della Social-democrazia è infatti che ad essi convenga “cedere” una parte della sua Libertà (ossia di quello che in Democrazia si chiama Potere di decisione) ad un gruppo di persone che gestiscano la Società in loro vece, perché in tal modo essi verrebbero ad avere garanzie di ordine sociale (lavoro assicurato, servizi efficienti, poter circolare per le strade la sera senza il pericolo di essere aggrediti, ecc ..) che la società tradizionale non garantirebbe.

perché non funziona il modello di Libertà della Social-democrazia

Di fatto, come dimostrano le analisi storiche delle comunità umana, mentre nelle comunità umane tradizionali (i Villaggi) le persone godevano di tali garanzie (relativa abbondanza materiale, armonia delle interrelazioni sociali, e, sostanzialmente di felicità – come è riconosciuto dalla Costituzione USA), nelle realizzazione della Social-democrazia tali garanzie non si sono mai potute realizzare.

Ciò per molti motivi:

(1) In primo luogo esso non funziona per il fatto che la nuova concezione social-democratica di Liberà è in sé contraddittoria: si utilizza in tal caso il termine Libertà, che significa di per sé “libero da impedimenti e interferenze”, per indicare una condizione basata proprio su impedimenti ed interferenze.

L’importanza di seguire i Principi di un Modello sociale

(2) Ma più nello specifico, la Social-democrazia non funziona per il fatto che come abbiamo visto in precedenza, l’idea di cessione della Libertà del Cittadino proposta dalla Social-democrazia è minata alla base da un vizio capitale: in Democrazia la cessione della Libertà da parte di un Cittadino dovrebbe essere in ogni caso una libera scelta.

In altre parole nella Social-democrazia (eccetto forse che per la prima generazione di Cittadini), le persone, alla loro nascita, si trovano ad essere costrette ad accettare il fatto dover di cedere la loro piena libertà alle Istituzioni social-democratiche. Quando, in Democrazia:

(a) la cessione della Libertà dovrebbe essere volontaria (una libera scelta).

(b) e dovrebbe essere reversibile. Mentre, appunto, un Cittadino in una Social-democrazia non è più libero di scegliere di rinunciare alla sua condizione subordinazione alle Istituzioni social-democratiche (non è più libero di recuperare la sua condizione originaria di Libertà).

(3) Si è poi visto un altro vizio di base dell’idea social-democratica di cessione della Libertà da parte del Cittadino. Di fatto, per questioni legate ai meccanismi di interrelazione umana, non esiste la possibilità di cedere solo una parte della libertà (come si afferma invece nel pensiero social-demcoratico), poiché, come dimostrano anche le esperienze storiche, una volta che si è messa la propria libertà nelle mani di qualcun altro, tale tale gruppo di persone può decidere a sua discrezione quale e quanta libertà il Cittadino può godere (ossia può attuare una escalation di “esproprio” della libertà del Cittadino senza che questi si possa più opporre).

Si noti una ulteriore contraddizione interna al Sistema social-demcoratico: la giurisprudenza social-democratica considera (e persegue penalmente) la cessione della libertà personale di un idividuo. In questo caso di configura infatti, per la nostra legge, una condizione di schiavitù.

PROPRIETÀ

Proprietà: “Diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno” (Treccani).

Riassumendo, il Diritto fondamentale dell’uomo riconosciuto universalmente dalle società civili (da tutte le Società non caratterizzate da dispotismi) è il Diritto alla Libertà. Questo è il Diritto che è alla base di tutti gli altri diritti in Democrazia, ed è, fondamentalmente, il diritto di essere chi si vuole essere (o il diritto di non subire violazioni, intrusioni, della propria persona: del prorpio essere fisico e psichico).

Questo diritto, essendo esso il più fondamentale, non ammette eccezioni (non si può limitare questo diritto in base a nessuna altra idea, o supposto diritto: Costituzione Italiana, Art. 13: “La libertà personale è inviolabile”.).

Il Diritto di Proprietà è direttamente collegato al Diritto alla Libertà. E’ il diritto della Persona di possedere dei beni in quanto estensione Persona

Ossia nelle società dell’uomo basate sul diritto alla Libertà (come la Democrazia) viene accettata come naturale l’idea è che

1) i beni di Proprietà siano necessari a garantire l’esistenza della Persona (sussistenza materiale, e realizzazione di sè).

2) il possesso di tali beni sia legittimo poiché essi sono frutto del lavoro (fisico o intellettuale) della persona (si è preso possesso di beni in origine “di nessuno”; oppure che siano stati ottenuti legittimamente da altri, come attraverso una eredità, o un acquisto – fatto con denaro guadagnato dalla persona).

In un certo senso la Proprietà è l’equivalente materiale della Libertà (in primo luogo vi il diritto a possedere il prorpio corpo, e quindi il diritto a possedere ciò che si crea). Si riconosce cioè che la Proprietà è indispensabile per poter condurre una esistenza nella Libertà di essere chi si vuole essere (il Diritto alla realizzazione di se stessi).

la legittimità “in origine” delle Proprietà

Quale è quindi, secondo la Giurisprudenza moderna, il diritto per una persona di avere una proprietà (di possedere dei beni); di dire: questa cosa è mia?

Per comprendere l’idea di legittimità della Proprietà, è necessario partire dall’inizio: vedere come nasce nell’uomo l’idea di proprietà.

La Proprietà (il diritto di possesso di un bene) è infatti sempre stato, prima della Social-demcorazia, considerato essere “naturalmente” (ovvio) un diritto dell’Uomo. Così come appropriarsi della proprietà di una altro è sempre stato considerato essere una forma di violenza.

Perchè?

La questione fondamentale della Proprietà è nel termine chiave “possesso originario”: quel termine utilizzato anche in Giurisprudenza che indica il diritto di possedere una qualcosa se lo si è procurato in una situazione in cui esso originariamente non era di nessuno (era parte della natural “selvaggia”).

Per comprendere il significato di possesso originario è necessario analizzare la storia della proprietà.

All’inizio della Civiltà umana gli uomini erano raccoglitori (prima di imparare a coltivare la Terra essi si cibavano dei frutti che raccoglievano direttamente dalla Natura – la quale era appunto considerata essere “proprietà di nessuno”).

A questo punto della Storia dell’uomo si poneva quindi una questione di questo tipo se vi trovate in un bosco in una zona selvaggia, ovvero un terreno “di nessuno”, avete il diritto di raccogliere e mangiare un frutto? (in questo caso per negare tale diritto si può solo affermare che la Natura non va toccata – che nessuno ha diritto di prendere i “frutti della Natura”).

Di qui nasce l’altra questione: se vi siete messi in tasca un frutto per mangiarlo successivamente con calma (o per portarlo alla propria famiglia, come avveniva per i raccoglitori), e qualcuno vi sottrae il frutto senza il vostro consenso (vi è quindi, comunque, una violenza), questi ha il diritto di farlo? O tale azione può essere considerata un sopruso?

In queste due domande semplici domande si condensano le questioni fondamentali della Proprietà.

Nel pensiero dell’uomo, dalla sua comparsa sulla Terra, si riteneva appunto che (1) una persona avesse diritto di utilizzare ciò che offre la Natura. E che (2) una volta svolto “un lavoro” per raccogliere un frutto della Natura, tale frutto divenisse di proprietà della Persona che lo ha raccolto (e quindi, che nessuno avesse il diritto di toglierglielo).

Già all’epoca dell’uomo-raccoglitore vi era quindi un concetto di Proprietà in quanto frutto del lavoro di una persona (su risorse che non appartenevano a nessuno).

Anche se per i raccoglitori non esisteva ancora una questione di Proprietà in quanto terreno o casa, poiché essi si spostavano continuamente sul territorio (dovevano spostarsi quando avevano raccolto tutto quello che c’era da raccogliere in quel posto).

Ma quando l’uomo ha successivamente imparato a coltivare il terreno (e ad allevare gli animali), e si è quindi potuto fermare definitivamente in un luogo specifico (e costruirsi su di esso una casa, e coltivare un terreno) è nato nell’uomo l’idea di Proprietà privata come la conosciamo oggi.

Ossia a quel punto nasce l’idea di un diritto “ovvio” (naturale) alla Proprietà (sono molte decine di anni or sono).

Si noti che il non riconoscimento del diritto di Proprietà delle terre avrebbe significato un bloccare l’evoluzione della società umana: in tal caso gli uomini sarebbero stati costretti a rimane nella condizione di raccoglitori, non potendosi stabilire in modo definitivo su un terreno (saremmo oggi tutti “senza fissa dimora”, condannati a vagare per il mondo.

In questo caso, appunto, la questione chiave è quindi ciò che accade “in origine” in questo processo di presa di possesso di un bene.

IL VALORE ORIGINARIO DI PROPRIETÀvalore sociale delle Proprietà

La proprietà ha quindi in primo luogo un fondamento morale, e non “giuridico” o “politico”.

Sulla proprietà di basa da sempre (dalla comparsa dell’uomo sulla terra) la vita dell’uomo. E quindi, da quando l’uomo ha intuito che è meglio vivere “in gruppo” ed ha deciso di riunirsi con altre persone in una comunità, sulla proprietà si basa appunto la società dell’uomo.

Si è sempre attribuito un elevato valore morale alla Proprietà poiché essa era indispensabile all’uomo per mantenere se stesso, o meglio sua famiglia.

E non solo la Proprietà non danneggiava nessun altro (si entra in possesso di beni in precedenza di nessuno), ma la Prorpietà porta dei vantaggi all’intera comunità.

Il vantaggio fondamentale della Proprietà per la comunità è che, fondamentalmente, il Proprietario impegnandosi con il proprio estro ed il proprio lavoro per “addomesticare” un terreno in precedenza “selvaggio”, lo rende così utile per umanità.

Si tenga presente che tali lavori implicano elevate conoscenze e grande fatica nel rendere utile un terreno in precedenza selvaggio. È necessario disboscare, spianare, creare sistemi di irrigazione, sistemare il terreno creando terrazzamenti, muri, argini dei corsi d’acqua, ecc. Ed inoltre creare strade per arrivare al terreno. E quindi spianare il terreno per costruire la casa (tutti questi lavori devono poi essere svolti, in parte, ogni anno per manutenere la proprietà, poiché il terreno se abbandonato a se stesso, ritorna alla condizione selvaggia).

In questo modo si è utili alla intera comunità sotto molti aspetti:

– si finisce per creare una rete di strade e canali utilizzabili anche da altri membri della comunità

– la casa “privata” è, in un contesto tradizionale (rurale) una risorsa preziosa per la comunità. Offre riparo (si ospitano le persone a dormire si offre ai membri della comunità – e non solo – un riparo dalla pioggia; questi possono anche fermarsi a dormire nel fienile, come capitava spesso anche ai viandanti). Ma porta molti altri vantaggi legati a lavorazioni comuni del raccolto (come la trebbiatura).

– i prodotti della Proprietà, grazie alla trasformazione effettuata dal Proprietario, sono un bene per tutta la comunità. Ognuno dei proprietari ha infatti capacità e interessi diversi dagli altri, e finisce quindi per “specializzarsi” all’interno della comunità portando prodotti peculiari (chi impianterà alberi da frutto di un certo tipo, chi riuscirà ad allevare maiali per avere salami di qualità superiore, ecc…) Le varie proprietà nel loro insieme permetteranno cioè di migliorare la qualità della vita della comunità grazie alla disponibilità di nuovi prodotti (nasce infatti all’interno della comunità lo scambio di beni: un tempo scambiati tramite il baratto: con altri prodotti o in cambio di prestazioni di lavoro).

Quindi, sostanzialmente,

è attraverso la Proprietà che l’essere umanoè in grado di sviluppare il suo valore (talento),e di produrre valore per la società

(ovvero è grazie al sistema della Proprietà che la Società sviluppa un progresso).

Le proprietà nella comunità tradizionale non è solo fatta di di terreni, ma, in epoche più recenti, consiste anche in tipologie di proprietà come il laboratorio dell’artigiano, che grazie al baratto può procurarsi gli alimenti prodotti da altri (in realtà ogni artigiano era comunque dotato di un orto e di animali da cortile).

Nel diritti di proprietà rientrano anche gli strumenti di lavoro che servono al contadino (o all’artigiano) per produrre bene (come l’aratro, la zappa, il carro; ed anche gli animali come i buoi).

Sottrarre tali strumenti al proprietario è quindi considerato essere una appropriazione illegittima (un furto) per il fatto che in quel modo si impedisce ad esso di svolgere al meglio il suo lavoro: si impoverisce la sua famiglia, ma anche, per ricaduta, l’intera comunità.

Per tali ragioni ogni Proprietà di terreni, case, strumenti era considerata essere una valore assoluto (intoccabile, da difendere a qualsiasi costo) da tutti i membri del villaggio.

Come si vedrà più avanti, la proprietà aveva anche un valore sociale fondamentale per il fatto che essa induceva al possessore di proprietà all’interno della comunità un forte senso di responsabilità anche nei confronti “bene comune”: l’abitante delle comunità si sentiva responsabile diretto del bene comune della comunità poiché lo considerava come una estensione necessaria per la sua proprietà personale.

Si noti che quando si parla di valore morale della Proprietà non si parla solo di aspetti materiali, ma anche di aspetti psicologici e “spirituali”.

(Si veda in altro punto: la Proprietà nella comunità tradizionale era anche il luogo nel quale erano seppelliti gli avi).

..

la proprietà come fondamento morale della Società

La Proprietà è quindi il fondamento della società tradizionale.

Senza la proprietà non si sarebbe potuta sviluppare l’agricoltura (nessuno avrebbe mai pensato di lavorare duramente per trasformare un terreno selvaggio sapendo poi che altri avrebbero potuto prenderne possesso), e quindi non vi sarebbero mai stati i Villaggi (l’uomo, senza l’agricoltura, sarebbe state condannato al nomadismo dei raccoglitori).

Senza la proprietà non si sarebbero potute sviluppare le famiglie allargate (come minimo gli anziani non avrebbero potuto seguire il resto della famiglia nei trasferimenti – come per gli Indiani americani, gli anziani si sarebbero lasciati morire ad un certo punto della loro vita). L’uomo non si sarebbe sforzato di sviluppare mestieri sempre più sofisticati; non si sarebbero potute inventare oggi indispensabili: non vi sarebbe stata tecnologia

Si parla delle invenzioni che oggi permettono di rendere molto più facile la vita dell’uomo: dalle tecnologie più semplici (forchetta, sedia, ecc …) fino all’aereo e al computer.

Non si sarebbero potuti allevare gli animali (senza la tecnologia del fieno, che gli agricoltori hanno imparato a riporre nella stalla per l’inverno, era necessario portare gli animali al sud, in luoghi nei quali la neve non potesse arrivare). Non si sarebbero mai creati mulini, strade, ponti, ecc … .

Senza la proprietà non sarebbero cioè potuti nascere i lavori specializzati, non vi sarebbe potuto essere alcun progresso.

Per tali ragioni laddove viene a mancare la concezione tradizionale di Proprietà, vengono a mancare i fondamenti della società.

La crisi della Società modernaderiva proprio dalla trasformazione del concetto di proprietà

(dalla perdita del senso di proprietà sia a livello della cultura istituzionale – e quindi della giurisprudenza – sia, di conseguenza, a livello della coscienza del singolo).

l’importanza del “senso di proprietà”

Il senso di Proprietà è un fattore determinanteper lo sviluppo della società dell’uomo.

Sono il senso della Famiglia e della Proprietà, che portano la persone ad impegnarsi per curare “il territorio” sul quale essi vivono (ovvero per gestire nel modo migliore possibile la Società).

La Proprietà è una responsabilità (è una legge biologica, non politica): il possedere qualcosa rende l’uomo responsabile (se si vuole rinunciare alla responsabilità è necessario rinunciare alla proprietà di quel qualcosa; di contro, se si da ad un individuo fino ad allora “Irresponsabile” una proprietà, lo si rende responsabile):

Tale sentimento virtuoso deriva dal fatto che la persona che diviene proprietaria di un bene non solo si sente di possedere quel bene materiale, ma percepisce anche il suo ruolo di responsabile di una qualcosa che appartiene ad un famiglia allargata (ai vari parenti ed affini), che, cosa molto importante, si estende nel tempo (avi e discendenza). Nella Società tradizionale, l’individuo che ha in carico una proprietà è cioè consapevole di ricevere in affidamento un bene che non solo è stato curato con impegno dai suoi antenati (ha sentito il nonno raccontargli di fatti importanti, “eroici”, del passato), ora sepolti nel terreno della Comunità; ma è anche consapevole del fatto che i suoi figli, e tutte le generazioni future, fruiranno di tale bene (vedi più avanti).

LA CONCEZIONE ATTUALE DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ

Quindi la proprietà è un fattore fondamentale del funzionamento della società, direttamente collegato al Principio della Libertà:

laddove non c’è un rigoroso rispetto della Proprietà non c’è Libertà.

(Si ricorda che, appunto, nella Social-demcorazia vi sono regole che penalizzano seriamente la Proprietà).

Ovvero senza la Proprietà la Società viene a perdere il suo “motore” fondamentale, che genera (o comunque supporta) attitudini delle persone che sono risorse per la società (spinge le persone ad agire in favore della comunità). E porta a quella responsabilizzazione delle persone (anche nei confronti del “bene comune”) che è alla base di quell’ordine spontaneo della società che ha permesso alle comunità umane dalla loro comparsa sulla Terra sino ad oggi di funzionare (dove hanno mantenuto il loro assetto tradizionale): producendo sempre maggiori comodità nella vita delle persone, e permettendo alle persone di realizzare se stesse (o, come si dice negli atti della fondazione degli Stati Uniti, ha permesso all’uomo di realizzare la sua felicità).

Per queste ragioni la Proprietà è riconosciuta dalle Democrazia moderne come Diritto naturale dell’uomo. Ossia, come afferma la nostra Costituzione, si riconosce il fatto che

il Proprietario ha dirittodi godere e disporre delle cose in in modo pieno ed esclusivo“.

Disporre in modo pieno di un bene significa che il proprietario può decidere liberamente come utilizzare tali bene (l’unico limite a questo diritto è dettato dal diritto alla libertà delle altre persone: tale utilizzo della proprietà non deve danneggiare altre persone). E disporre in modo esclusivo della propria Proprietà significa che il proprietario può decidere liberamente cosa fare della sua proprietà: esso ha infatti il diritto di utilizzare, e di trasformare, i beni in suo possesso senza che altri possano interferire con questo diritto

In assenza di questa qualità della Proprietà specificate dalla Costituzione – utilizzo pieno ed esclusivo – viene infatti a cadere il Fine della proprietà: (1) la proprietà come estensione della persona, a quest’ultima indispensabile per poter vivere; (2) possibilità della società di godere dello sviluppo della qualità soggettive della persona (talenti) possibili solo grazie alla Proprietà.

Senza un pieno rispetto delle Proprietà, appunto, la Società è minata alla base, ed inizia una fase di decadenza.

LA DECADENZA DELLA SOCIAL-DEMOCRAZIA CAUSATA DALLO SRADICAMENTO DELL’UOMO DALLA PROPRIETÀ

Come si è accennato, la Proprietà (nella sua concezione tradizionale) non è funzionale alla Social-demcorazia, che quindi tende ad annullarla (per lo meno ad annullarne il valore – ma, vedremo, in molti casi le Istituzioni Social-democratiche ignorano di sana pianta il Diritto di proprietà; che pure è espresso nella costituzione).

Ciò avviene, fondamentalmente per il fatto la Social-democrazia si basa sulla “gestione” (controllo) dall’alto delle persone (in opposizione alla Società tradizionale – Liberale – che si fonda invece su un ordine spontaneo – dal basso – prodotto, tra le altre cose, dal un senso di responsabilità delle persone legato all’esistenza di una Proprietà).

Ovvero poiché la Social-democrazia funziona unicamente quando essa riesce a “controllare” dall’alto la vita dei Cittadini, per potersi sviluppare essa deve necessariamente limitare la libertà dei Cittadini. Ed essendo, come si è detto, la Proprietà direttamente legata alla Libertà della persona, la Social-demcorazia si trova costretta a limitare anche il valore (economico e morale) della Proprietà.

In altre parole la Proprietà è, come la Libertà, una fonte di autonomia, di indipendenza: e la Social-democrazia ha invece bisogno di Cittadini “facilmente gestibili”, ossia di persone “sottoposte” alla autorità (di persone “dipendenti” dalle Istituzioni).

Per questa ragione, tra le altre cose, la Social-demcorazia utilizza il Welfare social-demcoratico (dal sistema del Welfare la Classe politica ottiene i finanziamenti; ed il consenso elettorale, ovvero il Potere).

la nuova concezione di Proprietà in Social-demcorazia

Se la Social-democrazia lasciasse vivere le persone nella loro condizione tradizionale di reale Libertà e Proprietà, essa proprio non potrebbe esistere.

La Social-democrazia è cioè costretta a trasformare la società tradizionale nei suoi valori fondanti: da una società di persone responsabili di se stesse (che agiscono in prima persona nel gestire la loro vita), con la Social-demcorazia si passa infatti ad una Società di persone “dipendenti” .

Le persone divengono dipendenti in tutto e per tutto – materialmente e psicologicamente: esse, perdendo il senso di responsabilità nei confronti di se stesse, divengono dipendenti dalle Istituzioni; o da “esperti” per ogni aspetto della loro vita privata e sociale. E divengono ipendenti, in grande maggioranza, per quanto riguarda l’inquadramento lavorativo: da Proprietari del loro lavoro divengono dipendenti salariati.

L’annichilimento del valore della Proprietà avviene, in Social-democrazia, sia a livello culturale (inducendo nuove convinzioni ideologiche ideologici che arrivano a ribaltare i valori tradizionali di Proprietà – e di Libertà); sia a livello economico.

Dal punto di vista economico la riduzione del valore delle Proprietà viene attuato, in Social-demcorazia, con due metodologie:

1) riducendo, con l’urbanizzazione della vita dell’uomo, la perdita della tradizionale produttività della Proprietà.

Questo fenomeno viene inizialmente attuato nell’800 dai nuovi operatori del Mercato, che avevano la necessità di avere a disposizione persone disposte a lavorare per salari molto bassi: ossia di persone che abbandonassero i luoghi tradizionali di residenza – i Villaggi rurali – per raggiungere le città in cerca di lavoro.

Ciò avvenne in grazie a gravi abusi, come espropri forzati delle terre dei villaggi, che costrinsero le persone ad abbandonare le loro terre d’origine. La Social-demcorazia ha ereditato la gestione di questo fenomeno.

La perdita di “produttività” della Proprietà è, come si è detto, una perdita dei fattori di buon funzionamento della Democrazia: con essa si perde non solo la responsabilizzazione del Cittadino nei confronti della comunità, ma anche la sua effettiva capacita “di fare” (di badare a se stesso), ecc … (vedi capitolo “la democrazia dei proprietari”).. Si ricorda infatti che i modelli di reale Democrazia – Atene, Svizzera, USA – si basano su Cittadini che posseggono Proprietà produttive.

2) applicando il metodo della redistribuzione delle ricchezze, con il quale la Social-demcorazia diminuisce il valore della proprietà (la re-distribuzione delle ricchezze è una sorta di re-distribuzione delle proprietà – si veda capitolo più avanti)

In effetti la proprietà nel mondo moderno è completamente differente da quella di una condizione antica, più naturale, “biologica” della vita sociale.

La forma antica di Proprietà era infatti un qualcosa di produttivo che permetteva alla persona (alla famiglia) di sostenere la propria vita *sostanzialmente si trattava di cascina con l’orto e animali da cortile, stalla con animali, terreni per coltivazioni estese, strumenti di lavoro, ecc …).

Oggi invece le Proprietà di una persona sono per lo più beni dalle valenze praticamente opposte, come l’alloggio, l’automobile: le Proprietà perdono la qualità di strumenti di sostegno della vita umana. Anzi, nelle forme più avanzate di Social-democrazia, tali tipologie di proprietà sono un notevole peso economico a causa di normative e tasse (comprese le tasse di successione).

Tali proprietà, per il fatto che i proprietari non sono più auto-sufficienti (non sono più in grado di manutenere da s[ i beni in loro possesso), divengono inoltre fonti di forti spese di manutenzione.

Si potrebbe definire il tipo di Proprietà tradizionale come Proprietà di sostentamento (sostentamento diretto), e la Proprietà nella concezione attuale (alloggi, auto, ecc…), come Proprietà passive.

Non che queste ultime forme di Proprietà tipiche della Società moderna non siano un importante diritto della persona, ma le nuove forme di Proprietà mancano comunque, rispetto alle Proprietà di tipo tradizionale, di quelle qualità fondamentali che facevano di essa il fondamento di una società funzionante.

il processo di decadimento della Proprietà

Questo annichilimento del valore della Proprietà (collegato alle limitazioni delle libertà personali) è il difetto di fabbrica della Social-democrazia.

Un difetto che porta la Social-democrazia ad essere intrinsecamente fallimentare (come si vede in alto punto il difetto di fondo della Social-demcorazia è che essa si scava sistematicamente il terreno da sotto i piedi).

Il fattore di decadenza apparentemente più evidente è la conseguenza principale del metodo di ri-distribuzione delle ricchezze che è il fondamento della Social-demcorazia: l’esaurimento delle ricchezze a disposizione della società (fenomeno che si verifica nelle fasi più avanzate dello sviluppo della Social-democrazia, come quella attuale in Italia).

Ma, a livello più profondo, il problema è di tipo morale: la perdita del valore tradizionale della Proprietà.

Il problema è generato da un vizio di fondo dell’ideologia Social-democratica. Come tutte le Ideologie essa si basa su idee “astratte” che non corrispondono alla realtà effettiva (ad esempio in tale forma di Democrazia alla “Economia reale” si sostituisce una Economia politica basata su modalità creative che prescindono dalle “leggi scientifiche della realtà”).

Questa qualità negativa intrinseca alla concezione della Social-democrazia porta la Classe politica social-democratica a pensare di poter operare su un piano non reale. Ovvero conduce le Istituzioni social-democratiche all’idea di poter sostituire la Cultura e i Valori tradizionali (che nella Social-demcorazia devono essere appunto eliminati affinché le Istituzioni possono gestire dall’alto i Cittadini) con valori intellettuali creati ad hoc.

In questo i modo valori fondanti della Società umana registrati in modo profondo a livello psicologico (inconscio) nell’essere umano che vive nella dimensione di vita tradizionale, i quali sono stati per millenni in grado di guidare le persone (per il fenomeno dei riflessi condizionati) a sviluppare un ordine sociale funzionante, sono sostituiti da nuovi principi dogmatici (“Intellettuali”) che non sono in grado di rendere “Cittadini socialmente consapevoli” come ci si aspetta nell’Ideologia social-democratica.

Vedi in “La manipolazione delle masse” l’idea della Ideologia socialista (applicata nei paesi del Socialismo reale) che si possa rendere gli uomini moralmente corretti attraverso forme di programmazione mentale.

In questo modo a livello di coscienza delle persone si perdono, tra le altre cose, i valori tradizionali come le virtù descritte nell’antichità in documenti come i !a Comandamenti. E la coscienza umana sviluppa nuovi “valori” come la scaltrezza priva di scrupoli adottata oggi dalle Istituzioni politiche e dal mercato (nella quali, appunto, si è generata una sorta di meritocrazia al contrario).

Una delle perdite più significative in questo processo di “Rivoluzione culturale” attuato dall’Ideologia Socialista (social-democratica) è, appunto, la perdita del valore della Proprietà (per le ragioni a cui si è accennato in precedenza: in primo luogo la necessità di avere a disposizione un individuo “dipendente”, perché incapace di occuparsi di se stesso).

Tale perdita porta ad un decadimento della Società in quanto perdita dell’ordine sociale che l’uomo è stato, da sempre, in grado di garantire spontaneamente alla sua comunità. Nella nuova dimensione, venendosi a perdere il “motore” fondamentale della Società (la responsabilità delle persone nei confronti della loro proprietà), si crea appunto povertà, inefficienza dei servizi, gravi pericoli per l’incolumità fisica delle persone, ecc ….

In altre parole venendosi a perdere il valore tradizionale di Proprietà, (il valore “produttivo”, i valori affettivi a livello di famiglia estesa, ecc …) si viene a perdere all’interno della comunità umana il senso di responsabilità che le persone tradizionalmente avevano nei confronti del Bene comune (vedi prossimo capitolo). Con la nuova impostazione mentale delle persone si viene cioè a perdere quella attitudine dei membri della comunità sociale a produrre azioni spontanee “sostenibili” a vantaggio della comunità.

(sintesi) LA QUESTIONE DEL BENE COMUNE

In questo capitolo vi è una sintesi di un prossimo Capitolo “La questione del bene comune”.

Nella Società tradizionale ciò che non è Proprietà privata è bene comune (di diretta proprietà degli abitanti della Comunità); mentre nella Social-democrazia tale “cosa pubblica” è di proprietà dello Stato.

Come si è detto, un fattore di fondamentale importanza per il buon funzionamento della Società è la concezione del bene comune, la quale differisce notevolmente tra la Cultura tradizionale e la Cultura socia-democratica (argomento approfondito in un prossimo capitolo – “il ruolo dello Stato”)

In altre parole la concezione di Proprietà ha importanti implicazioni per ciò che riguarda il Bene comune della comunità (la Proprietà, nella sua concezione originaria, era è un modo naturale per suddividere la responsabilità dei Cittadini rispetto al territorio in cui vivono).

Vediamo le due diverse concezioni di Bene comune.

Nella tradizione, nella quale la Proprietà conservava i valori originari, il Bene comune (quella parte del territorio che non è proprietà privata di un singolo individuo) era un bene di proprietà diretta degli abitanti del luogo (era considerato essere una estensione delle Proprietà personali). Una vera e propria “Proprietà privata comune”, condivisa; della quale ogni abitante della comunità fruiva come se fosse la sua proprietà personale: godendone di benefici ma anche manutenendola direttamente.

Mentre nella Social-demcorazia, nella quale si sono perduti i valori tradizionali della Proprietà, si ha una nuova concezione di Bene comune totalmente differente dalla concezione precedente. Concezione che si basa sull’idea che ciò che non è direttamente di proprietà di una persona, sia di proprietà dello Stato.

La concezione tradizionale di bene comune è il fattore che ha fatto funzionare con efficacia le Società tradizionali dell’uomo. Mentre la nuova concezione social-democratica, con il passaggio della Proprietà del Bene comuni nelle mani dello Stato, ha portato da un lato alla de-responsabilizzazione delle persone nei confronti di esso (della Società in generale), e quindi ad atteggiamenti sociali insostenibili; e dall’altro lato ha portato ad elevato livello di inefficacia delle istituzioni preposte a sviluppare quei servizi che dovrebbero surrogare i “servizi spontanei” della società tradizionale.

Tutto ciò ha implicazioni importanti su fenomeni negativi come quelli dell’immigrazione clandestina (vedi in altro punto): mentre un tempo i Cittadini concepivano il territorio come un qualcosa di loro proprietà (ossia del quale potevano, come indica la Legge, usufruire di esso in modo “pieno ed esclusivo”), oggi, con l’idea che il territorio nazionale sia di proprietà dello Stato, si genera una situazione nella quale la Classe politica può liberamente effettuare operazioni di “ingegneria sociale” tipiche, ad esempio, dell’Unione Sovietica di Stalin.

LA DEMOCRAZIACOME ASSOCIAZIONE DI PROPRIETARI(UN SISTEMA DI PROPRIETARI E NON-PROPRIETARI )

Vi è un problema piuttosto complesso alla base delle Democrazia: essa nasce come “associazione di proprietari” e sembra poter funzionare solo quando si basa su tale concezione.

La Democrazia ha infatti origine da una associazione volontaria di proprietari che avevano intenzione di gestire i loro beni come bene comune (nei secoli scorsi ciò è avvenuto in particolare nelle aree dedite alla pastorizia, come l’Inghilterra pre-industriale; e in Svizzera, deve, appunto, la Democrazia è appunto nata come unione di proprietari terrieri).

La Social-democrazia (ovvero l’accettazione da parte dei Cittadini della Social-democrazia come sistema migliore di quello della Democrazia reale) si basa su alcuni equivoci di base sui concetti di comunità, proprietà, condivisione, cooperazione, ecc …

Tra questi equivoci quello relativo all’importanza delle Proprietà sembra essere fondamentale: infatti in Democrazia la Proprietà non è solo l’elemento fondamentale da difendere (il diritto di essere che è anche diritto di possedere per poter essere veramente se stessi, per poter realizzare la propria vita). Ma l’assenza di una proprietà da parte de Cittadini sembra inoltre essere una delle cause principali del fallimento della Democrazia europea (in particolare ciò sembra prodotto uno dei fatti negativi più importanti della attuale Democrazia: l’assenza di senso di responsabilità civile – o di impegno nella partecipazione alla vita politica – da parte dei cittadini).

Si veda in proposito, nel prossimo capitolo, una analisi delle ragioni per le quali la Democrazia, in assenza di una Proprietà da parte dei Cittadini sembra non funzionare (mentre essa ha funzionato laddove invece era basata sulla su Cittadini-Proprietari, come nella Antica Atene, negli USA e in Svizzera – appunto nelle cosiddette Democrazia liberali)

Tornando all’origine della Democrazia, l’idea di base dei creatori era, a livello “filosofico” di creare una sistema ottimale di soddisfazione dei bisogni (che sono in gran parte immateriali). Ma, all’atto pratico, nell’immediato i creatori della Democrazia hanno voluto creare un sistema che permettesse di utilizzare al meglio lo proprie risorse, ovvero le loro proprietà (si tenga conto che le loro “ricchezze” che oggi sono, per lo più, somme di denaro depositate in banca, allora erano proprietà immobili).

Ciò significava, in molti casi, mettere in comune una parte delle proprie proprietà (e del loro lavoro) creando una “associazione di proprietari” orientata, appunto, a far “produrre” al meglio le varie proprietà (si tratta di una comunità nel senso tradizionale, come quella del Villaggio: una comunità nella quale i proprietari rimangono in ogni totalmente tali, prendendo comunque in prima persona le decisioni riguardo ad esse; e nella quale gli associati volendo possono, in ogni caso possono, non partecipare a tale sistema).

A questo proposito è importante rilevare un profondo equivoco sulla concezione di comunità umana, che produce le due differenti forme di Democrazia-liberale (basata sulla concezione tradizionale di comunità) e di Social-democrazia (basato sulla concezione “ideale” di comunità).

Come si è accennato infatti, sebbene nelle comunità dell’uomo tradizionali (quelle che conosciamo come Villaggi, poi riprodotte nelle Democrazia liberali Ateniese, Svizzera e USA) fossero basate su un profondo spirito comunitario, nella visione Social-democratica, per le ragioni che vedremo, si considera la società come luogo caratterizzato dall’individualismo.

Questo spirito comunitario è ancora oggi alla base delle comunità rurali, dove gran parte dei lavori sono svolti “in comunità” – fermi restando diritto e senso di proprietà. Ciò vale sia per i lavori di routine (come mietere/trebbiare il grano) sia i lavori per i lavori straordinari.

In tale comunità è quindi possibile notare come con tale concezione della comunità i lavori (“in team”) possano essere svolti meglio, ed in modo molto più piacevole (si tratta, in questo caso, di occasioni di vita conviviale che si estendono per tutto l’anno); ed in modo più efficace (poiché, tra le altre cose, in ogni gruppo di lavoro” si uniscono persone dalle qualità differenti – oggi diremmo dalle diverse “specializzazioni”); ed i lavori hanno un risultato qualitativamente superiore rispetto ai lavori individuali (vi sono poi lavori che debbono per forza essere svolti da più persone, vedi i lavori di manutenzione di una casa come il rifacimento periodico del tetto, la costruzione di una nuova ala della casa, ecc … – i quali fanno parte, appunto, dei lavori di gruppo delle comunità rurali).

Per i lavori pubblici poi nella vita tradizionale della comunità prevaleva il senso di responsabilità di ogni persona: il “bene comune” veniva trattato da tutti nel modo migliore; e, ad esempio, quando una strada necessitava di una riparazione, il contadino si fermava con il carro e la metteva a posto.

Quali sono le differenze tra le concezioni di comunità del pensiero tradizionale dell’uomo e del nuovo pensiero Social-democratico?

La differenza tra il pensiero democratico originario (Filosofi antichi, antica Atene, USA, Svizzera, Pensatori liberali attuali, ecc …) ed il pensiero moderno, “rivoluzionato”, social-democratico, risiede fondamentalmente in una osservazione di due differenti contesti: le quali conducono, ovviamente, a due considerazioni (soluzioni) differenti, in molte parte di segno opposto.

Il Socialismo non nasce infatti dall’osservazione della vita comunitaria dell’uomo prima descritta (si tratta, appunto, di una Ideologia, che si basa quindi su idee a priori, nella quale perciò non si prendono in considerazione osservazioni sperimentali che non soddisfino l’idea di base). La Social-democrazia nasce invece dall’osservazione dello scenario artificiale delle Città, che al tempo della nascita di tale tipo di pensiero. l’Ottocento, era in effetti caratterizzato da una vita molto dura, nella quale le persone, sradicate dalle loro proprietà (quelle che essi hanno lasciato al “loro paese”) vivevano con stipendi di mera sussistenza (riuscivano a malapena a sopravvivere – erano praticamente nella condizione degli antichi schiavi).

Da questi due campi di osservazione differenti, il Villaggio tradizionale da una parte, e la Città proto-industriale, nascono così, appunto, considerazioni di tipo opposto.

Laddove, cioè, la Cultura tradizionale (ad esempio i Filosofi antichi, le Religioni come Buddismo e Cristianesimo) vedono un uomo normalmente orientato al Bene, nella nuova cultura moderna della Social-demcorazia si teorizza la vita dell’uomo come quella di un animale selvaggio e pronto a mangiare il cane più debole (in questa visione non solo si ignora il quadro storico-antropologico della vita della comunità tradizionale dell’uomo; ma si finge anche di non vedere che all’interno del branco di animali non è affatto vero che il lupo mangia un altro lupo!).

In questo modo

nella visione Social-democratica si arriva quindia sostituire la visione anticadella Società che funziona in modo spontaneocon la nuova visione delle Utopie illuministe,la quale definisce una visione “ideale”17 della società nella quale i Cittadini sono incapaci di autogestirsi in assenza di una Autorità

(in questa nuova visione, in caso siano lasciati liberi di agire, i Cittadini si danneggiano l’un l’altro).Per tale ragion nella Ideologia Social-democratica si indica la necessità di una “gestione forte” della società da parte di un “governo” che mantenga l’ordine facendo leva sul timore delle persone nei suoi confronti (l’esempio di riferimento delle Ideologie socialiste è il Leviatano, l’Utopia più importante dell’Illuminismo, che indica la necessità di avere un “mostro” metafisico che mantiene l’ordine sociale attraverso il terrore).

Infatti la Democrazia Europea nasce come “Regime del terrore”. E Il manifesto del Partito comunista nasce con la famosa frase che inneggia al terrore che sarebbe in procinto di pervadere la nuova società borghese (grazie ad un espediente retorico Marx trasforma quella che era definita Utopia, ossia come un qualcosa di non realmente realizzabile – utopia significa «luogo che non esiste» – ma serve solo per sviluppare una riflessione sui problemi della società, in dogma da applicare alla realtà sociale: l’Ideologia del Socialismo Comunista.

la differenza tra comunitarismo (tradizionale, spontaneo) e comunismo (nuovo comunitarismo di matrice socialista)

La Democrazia quindi nasce quindi su un profondo senso di comunità.

Ma questo “comunitarismo” spontaneo dei fondatori della Democrazia era molto diverso dal comunitarismo che si vorrebbe indurre dall’alto nella Social-democrazia. Le due forme di comunitarismo sono radicalmente differenti (sono in conflitto tra loro) per quanto riguarda la concezione della coscienza dell’uomo, ed il riconoscimento dei suoi diritti naturali (quelli affermati nelle Costituzioni).

Innanzitutto si veda la diversità dal punto di vista “teorico”: il primo non è una dottrina, come è invece la Social-demcorazia. Nell’idea originaria di Democrazia (nel Pensiero liberale) infatti non vi è alcuna idea sulla quale di debba plasmare la realtà (le persone). L’idea di base della Democrazia liberale è anzi che la Società (la Democrazia) debba avere una struttura il meno possibile intrusiva; essa deve infatti supportare le persone in un loro spontaneo (libero) percorso di sviluppo personale.

Si tratta cioè, piuttosto che di una dottrina politica, di una “filosofia di vita” nella quale non vi è nessuna idea specifica di Bene. Ciò perchè nelle visione Democratica (genuina) le persone sono ritenute essere in grado di definire se stesse, in modo positivo dal punto di vista sociale: il Pensiero liberale vi è solamente l’idea generale che il Bene sia quello della libertà di scelta.

Il punto fondamentale è questo: nel Liberalismo si definisce, con il concetto originario di Democrazia, una struttura neutra, universale che possa essere applicata a qualsiasi contesto etnico-culturale (una struttura, cioè, che possa includere persone di qualsiasi cultura). Il tale concezione non vi sono “idee personali” su quale classe sociale debba prevalere, su quali comportamenti rappresentino il male: ma solo l’idea che ogni persona debba essere trattata con gli stessi criteri.

Se il pensiero liberale rappresenta una “filosofia di vita”, un modo di vedere le cose che, di per sé non prescrive “ricette”specifiche, il pensiero legato alla Social-democrazia è invece un “dogma politico”: in questo caso non vi sono regole generali (sebbene “sulla carta” vi siano – come il diritto alla Libertà dell’individuo: ma, di fatto, gli individui non sono poi più tutti uguali, ma si individuano delle classi sociali che si ritiene debbano essere trattate in modo diverso dalle altre).

Un’altra importante differenza tra i due modelli di Democrazia: come si è accennato, il modello delle Democrazia liberale (originaria) non è pensato a tavolino (in modo intellettuale, ideologico, come quello della Social-demcorazia), ma è stato preso direttamente dalla realtà dalla struttura reale della comunità tradizionale dell’uomo, sviluppata dagli esseri umani, come tutte le cose fatte dall’uomo che hanno effettivamente funzionato, in modo graduale in millenni di “via reale” (nell’esperienza quotidiana della vita del Villaggio).

Il modello originario di Democrazia è stato cioè sviluppato nell’unico modo possibile per l’uomo: con il metodo scientifico dell’”errore e correzione dell’errore”: correggendo, passo per passo, gli errori commessi quando si producevano dei problemi perchè, appunto, poiché non si rispettavano a fondo le regole di “logica umana” della società. La Democrazia originaria della antica Grecia è nata appunto cercando di riprodurre questo “modello storico” (esperienziale) che aveva già funzionato in ogni parte del mondo, per ogni cultura.

Il modello originario di Democrazia (Liberale) è stato cioè creato affinchè esso fosse in grado di rispettare e proteggere cultura e modi di essere delle persone: ovvero è stato definito per garantire la spontaneità di “gestione” della comunità umana (non definendo cioè a priori, il che sarebbe dire “dall’alto”, regole specifiche: ma solo meta regole).

Nella seconda concezione di Democrazia, quella della Social-demcorazia, con la quale si è voluto rinnovare in modo radicale la concezione tradizionale di comunità dell’uomo, si è invece pensato che la mente razionale dell’uomo (solo quella di alcune persone “illuminate”, poiché le altre persone, in questa visione del mondo, sono appunto viste come esseri privi di tale livello di intelligenza) fosse in grado di creare un modello “teorico” migliore di quello tradizionale: un modello prima definito come Utopia (nell’Illuminismo), e quindi, con un azzardo dal punto di vista scientifico, elevato al grado di Ideologia, di Dottrina politica.

Nella nuova visione si concepisce cioè una nuova forma di comunitarismo: si sostituisce al comunitarismo spontaneo tradizionale, che si basa sulla possibilità delle persone di sviluppare liberamente se stesse, un comunitarismo ideologico nel quale invece non vi è più spazio per la spontaneità dello sviluppo delle vite delle persone; e quindi un contesto nel quale, ovviamente, gli atteggiamenti sociali devono essere “indotti dall’alto” (ciò significa, in altre parole, che quando tali atteggiamenti non sono attinenti alle regole specifiche del dogma, sono imposti con autorità).

Quanto questo dogma sia più importante delle leggi specifiche, è testimoniato, ad esempio, dalle sentenze dei Tribunali italiani orientate (come affermano gli stessi magistrati), in base a concetti ideologici. che trascendono le Leggi.

Come si è accennato, le differenze “pratiche” di questa “rivoluzione di pensiero” sulla concezione di Proprietà sono innumerevoli e profonde.

Ad esempio nel caso tradizionale, quello del comunitarismo spontaneo (liberale), i proprietari rimangono in pieno possesso delle loro proprietà: sono essi che decidono il come e il quanto mettere in comune una parte della loro proprietà; inoltre essi continuano a gestire i loro beni da proprietari prendendo in prima persona tutte le decisioni del caso; e, cosa fondamentale, possono uscire dagli accordi di condivisione quando vogliono.

Nel secondo caso, quello della Social-democrazia, c’è è invece un comunitarismo imposto dall’alto, in nome di “ragioni di Stato”: in questo caso vi sono delle Istituzioni che decidono quali sono i limiti della Proprietà dell’individuo, limitandone l’uso.

Il fatto che vi siano tasse sulla proprietà significa di per sé limitarne il “pieno possesso”; e, come si è detto, il fatto che la proprietà venga requisita dallo Stato se non si pagano tali tasse rende ancora di più l’idea di come il Proprietario sia in realtà, in questo caso, subordinato alla volontà dello Stato, quindi tutt’altro che libero nella fruizione della sua proprietà, come dovrebbe essere in una reale Democrazia (si tratta di una sorta di esproprio rateizzato).

Il fatto che in teoria (e solo in teoria) anche in una Social-democrazia come quella italiana il proprietario ha diritto al pieno ed esclusivo godimento della sua proprietà. Per la nostra Costituzione “il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in in modo pieno ed esclusivo“. Ossia il proprietario, come vogliono i Principi della Democrazia, ha diritto di possedere, trasformare i beni in suo possesso senza che altri possano interferire con questo diritto: l’unico limite a questo diritto, in un contesto democratico, è che l’uso di tale proprietà non danneggi altre proprietà.

Quindi in Democrazia proprio non vi può essere una “ragion di Stato” che limiti l’uso di una Proprietà: per limitare l’uso di una Proprietà vi possono cioè essere solo ragioni di altri Cittadini (solo altri “sovrani”, che stanno sopra tutti, quindi sopra a qualsiasi Istituzione, possono aver voce in capitolo). Se il diritto di Proprietà non fosse tutelato (se fosse in qualche modo regolato dall’alto) verrebbe quindi a cadere la Sovranità del Cittadini, e di conseguenza il concetto di Democrazia: si avrebbe cioè una Oligarchia gestita dalla Classe politica che amministra lo Stato (il problema sarebbe, appunto, non che l’Oligarchia sia di per sé un un elemento negativo: ma che si avrebbe una Oligarchia impiantata in un sistema basato su principi funzionali completamente differenti; e ciò produrrebbe risultati critici).

Il fatto è, come si è già detto, che poiché la proprietà è considerata essere una estensione della persona, essa ricade nel dominio della Sovranità della persona: tenuto conto che nello stesso contesto con possono esistere più Sovranità (nascerebbe un conflitto non risolvibile sul “chi più sovrano dell’altro”, il Popolo o lo Stato, per prendere decisioni) un Ente che assume in sé una parte di sovranità che in Democrazia è esclusiva del Cittadino, commette una azione che viola profondamente la base della Democrazia.

E’ necessario riflettere ancora una volta sul fatto che se anche le ragioni di Stato (che, come si è visto, sono di fatto le ragioni della Classe politica al potere) possano inizialmente coincidere con il “bene comune” (con le ragioni dei Cittadini), a causa delle qualità intrinseche all’uomo, il quale tende ad “allargarsi” quando riceve anche solo una piccola parte di potere sulle altre persone, le Ragioni di stato finiscono immancabilmente per perdere questa qualità positiva iniziale.

Questo è, appunto, il difetto di fabbrica della Social-democrazia: un regime nel quale Cittadini sono di fatto sottomessi in modo irreversibile alle ragioni della Classe politica, poiché quest’ultima ha trovato il modo per stipulare un patto con i “suoi” cittadini dal quale essi non possono più sottrarsi.

Si notino, a questo proposito, due elementi di fondamentale importanza: sebbene si possa in qualche modo affermare che questo patto sia stato inizialmente stipulato con lo Stato in modo volontario dalla prima generazione di Cittadini (ciò comunque non è vero, poiché anche tali Cittadini si sono visti imporre dall’alto la Carta costituzionale), in ogni caso le generazioni successive si sono trovate ad essere costrette ad accettare questo patto, cosa che è inammissibile per una sistema regolato da Leggi come le nostre: nel nostro sistema i figli non possono infatti essere ritenuti responsabili delle “colpe” dei genitori. Ovvero: pur pagando eventualmente una penale, le nuove generazioni di Cittadini devono poter recedere da un contratto stipulato dai loro genitori. E qui emerge l’altro problema che rende illegale il preteso “patto costituzionale” sul quale si basa la Social-democrazia: in ogni caso la Legge non ammette che siano stipulati dei patti che non prevedano la possibilità di recedere da essi (di fatto, appunto, dal patto costituzionale non è possibile recedere, quindi tale patto non ha nessun valore effettivo).

In ultima analisi, per ciò che riguarda le Spese pubbliche (i Conti della Nazione), e il fallimento economico che puntualmente colpisce i Sistemi social-democratici, la questione è che la Democrazia, a differenza di una “dittatura”, deve essere supportata, per le sue caratteristiche intrinseche, dalla “collaborazione” da parte dei Cittadini (ovvero dal senso di responsabilità e dalla collaborazione fattiva dei Cittadini). E che invece nella Social-democrazia queste qualità di base delle persone vengono a mancare, per cui la Social-democrazia può funzionare (forse) solo quando abbandona la pretesa di potersi sviluppare in “modo democratico” (quest’ultima è, diciamo, una possibilità, ma di fatto non è mai funzionato: vedi gli esempi di fallimenti delle “democrazie popolari” messe in piedi dall’URSS).

In altre parole la Social-democrazia ha un difetto di fabbrica che non le permette di funzionare: la sua necessità ideologica (derivante da idee non supportate da teorie realmente scientifiche, e mai applicate con successo nella Storia dell’uomo) di dover abbandonare i Principi (di facciata) posti sulle Carte costituzionali (primi tra tutti quelli della Sovranità del Cittadino, e dell’intimamente connesso diritto di “godere in modo pieno ed esclusivo” delle propria Proprietà).

Questo non è solo un problema morale, è anche un problema “tecnico” di funzionamento di tale regime: la Democrazia originaria viene trasformata, con l’applicazione del dogma socialdemocratico, da un sistema sociale del quale i Cittadini sono il motore sociale ed economico, perchè hanno un forte interesse nell’interessarsi alla “gestione” della loro comunità sociale (dei “beni comuni”, dei servizi pubblici, della deliberazione delle spese pubbliche, ecc …) in una sistema gestito da una classe politica senza concreti intessi specifici per la Nazione.

Si noti l’essenza del problema: la Democrazia si basa su una “questione di interessi” (ossia di soddisfazione di bisogni): quando una Amministrazione (lo Stato) non ha un reale interesse per ciò che amministra, i beni amministrati (comprese le persone) subiscono gravi danni.

Questo interesse che viene a mancare nello Stato social-democratico, lo hanno invece i Monarchi (non si vuole qui affatto sostenere la bontà della Monarchia). E qui sta il problema: un Monarca tratta la Nazione come un qualcosa di sua proprietà, e quindi con un reale interesse che li porta a preservarla, e a non infierire sul Popolo roba: un Monarca non distruggerebbe il territorio poiché lo considera come una sorta di giardino di casa sua (mentre un Politico, che detiene il potere solo per un limitato periodo di tempo, e non ha responsabilità per quanto riguarda le sue decisioni, non ha nessun interesse a rispettare persone e territorio)

La questione degli interessi è di fondamentale importanza in Democrazia (che nasce, appunto, per tutelare gli interessi – detti anche bisogni, diritti, ecc .. – dei Cittadini). Con la Social-demcorazia, non solo la Classe politica perde interesse per una reale salute della Nazione: nella Social-democrazia i Cittadini finiscono per perdere la spinta a voler curare i propri interessi (che sono, appunto, la base degli “interessi della Nazione”).

Ciò avviene a causa di due fattori: (1) avendo la sensazione di essere accuditi dallo Stato Social-demcoratico (con il “Welfare spinto”) “dalla culla alla tomba” i Cittadini perdono non solo il senso di responsabilità nei confronti di se stessi (la capacità di affrontare in modo responsabile i problemi), ma perdono anche una effettiva capacità “di fare” (di risolvere, in modo effettivo, problemi ordinari – curarsi piccoli disturbi, effettuare riparazioni, ecc … – che in tale condizione sono demandati a “specialisti”); (2) il senso di impotenza nei confronti dello Stato (nei confronti dei quali essi non possono addurre alcuna ragione, anche quando lo Stato è in torto) li porta ad una condizione di “fatalismo” nei confronti delle eventuali soprusi perpetrati dallo Stato.

Con queste premesse si arriva ad un ulteriore livello di sofisticatezza delle strategie di auto-soddisfazione della Classe politica. Il fatto, appunto, che in Social-democrazia i Cittadini perdano quasi ogni interesse per le questioni sociali (e politiche) lascia alla Classe politica la massima libertà di azione nel soddisfare i propri bisogni (personali, del Partito, di classi contigue come la parte “amica” del Mercato, ecc…). Questo atteggiamento, si noti, non rappresenta nulla di particolarmente malvagio: è semplicemente un atteggiamento spontaneo di esseri umani che si attribuiscono anche solo una minimo potere nei confronti di altri individui.

In tale situazione l’interesse dei Cittadini per la Politica diviene un interesse mediatico: essi finiscono per osservare la scena politica “dal di fuori”, come “gli sportivi” che si considerano tali solo perchè guardano le partite di calcio in televisione (e dicono, ad esempio, “abbiamo vinto” senza nemmeno rendersi conto di non partecipare minimamente al processo di cui parlano).

E’ questo difetto di fabbrica della Social-democrazia che finisce di mettere in ginocchio la Nazione dove esse viene adottata: crisi economica, paralisi della pubblica amministrazione, ecc … (i fenomeni a cui assistiamo oggi in Italia).

le cause più profonde (“umane”) del fallimento della Social-democrazia

In ogni caso si deve rilevare che i problemi prodotti dal Sistema social-democratico sono ben più gravi di quelli a cui si è accennato: l’uomo che vive per anni all’interno di un sistema “gestito” dall’alto, nel quale le Istituzioni si occupano per lui dei suoi problemi “dalla culla alla tomba”, sviluppa delle qualità interiori (mentalità, attitudini, ecc …) che sono poi all’origine dei problemi esteriori. Ovvero sono all’origine di mentalità e attitudini come la mancanza di interesse (di partecipazione) per la gestione (politica) della società che producono, attraverso i meccanismi descritti, povertà, caos sociale, ecc …

In altre parole è importante rilevare che la causa prima dell’impoverimento della Nazione social-democratica non è la Spesa pubblica incontrollata (le tasse che finiscono per strangolare i Cittadini), ma è, appunto, ciò che all’origine di questo fenomeno: si tratta del fatto che un sistema del genere spegne il senso di responsabilità del cittadino nei confronti di se stesso (con il “Welfare spinto” il Cittadino perde le capacità di fare “qualcosa per se stesso” – questo è il problema che le Istituzioni pensano di risolvere con la Sussidiarietà); e spegne anche quell’impulso spontaneo tipico dei Cittadini nella Democrazia reale, o Liberale (vedi, ad esempio, Svizzera e USA) a fare qualcosa per la comunità.

In altre parole, a livello di “sentimenti sociali”, ciò che si perde nella Social-democrazia non l’impulso alla “partecipazione politica” (che è comunque la condizione necessaria perchè un sistema come la Democrazia possa effettivamente funzionare), e è l’impulso alla “libera iniziativa” (che è comunque il motore economico della società moderna).

Nella Social-demcorazia si perde anche qualcosa di più profondo, che è lo spirito che, ad esempio, ha animato la Democrazia USA fino ad oggi: la sensazione di dover fare qualcosa per la comunità in modo “volontario” (non richiesto): il sentimento di “carità” che porta ad aiutare il prossimo, spendendosi in prima persona (ossia con attività “pratica”, non solo con somme di denaro).

il ruolo fondamentale della Proprietà nella Democrazia

La questione della Proprietà in Democrazia, da una analisi dei casi storici di realizzazione di tale regime, sembra essere veramente fondamentale.

l’assenza di una Proprietà fa dei Cittadini delle persone prive della qualità fondamentale per un corretto funzionamento di un regime come quello democratico che si basa sulla partecipazione attiva dei Cittadini nella gestione dei loro interessi (bisogni).

Quindi l’assenza della Proprietà per gran parte dei Cittadini di una Democrazia ha importanti influenze negative sul funzionamento di quest’ultima.

Il fatto è che, appunto, nelle persone che non siano proprietari di beni immobili (una casa nella quale sviluppare la propria vita, la propria famiglia; un bene che verrà lasciato in eredità ai propri figli, e che sarà un elemento di fondamentale importanza per le loro vite) nell’uomo vengono a mancare quel senso di responsabilità nei confronti di se stesso (e delle comunità) che ha da sempre spinto l’uomo ad occuparsi dei propri interessi.

La mancanza di una proprietà nell’individuo lo porta, appunto, a perdere quella spinta a darsi da fare per un corretto funzionamento delle cose materiali che si utilizzano per vivere, che finisce per diventare un occuparsi delle questioni sociali della comunità.

Sostanzialmente

una persona di questo tipo, in una Democrazia (ed in ogni caso in una qualsiasi società civile stanziale), è un Cittadino incompleto.

Come si è detto, è proprio la capacità della persona di sapersi occupare dei “propri interessi” che fa della persona un buon Cittadino del sistema democratico: laddove vanga meno questa capacità si lasciano spazi di potere (di Sovranità) che vengono presto occupati da altri, i quali finiranno per indurre le persone a sostenere i loro interessi (ad esempio con contributi in denaro).

Questo fenomeno è evidente nel caso del Condominio: si pensi ad una comunità condominiale nella quale la gestione non sia attribuita ai proprietari, ma sia svolta da chi prende in affitto gli alloggi: non avendo un reale interesse per l’alloggio (l’inquilino sa che la sua abitazione è temporanea, e quindi che prima o poi la dovrà lasciare) l’inquilino si disinteresserà delle conservazioni della qualità dell’edificio.

Si deve aggiungere che, quando si parla completezza del Cittadino, si parla della sua concreta capacità di autogestirsi (e di gestire in modo autonomo la prorpia famiglia).

Questa completezza della persona è cioè ottenuta quando alla Proprietà si abbina un’altra qualità originaria dei membri della Comunità umana: la capacità della persone di provvedere a se stesse con un lavoro “in proprio” (questa è, appunto, una qualità dei Cittadini delle Democrazie originarie, o liberali, come quelle Ateniese, USA e svizzera)

Proprietà e lavoro in prorpio fanno infatti della persona individui completi nel fatto che essi sono in tale condizione in grado di non dipendere totalmente da altri individui.

I “dipendere” dalla comunità a questo punto diventa una scelta: tali persone possono vivere come individui, o come famiglia, totalmente indipendenti dalla comunità sociale (come era per molti coloni USA).

Ma in ogni caso un tale tipo di famiglia (o individuo) potrà avere scambi con altri individui “da pari a pari”: potrà cioè, come è sempre stato, scambiare parte della sua produzione di beni (nel modo tradizionale con la forma del baratto), ma senza avere il rapporto di “dipendenza” da altre persone che hanno oggi i Cittadini salariati privi di proprietà.

Per queste ragioni la questione della Proprietà in Democrazia non è solo una questione di legittimità, di garanzia di Diritti. Ma, osservando i casi storici di realizzazione della Democrazia, si evince che la Proprietà è una qualità essenziale per il funzionamento del Sistema democratico.

In effetti, osservando la Storia, appare che mentre le Social-democrazie che attualmente sono in crisi sono composte da grandi numeri di cittadini non-proprietari, le Democrazia che nella storia hanno funzionato erano invece composte da Cittadini-proprietari (i quali, appunto, sono stati i fondatori delle Democrazia Ateniese, USA e Svizzera).

La crisi degli USA deriva prorpio dall’allargarsi di aree, quelle metropolitane, nelle quali viene meno la presenza di Cittadini-proprietari).

Non si parla qui di una forma di discriminazione: non è che i Cittadini-proprietari escludano i non-proprietari dalla possibilità di godere dei loro diritti fondamentali. Anzi i Cittadini-proprietari fondatori della Democrazia USA hanno voluto specificare nella Carta costituzionale che i Diritti fondamentali devono essere garantiti per chiunque.

Il fatto è, molto semplicemente, che in tali casi Proprietari hanno preso la decisione di riunirsi in una associazione di presone (proprietarie) che prendesse decisioni su cosa fare delle loro proprietà.

L’unico limite che vi è in questo caso, è un limite perfettamente democratico: i Cittadini non-proprietari non possono decidere delle proprietà altrui.

Ovvero nelle Democrazie originarie, create da proprietari, non si è fatto altro che definire un sistema in grado di garantire il pieno rispetto del Diritto fondamentale della democrazia: il Diritto di proprietà.

Il problema è che con la Social-democrazia, con giustificazioni ideologiche (appunto, prive di argomentazioni razionali) si è ribaltata la questione: ora, nella Social-democrazia i Cittadini-non proprietari possono decidere delle proprietà altrui (decidendone i limiti, o un utilizzo a loro vantaggio – vedi, appunto, le tasse sulla proprietà i cui proventi vengono distribuiti a non-proprietari).

In questo modo si rende, in effetti, una Social-democrazia “più avanzata” (più vicina al modello del “Socialismo reale”), nella quale la re-distribuzione delle ricchezze diviene una re-distribuzione delle proprietà (che è ciò che tentavano di fare i governi social-democratici USA, con i fondi “pubblici”, con i “mutui per tutti” finanziati con il denaro proveniente dalle Tasse; tentativo che è appunto fallito ed ha trascinato il Mondo nella crisi attuale).

Questi problemi legati al venire meno del valore della Proprietà all’interno della Social-demcorazia è una delle ragioni per cui la Democrazia, la quale è un sistema basato sulla Libertà e sulla Proprietà, è entrata nella attuale crisi.

P R I N C I P I I S T I T U Z I O N A L I DELLA DEMOCRAZIA

Abbiamo visto che i Principi fondamentali della Democrazia, detti anche Diritti naturali, sono la Libertà (Libertà di essere), e il diritto ad esso direttamente collegato: il Diritto di Proprietà (collegato al precedente perché senza di esso per la persona non è possibile sviluppare la Libertà di essere).

Su tali “Diritti di base” nella Democrazia sono stati definiti alcuni Diritti istituzionali indispensabili per garantire l’esistenza dei Diritti naturali.

Tra questi questi ultimi il principale è la Sovranità del Cittadino.

SOVRANITÀ E RUOLO DELLO STATO

LA QUESTIONE DELLA SOVRANITÀ

La condizione di Sovranità del Cittadino è, come si è detto, la condizione fondamentale perché il Cittadino possa mantenere la sua Libertà, e possa proteggere e gestire la sua Proprietà (i mezzi che permettono ad esso ed alla propria famiglia di sopravvivere).

Sovranità significa infatti per il Cittadino Sovrano Libertà di decidere (che è, appunto, Libertà di essere come si vuole).

La Democrazia è quindi definita come “regime nel quale il Cittadino è sovrano” (così è specificato anche nella nostra Costituzione).

Enciclopedia Treccani: La Democrazia è una «forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi ». La Costituzione «La sovranità appartiene al popolo (…)» art.1).

Il Cittadino come Sovrano

Nel linguaggio delle Costituzioni delle Democrazie moderne, il Cittadino è Sovrano.

Ossia il Cittadino sta “sopra tutti”, come il Sovrano nella monarchia.Nessuno può dirgli cosa deve fare;è solo lui che può prendere le decisioni.

Quello della Sovranità è il Principio di base della Democrazia: se viene a mancare il rispetto di questo Principio, non si ha più una Democrazia.

In altre parole Sovrano significa che “sta sopra agli altri”, ossia che nessuno può ricoprire una posizione di potere superiore a quella dei Cittadini.

Nessuna altra persona, o Istituzione – si chiami Chiesa, Stato, Governo, Pubblica Amministrazione, o altro – può arrogarsi il diritto di prendere decisioni in sua vece.

Infatti in Democrazia anche l’Istituzione democratica di livello più elevato, il Governo, non “comanda” affatto, ma “governa” la Nazione come il timoniere governa la nave “agli ordini” del Comandante (in questo caso, appunto, i Cittadini).

Questo è l’unico significato di Sovranità. (vedi più avanti capitolo su equivoco).

E’ importante comprendere come in base al Principio di Sovranità dei Cittadini, le istituzioni in democrazia non possono affatto essere investite di un potere: tali Istituzioni, come il timoniere di una nave, “governano” prendendo ordini dal Sovrano: i Cittadini. (vedi capitolo più avanti …).

Sovranità come auto-determinazione

Per comprendere meglio il significato a livello giuridico del termine Sovranità dei Cittadini, detta anche Sovranità popolare (nella retorica social-democratica si sono creati alcuni equivoci sul termine), si può analizzare come la Sovranità di un Popolo sia considerata nella Giurisprudenza internazionale.

Nel Diritto internazionale, da parte degli organismi Istituzionali internazionali come l’ONU, la NATO, l’EU) si riconosce il Diritto di Sovranità da parte di una Nazione, ovvero di diritto della Nazione di auto-determinarsi (con l’unico vincolo democratico alla libertà di essere: non danneggiare la libertà di altre Nazioni). Questo diritto è, appunto, legato al Diritto di autodeterminazione dei Popoli (i Popoli hanno diritto alla auto-decisione, ovvero di governarsi da sè)18.

Il Diritto internazionale di Sovranità della Nazione come sovranità di un Popolo non è che l’estensione a livello internazionale di quel Principio (e Diritto giuridico) che in un contesto “locale” (all’interno di una Nazione) è definito appunto come Sovranità del Cittadino (si tratta, in sostanza, a livello locale del Diritto alla auto-determinazione del Cittadino”: il diritto dei Cittadini di decidere per se stessi).

le Qualità della sovranità (del Cittadino)

E’ importante comprendere come, nelle questioni legate alla Sovranità:

1) Il Sovrano non è sottomesso alle leggi (le crea lui).

2) la Sovranità di qualcuno esclude la Sovranità di altri: nelle questioni di governo, o si ha il Potere, o si è subordinati al potere di qualcun altro (o si comanda, o si è comandati).

Ovvero il Potere (la Sovranità) è indivisibile: può al massimo essere condivisa tra pari (ma queste possono solo essere persone che decidono esse stesse di condividerla).

O, se volgiamo, vedendo la cosa dal punto di vista del fondamento della Democrazia, il fatto è che o c’è Libertà, o c’è sottomissione (la quale è in ogni caso è una forma di servitù).

2) Il Sovrano è indipendente rispetto alla volontà (potere) di altri. Quindi in una eventuale delega del potere del suo Potere non vi può essere nemmeno temporanea possibilità del delegato di prendere decisioni “indipendenti” dalla volontà del Sovrano (del Cittadino).

In caso di contraddizione di questi punti si contraddice il concetto di Sovranità: si contraddice cioè il Principio di Sovranità del Cittadino, e vengono quindi a cadere le basi della Democrazia.

Si noti come l’Unione europea nel suo sviluppo si ponga in contrasto nei confronti delle posizioni del Diritto internazionale e dell’ONU, contraddicendo il Principio di Sovranità nazionale (di auto-determinazione dei popoli).

Un fatto significativo a questo proposito è la posizione assunta dalla Banca centra europea, il cui Direttore nel 2014 ha rivelato che il programma della UE è di sottrarre la Sovranità alle varie Nazioni, per sostituirle con la Sovranità “superiore” dell’Unione Europea.

Perchè esiste il Principio di Sovranità del Cittadino

la Sovranità del Cittadino come Garanzia di Libertà(e come generatore di responsabilità civica)

Perchè esiste questo principio di Sovranità del Cittadino?

La Sovranità dei Cittadini è quindi lo strumento giuridico, politico che permette ai Cittadini di difendere la loro Libertà. Chiunque si accaparri anche solo una parte della Sovranità assume il ruolo del Despota.

La Democrazia nasce infatti per garantire la Libertà dell’Individuo, ovvero la sua Sovranità (la sua “Libertà di decidere”).

(Treccani) Libertà: “la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo; (…) è (…) libertà del volere”.

La Democrazia non è altro che un sistema di government nato per garantire la Libertà dei Cittadini.

Ripetiamo: il concetto di Libertà è infatti intrinseco nel concetto di Sovranità: l’uomo deve poter realizzare la sua volontà per poter garantire a se stesso la condizione di Libertà di pensare e di scegliere come agire in base alle sue esigenze (psicologiche e fisiche).

Ciò non significa che il Cittadino disponga di una “libertà assoluta” (“potere assoluto”); ossia che esso sia “totalmente libero di agire”: la sua è una Libertà limitata.

Ma, in Democrazia, la Libertà del singolo può essere solo limitata dal Potere degli altri Cittadini.

Questa è l’unica interpretazione possibile di Libertà.

Libertà è “non limitazione” (Sabatini-Colletti: “Condizione di chi può agire senza costrizioni di qualsiasi genere”).

Ovviamente nasce in questo caso la possibilità di conflitto tra le azioni “non limitate”, che possono portare ad un impedimento per qualcuno allo sviluppo di una reale libertà.

Per questa ragione da sempre esistono modalità di gestione di tali conflitti, grazie alle quali è possibile ottenere limitazioni di Libertà che offendono la Libertà di altre persone.

Ovvero nessuna Istituzione può limitare di “sua volontà” la Libertà di un Cittadino (non senza una richiesta esplicita da parte di uno o più Cittadini).

E’ importante comprendere che non vi può essere nessuna eccezione a questa regola: una Istituzione non può giustificare nessuna limitazione della Libertà (potere) di un Cittadino. Se lo facesse essa non terrebbe conto del Principio di Sovranità, e agirebbe in modo non democratico.

In Democrazia la libertà del Cittadino non è quindi “assoluta” (nella retorica Social-democratica si fa passare la società Liberale come luogo nel quale “ognuno può fare tutto ciò che vuole”).

Quest’ultima idea nasce dal fatto che, purtroppo, si omette di abbinare al termine Libertà l’altro termine che caratterizza una comunità di “uomini liberi”: la Responsabilità dell’individuo.

Ovvero, il concetto di Libertà va enunciato in questo modo: “una persona è libera di agire, ma si assume la responsabilità del prorpio agire”.

Infatti

Uno dei principi fondanti della Democrazia(che permettono un corretto funzionamento di essa),è il Principio di Responsabilità del Cittadino.

Si deve cioè tener conto che il concetto di Libertà è intimamente associato al concetto di responsabilità. Un sistema sociale che funziona in modo Democratico è un sistema “responsabilizzante”.

la Sovranità del Cittadino come possibilità per esso di riuscire a soddisfare i propri bisogni

A livello operativo (“pratico”), la Sovranità del Cittadino serve per far funzionare in modo corretto la Democrazia.

Questo perché la Democrazia, come qualsiasi comunità umana (come il Condominio, il Circolo ricreativo, ecc …), nasce come sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone (la Democrazia è stata creata dalle persone, per soddisfare se stesse).

E per poter far funzionare una tale sistema è necessario che le persone abbiano il Potere di scelta (vedi in altro punto: solo e persone che devono essere soddisfatte nei loro bisogni sanno realmente ciò di cui essi hanno bisogno).

L’uomo ha infatti creato la Democrazia per poter soddisfare i bisogni delle persone in modo ottimale, cosa che le tirannie preesistenti non erano in grado di fare, poiché per quanto il tiranno fosse illuminato, esso, su un territorio più vasto di una piccola comunità locale, non poteva sapere in modo sufficientemente dettagliato (diverse comunità hanno esigenze psico-fisiche differenti), ed in “tempo reale” (i bisogni si evolvono nel tempo) quali fossero i reali bisogni delle persone.

E

nella Democrazia, come nel condominio, solo i beneficiari delle azioni istituzionali (del Governo, del Consiglio di condominio) possono sapere, caso per caso, in tempo reale, quali sono i loro bisogni.

Riassumendo, quindi, in una (reale) Democrazia il Cittadino è il Soggetto principale: solo lui può prendere decisioni. Ovvero solo il Cittadino è il beneficiario delle azioni prodotte dal Sistema democratico (non vi è nessuna Istituzione che possa fare eccezione, e che possa beneficiare di azioni a suo favore).

Ciò deriva, appunto, dal fatto che una Democrazia, per come è stata impostata nel suo modello razionale, senza la partecipazione attiva dei Cittadini, non può svolgere il suo compito fondamentale di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini.

Una considerazione accessoria: in base al modello teorico della Democrazia, in assenza di reale ed attiva partecipazione dei Cittadini al government, non si può parlare di Democrazia: si ha una “dittatura”.

La questione è, ovviamente, più sottile di quanto possa sembrare poichè affinchè il Cittadino possa partecipare attivamente alla gestione della Democrazia, esso deve deve essere una persona responsabile. Ovvero deve essere consapevole delle questioni da affrontare.

Qui nasce la questione della qualità sociale della persona, senza la quale nessuna comunità umana può funzionare: la responsabilità della persona nei confronti di se stessa.

La perdita di tale qualità è, appunto, una della cause di fallimento della forma di governo della comunità umana chiamata Democrazia basata sulle capacità dell’individuo di gestire se stesso all’interno della comunità.

Le Istituzioni internazionali (come la UE) sono consapevoli di questo problema di fondo della nostra Democrazia, e dagli anni ‘90 cercano di risolverlo con la Direttiva sulla Sussidiarietà (in realtà mai applicata per un “conflitto di interessi” con chi governa le nazioni). In tale Direttiva si individua, appunto, nel Welfare social-demcoratico, che si occupa dell’individuo “dalla culla alla tomba”, una importante responsabilità nella perdita del senso di responsabilità dell’individuo (della capacità di esso di badare, in gran parte, a se stesso): e si indica una strada di riforma del Welfare attuale che porti ad un Sistema di servizi in gran parte co-gestito dai Cittadini (nel quale, cioè, i Cittadini si organizzano essi stessi, secondo il modello originario di Democrazia, per soddisfare in prima persona i loro bisogni sociali).

la Sovranità del Cittadino come qualità che distingue la Democrazia dalla Tirannia

Quindi

la Sovranità dei Cittadiniè l’elemento istituzionaleche differenzia la Democrazia dagli altri regimi.

Un regime privo in essenza di questa qualità non è una Democrazia, poiché laddove non vi sia un pieno rispetto della Sovranità del Cittadino vi è totalitarismo (dispotismo).

Più nello specifico Sovranità significa, per quanto riguarda i meccanismi istituzionali della Democrazia, che in qualche modo i Cittadini detengono il Potere deliberativo (ossia: essi devono poter trasformare le loro volontà “in pratica”).

E’ importante comprendere che il fatto che i Cittadini abbiano il potere di deliberare significa non solo che essi possono “decidere” nel senso attuale del termine

Si parla di uno degli equivoci più importanti della Social-democrazia a proposito della Sovranità dei Cittadini: nella dimensione attuale della Democrazia europea il valore della decisione del Cittadino è praticamente nullo. Oggi le decisioni dei Cittadini si limitano a “scelte” tra poche opzioni scelte a monte dalle dalle Istituzioni di governo.

La Social-democrazia non lascia cioè alcuna possibilità al Cittadino di esercitare la sua Sovranità (nel caso delle Elezioni; ma ancor peggio è per la possibilità di decidere a proposito di Leggi, Spese, ecc …).

In ogni caso, come vedremo nel prossimo capitolo, perchè si possa parlare di Diritto di decisione (Sovranità), i Cittadini devono quindi poter creare e sviluppare le loro idee “da zero”.

ALCUNI EQUIVOCI RELATIVI ALL’ESERCIZIO DELLA SOVRANITÀ(RAPPRESENTATIVITÀ):la Democrazia europea non è affatto rappresentativa

La Social-democrazia è un sistema ideologico (in cui ogni pensiero o azione è subordinato a idee preconcette, la cui validità non è mai stata verificata nella realtà) nel quale, per rispettare il Dogma ideologico sono disattesi i Principi fondanti della Democrazia (da essa stessa sottoscritti in origine).

Ciò è possibile grazie ad una serie di equivoci, a proposito di tali Principi fondanti, creati dalla retorica social-democratica i quali nascondono questa contraddizione di fondo su tali Principi.

Sostanzialmente nella Social-demcorazia si portano le persone a pensare che vi siano dei “ma” rispetto all’applicazione di Principi della Democrazia. Delle eccezioni dovute, appunto, ad imperativi morali dettati dall’Ideologia, i quali avrebbero una importanza superiore ai Principi in questione. [vedi “la Manipolazione delle masse”]

Questi “ma” attribuiti al valore effettivo dei Principi fondanti della Democrazia consentono, all’interno della Social-demcorazia, di “ribaltare” il significato di tali Principi: la Libertà diviene così un qualcosa che deve essere ceduta “in parte” allo Stato, perché altrimenti il Cittadino rischia di abusarne; la Proprietà assume come valore primario quello del “Pubblico interesse”, ecc…

Grazie a questi equivoci è inoltre possibile per le Istituzioni social-democratiche mascherare i problemi che esse producono: questa assenza di chiarezza sui principi di funzionamento del Sistema democratico non permette di rintracciare le cause dei problemi prodotti dalla gestione della Democrazia in modalità social-demcoratica.

Vediamo quindi di analizzare alcuni di questi equivoci

laddove vi sia Governo che detiene un potere non vi è una Democrazia

Il punto è quindi che Cittadino in Democrazia, essendo il Sovrano (colui «che sta sopra, più in alto di tutti gli altri») è l’unico a poter esercitare un Potere.

A questo proposito si deve comprendere che vi è una sostanziale differenza tra detenere il Potere (esercizio della Sovranità) e Governare (l’azione del governare: “stare al timone della nave” della quale altri sono i proprietari).

Come nel terminologia marinara, chi governa ha il compito di “manovrare la nave” in base ai comandi ricevuti (da chi detiene il Potere). Così è in Democrazia: le Istituzioni, compreso l’”Organo di governo” (colui che governa la nave), hanno il dovere di governare la nazione in base alla Volontà dei Cittadini.

Purtroppo ciò non è affatto chiaro ai Cittadini delle Social-democrazie europee.

Oggi si commette cioè un errore fondamentale quando si parla di Poteri delle Istituzioni in democrazia: non esiste potere che non sia quello dei Cittadini. Le Istituzioni possono solamente ricoprire “funzioni” (tecniche)

Qualsiasi regime che si sottragga, anche solo in parte, a questa regola (al potere ai Cittadini) non può essere definito Democrazia: è una oligarchia (totalitaria).

Vediamo in un prossimo capitolo come nei chi assume una certa porzione di potere su altre persone finisca sempre con accrescere tale porzione iniziale.

European democracy is not even a real representative democracy

Se vi è un equivoco fondamentale a proposito dell’esercizio della Sovranità (che, in effetti, può sembrare un po’ complesso da smascherare), vi sono equivoci ben più “semplici” che concorrono ad una gestione non-democratica della Social-democrazia.

Uno di questi è l’equivoco sulla rappresentanza.

Il fatto è che per cercare di mascherare questa grave lacuna della nostra Democrazia, ossia l’assenza di una reale Sovranità del Cittadini, si utilizza il concetto di Democrazia rappresentativa.

Ma, di fatto, la Democrazia europea non è affatto una Democrazia rappresentativa.

Vediamo, in primo luogo, di comprendere come e perché nasce la Democrazia rappresentativa.

La Democrazia nasce in origine per organizzare nel migliore dei modi la soddisfazione dei bisogni all’interno della comunità sociale: ovvero per organizzare al meglio le questioni di gestione del territorio (di government) locale (un territorio limitato ad un piccolo capoluogo di provincia)

In tale contesto (l’antica Atene) si aveva un Democrazia totalmente diretta: i Cittadini erano esse stesse il Governo (le persone si trovavano in un apposito luogo per proporre, discutere e quindi approvare idee sulla gestione della Città – su questo modello sono state poi impostate le Democrazia Svizzera e USA).

Creando delle Democrazie su scala territoriale più vasta (le Nazioni moderne) si è pensato che fosse impossibile continuare a governare in modo diretto, e che quindi vi fosse la necessità di inviare dei rappresentanti presso un luogo specifico (Parlamento) nel quale essi potessero, per conto dei Cittadini, discutere ciò che andava fatto per soddisfare i “bisogni della Società”.

Nella fase più recente la Democrazia è stata quindi strutturata in base al cosiddetto Sistema di rappresentanza Parlamentare.

Rappresentare significa agire per conto di qualcuno.

La rappresentanza è cioè una forma antica di amministrazione per delega (o mandato) nel quale un rappresentato incarica un’altra persone affinchè quest’ultima si rechi a “negoziare” in un luogo nel quale esso non può o non vuole recarsi. Per essere più precisi, nel significato giuridico moderno il rappresentante opera una “Gestione di un interesse altrui” senza mai assumere “veste di parte”.

Quindi, da sempre, chi rappresenta qualcun altro (rispettando la Legge) si limita a portare avanti specifici interessi del rappresentato; senza mai decidere in base a proprie idee, ma sempre cercando di interpretare nel modo migliore possibile la volontà del rappresentato.

(come sappiamo, l’Avvocato, legale Rappresentante del cliente, durante il processo si consulta continuamente con il suo cliente).

Ma nella Social-democrazia europea quella della rappresentanza è solamente una facciata.

In realtà, infatti, in tale regime si utilizza un significato di rappresentanza parlamentare totalmente diverso da quello tradizionale (utilizzato in ogni caso anche nella giurisprudenza moderna). Si utilizza cioè un nuovo significato politico di rappresentanza nel quale in realtà il “rappresentate” (ma non potrebbe più essere definito con tale nome) assume la plena potestas (pieni poteri di cui era un tempo dotato il Sovrano).

Si perde cioè nella Social-demcorazia il meccanismo della Rappresentanza (che rimane a livello formale, di etichetta) per istituire un sistema di “Potere dall’alto” (tipico delle Monarchie) nel quale il Cittadino assume il ruolo di Suddito.

Il fatto è che la nostra Democrazia (quella europea, ed in particolare quella Italiana) non può affatto essere considerata una Democrazia rappresentativa perché:

  • il Cittadino non sceglie effettivamente le persone che lo dovranno rappresentare: (ma “sceglie” tra un numero estremamente ristretto di persone già scelte da altri).

  • il Cittadino non dispone di un programma d’azione preciso da parte del Candidato (un contratto che esso si impegna a rispettare), ma solo una promessa d’intenti generica (e, addirittura, la nostra Costituzione specifica che il rappresentante non è affatto tenuto a seguire eventuali patti stipulati con gli elettori).

  • il Cittadino non può comunicare con il suo Rappresentate durante il mandato; quest’ultimo non ha cioè il modo di di dare suggerimenti al suo Rappresentante (il quale quindi non è in grado di conoscere l’opinione dei Cittadini rispetto alle leggi che esso vota). Inoltre il Cittadino non ha nessuna possibilità di verificare l’azione del Rappresentate.

  • il Cittadino non può revocare il mandato al Rappresentate (nemmeno quando quest’ultimo inverta completamente la rotta, passando da un schieramento politico ad un altro).

la condizione di esercizio del potere da parte del Cittadino è una condizione necessaria, non opzionale

E’ poi determinante comprendere una ulteriore qualità fondamentale del Potere esercitato dal Cittadino: non si tratta di un diritto al potere, ma di un “dovere”.

Nel senso che nel caso in cui i Cittadini non esercitino il loro potere (la loro Sovranità) il Sistema-democrazia non funziona (come si vede in altri punti, in tal caso le Istituzioni assumono un potere in proprio, e si perde di vista l fine reale della Democrazia: la soddisfazione dei bisogni dei Cittadini. E parallelamente agli interessi dei Cittadini si sostituiscono gli interessi della Classe politica e degli attori del mercato ad essa contigui.

Uno dei motivi di crisi della attuale Democrazia europea risiede proprio nel fatto che si è perso di vista questa necessità primaria: la partecipazione dei Cittadini alla gestione delle Cosa pubblica.

Quindi nel Sistema di governo della società umana definito come Democrazia, l’esercizio della Sovranità da parte del Cittadini non è un “diritto” (non è opzionale), ma è invece una necessità fondamentale (nel linguaggio scientifico: una “condizione necessaria”).

Per comprendere l’importanza dell’applicazione di questo principio di base della Democrazia, dobbiamo considerare il significato di regime a “Sovranità popolare”.

Come si è già accennato, l’uomo ha messo a punto il sistema della Democrazia basandosi sull’idea che pur essendo le persone dotale di qualità positive, queste virtù siano alquanto instabili (in alcune condizioni di vita l’essere umano può totalmente perdere di vista le sue virtù).

Più nello specifico si parla di un potenziale vizio di fondo delle comunità umane: laddove gli individui non si interessino fattivamente dei propri interessi (sostanzialmente non si interessino direttamente di difendere condizioni fisiologiche della propria esistenza), la loro comunità sociale con il tempo non è più in grado di garantir loro condizioni di vita soddisfacenti (questo è il caso della Social-democrazia nella quale, appunto, non sono le persone ad occuparsi direttamente delle gestione delle questioni sociali li riguardano).

Per questa ragione la Democrazia nasce come sistema di partecipazione diretta dei Cittadini al government.

Nel caso in cui i Cittadini (per apparente comodità) demandino la gestione dei loro interessi ad altri (i rappresentanti parlamentari della Social-demcorazia), questi ultimi finiscono per approfittare (magari inconsciamente) della libertà di azione (arbitraria rispetto ai meccanismi della Democrazia) concessa loro. Ovvero accade che questi ultimi finiscano per difendere degli interessi che non coincidono più pienamente con quelli dei Cittadini (anche solo per il fatto che questi ultimi non sono più in grado di riconoscere i reali bisogni esistenziali dei Cittadini, e non per malafede).

A questo punto la Democrazia si trasforma in un qualcosa di completamente diverso: una oligarchia, ovvero un regime nel quale gli interessi di pochi vanno a sovrapporsi, sostituendoli, agli interessi della popolazione.

Ovvero la Social-democrazia arriva ad un punto nel quale essa si trasforma in una forma molto simile a quella del Socialismo reale realizzato, ad esempio, in Unione Sovietica (questo è il caso dell’esercizio del Potere sovrano da parte di Giorgio Napolitano, che nomina Premier senza passare attraverso a regolari elezioni).

Si noti che non è detto che la Democrazia, in assoluto, funzioni meglio di altre forme di regime per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni dei Cittadini: la migliore delle Monarchie della Storia è stata molto probabilmente migliore di alcune attuali Social-democrazie.

QUESTIONI LEGATE ALL’ESERCIZIO DELLA SOVRANITÀ DEI CITTADINI

Vediamo in questo capitolo alcune questioni molto importanti legate alla Sovranità del cittadino (all’esercizio del Potere da parte del Cittadino che è legato al Principio di Sovranità sancito dalla Cosntituzione).

  • il Potere non può essere ceduto “solo in parte” (come si afferma nel Pensiero social-demcoratico): il potere sulle persone tende ad accrescere se stesso.

  • il problema della attuale Democrazia rappresentativa: l’assenza di una reale rappresentatività

  • il Bene comune come prorietà dei Cittadini (la Nazione è proprietà dei Cittadini)

L’IMPOSSIBILITÀ DI CEDERE LA SOVRANITÀ:IL POTERE SULLE PERSONE TENDE AD ACCRESCERE SE STESSO

La Social-democrazia si basa sull’Idea (Ideologia) che le persone che cedono parte della loro Sovranità (Potere/Libertà) allo Stato (alla classe dirigente) beneficiano della garanzia di essere da esso protette nei confronti di problemi sociali come quelli legati alla pubblica sicurezza, alla povertà, ecc …

La Social-democrazia non ha funzionato fino ad ora non perchè tale modello non sia stato applicato nel modo corretto (dalle persone sbagliate). Il problema della Social-demcorazia è intrinseco alla sua impostazione di base: essa, pur basandosi (come ogni forma di Democrazia) sulla partecipazione attiva dei Cittadini al government, pretende di funzionare sostituendo tale partecipazione diretta con una forma di Government dall’alto (pretende di sostituire la Sovranità del Cittadino, il Principio fondamentale della Democrazia, con la Sovranità della Classe politica).

il Principio fondamentale della Democrazia: la libertà di scelta (Sovranità)

Ricordiamo che la Democrazia moderna di basa sulla “Sovranità del Cittadino” (il Principio è sancito dalle Costituzioni). E che Sovranità significa anche, tra le altre cose, Libertà di scelta.

Ne consegue che

la Democrazia si basa sulla la libertà di scelta del cittadino,

Ovvero la precondizione fondamentale per lo sviluppo di una reale Democrazia è la Libertà di scelta da parte dei Cittadini.

Laddove venga a mancare una reale possibilità per i Cittadini di scegliere le azioni di government, la Democrazia inizia una fase di decadenza (ciò avviene perchè nella Democrazia, come in tutti i sistemi razionali, quando non vengono rispettati i Principi di funzionamento del sistema, si avvia un processo di fallimento: si cominciano ad ottenere risultati negativi inattesi; e con l’andare del tempo il sistema implode).

La questione è che nell’aderire alla Social-demcorazia le persone non si rendono conto di un “meccanismo umano” che mina alla fondamenta tale modello di Democrazia.

Dobbiamo innanzitutto ricordare che la Democrazia originaria si basa sull’idea di una società di uomini liberi (ovvero sull’idea che la Società possa funzionare al meglio solo quando le persone sono responsabili delle loro vita, ossia libere di scegliere come governare la propria comunità sociale).

Mentre la Social-democrazia si basa su un modello di società nella quale gli individui sono “dipendenti” da istituzioni. Ossia su un modello nel quale le persone rinunciano ad un parte della loro libertà (responsabilità) per poter avere la percezione (di fatto, risultata essere illusoria) di ottenere sicurezze a livello sociale (garanzie di incolumità fisica, per la salute, per le condizioni economiche, ecc ….).

In altre parole nella Social-democrazia si pensa che per poter avere una società realmente funzionante si debba creare una condizione nella quale i Cittadini mettono il potere nelle mani di una Classe di persone che li governano .(le quali sono ritenute essere in grado di governare meglio di come farebbe la gente comune).

Questa concezione, appunto, contiene due difetti d’origine. Due livelli di problemi che si rivelano essere fatali per il funzionamento della Social-democrazia:

in questo modo si contraddice il Principio fondamentale di funzionamento della Democrazia, il Principio di Sovranità. Ossia in questo caso quindi si perseguono obiettivi diversi da quelli stabiliti a monte come fondamentali: si tratta non solo di un problema morale (di non poco conto), ma anche di un problema pratico: infatti, come accade in tutti i sistemi basati su regole razionali (lo è la Democrazia), in questo modo si creano risultati non previsti, ovvero malfunzionamenti (che portano, nel lungo periodo, ad una implosione del Sistema social-democratico).

in tal modo non si tiene conto di una caratteristica intrinseca all’esercizio del potere da parte dell’uomo: qualsiasi forma di potere auto-genera ulteriore potere (il potere tende ad accrescere se stesso).

Ovvero nella Social-demcorazia si afferma che tale forma di government rimane una forma di Democrazia per il fatto che la Sovranità (Libertà) in questo caso ceduta dal Cittadino alla Classe politica è solo una minima parte.

Ma in realtà ciò non è affatto vero a causa, appunto, di “meccanismi umani” che caratterizzano la società.

In altre parole

la “parziale” cessione della Libertà richiesta dalla Social-democrazia diviene presto una cessione pressochè totale.

Ciò avviene, appunto, per le seguenti ragioni.

A monte di tutto bisogna considerare che chi accetta di “accollarsi” questo potere ceduto dal Cittadino è una persona fortemente inclinata ad essere gratificata dall’esercizio del potere (si noti che infatti è “il governante” che si propone al Cittadino, con varie forme di persuasione, per questa funzione).

Ed poi è necessario tener conto che (1) nella Social-demcorazia questa quantità di potere “ceduta” non è definita in nessun modo, e che quindi può variare nel tempo. (2) Ed che quando, per le ragioni che vedremo, si comincia ad avere una situazione in cui qualcuno ha in mano un certo livello di potere su una persona, è già comunque possibile per questa persona in qualche modo aumentare tale quantità di potere.

Riassumendo, il problema che sta alla base dell’Idea apparentemente convincente della Social-demcorazia, ossia che la cessione da parte dei Cittadini di una parte della Libertà (Potere) alla Classe governante sia un bene, risiede nel fatto che in realtà le cose non stanno in tale modo. Ciò è fondamentalmente per il fatto che, come si evince dall’analisi dei comportamenti umani nelle interrelazioni sociali, anche la piccola cessione di potere da parte di una persona ad un’altra persona (richiesta dalla Social-democrazia), finisce per generare una condizione dei governati di sempre maggiore sudditanza.

Ciò, come si è detto, non è necessariamente frutto di malafede da parte dei governanti, ma è dovuto a ragioni che ad essi appaiono essere decisamente positive.

Ad esempio una ragione ideologica: tali governanti hanno un disegno in mente, nel quale i Cittadini grazie al loro modo di operare, “alla fine” potranno godere di una condizione di vita rispetto a quella che avrebbero se invece si governassero in piena libertà di scelta (come dovrebbe essere invece in una reale Democrazia).

Un’altra ragione è quella della sopravvivenza: per poter mantenere in vita il proprio Partito la Classe politica è letteralmente costretta, nel Sistema social-demcoratico, a trovare sempre “nuove forme” per finanziarsi (il problema non esiste in una reale Democrazia poiché in questo caso i Partiti hanno una funzione estremamente ridotta, e quindi dimensioni minime).

Per comprendere meglio questo meccanismo dell’allargarsi spontaneo del potere di una persona (o di un gruppo di persone) su altre persone, possiamo prendere un caso spesso verificatosi nello sviluppo delle comunità umane: per proteggersi dai banditi si arruolano degli uomini in grado di sconfiggerli.

In questo caso si impiegano persone dalle caratteristiche peculiari. Tali persone hanno, ad esempio, l’indole marziale (altrimenti non sarebbero in grado di essere “più violenti” dei banditi), ed amano il denaro (per tale ragione accettano di mettere a rischio la loro vita per denaro, e non per proteggere valori umani).

Possiamo cioè dire che tali persone sono inclini all’esercizio di un potere sviluppato attraverso la forza.

Per queste persone la soddisfazione delle loro inclinazione diviene, come per tutti gli esseri umani, lo scopo della loro vita. Esse vivono quindi cogliendo le opportunità di trarre vantaggi dalle situazioni nelle quali esse hanno la possibilità materiale di assumere il potere su altre persone.

Ovviamente nel caso della comunità che li ha chiamati per sbarazzarsi dei banditi, essi ad un certo approfitteranno della condizione in cui sono i loro “clienti”: la loro impossibilità di reagire a loro eventuali imposizioni (se così non fosse, i Cittadini di sarebbero sbarazzati da sé dai banditi).

Questa non è solo la situazione tipica di molti film western, ma è anche un situazione storica (seppure dalle connotazione leggermente differenti) che ha segnato una svolta nella Civiltà europea: si tratta del caso delle Signorie del Feudalesimo, alle quali, appunto, i Cittadini decisero spontaneamente di affidare una certa quantità di potere per poter essere protetti dai briganti del tempo (decisero cioè di permettere ai Signori del luogo di esigere da essi delle tasse, di mandare nei loro villaggi gruppi armati, ecc …).

Nel caso della “protezione” da parte delle Signorie la “sottomissione parziale” dei Cittadini era inizialmente volontaria. Successivamente però, a causa di quel primo accordo i Cittadini si trovarono imprigionati in una forma di sudditanza dalla quale non poterono più uscire. Una sudditanza che divenne sempre più marcata, poiché il Signore del luogo grazie a quella condizione di potere iniziale finiva per “allargarsi” aumentando il suo potere nei confronti delle persone (ad esempio esigendo tasse per altri interessi più non riguardanti i Cittadini-sudditi).

Questa forma di sudditanza fu poi estesa, in modo più sofisticato e “moderno” , con le “annessioni” di nuove regioni al Piemonte con la cosiddetta Unità d’Italia.

Il modello della Signoria feudale si è evoluto ed è arrivato fino ai nostri giorni con il modello Social-demcoratico: un modello nel quale “si propone” (in realtà va accettato per forza) uno Stato in grado di garantire sicurezza alla vita dei Cittadini in cambio di una loro cessione di parte delle loro libertà ad esso.

L’evoluzione successiva di questa sudditanza è dovuta a Bismarck (che definì tale rapporto dello Stato con i Cittadini una forma di dipendenza). Lo statista tedesco (il cui motto era “ferro e sangue”, poiché egli voleva creare una nazione di soldati) creò, appunto, il nuovo modello – da lui chiamato “Socialismo di Stato” – che è quello della attuale Social-democrazia europea.

Si noti la differenza che passa tra la Signoria e la Social-demcorazia: nel primo caso la scelta iniziale dei Cittadini è effettivamente volontaria, mentre nel secondo caso la cessione della Libertà da parte dei Cittadini non è mai stata richiesta da questi ultimi (all’atto di fondazione della attuale Repubblica italiana, ad esempio, nessuno a chiesto agli Italiani se essi preferissero una Democrazia tradizionale o una Social-democrazia).

L’esperienza storica ci mostra che non esiste la possibilità di limitare ad una piccola parte il potere di governanti sui governati, poiché appunto, questa supposta “piccola parte” è in realtà, di per sé (se vista come è sviluppata nel tempo), un potere infinito (un potere totale, che infatti produce totalitarismo).

Il totalitarismo in Italia, dove lo Stato ha il potere su praticamente ogni aspetto della vita del Cittadino (vedi. ad esempio, le Tasse sulla Proprietà), si manifesta quando il Presidente della Repubblica spinge in modo determinante (contro il parere del Parlamento) per porre fine alla vita di una persona (superando le Leggi italiane!) , come è stato nel caso di una persona in coma (ma perfettamente sana, vigile (non dipendente da “macchinari”) come la Englaro.

Analizzando la questione dal punto di vista politico, in tale condizione si genera un circolo vizioso di slittamento del potere dai Cittadini ai governanti a causa del fatto che nella Social-demcorazia le persone che hanno rinunciato ad una parte della loro Libertà (Sovranità) non possono più tornare indietro (riprendersi la loro Libertà, il loro potere decisionale) una volta che si rendano conto di aver sbagliato ad “affidarsi” ad altri.

Ciò avviene per il fatto la Classe politica ha “blindato” il sistema, rendendo impossibile il ritorno ad una reale Democrazia (che per definizione, è un regime nel quale vive l’effettiva Sovranità effettiva dei Cittadini – ovvero un potere decisionale esclusivo).

Vi è però un problema ancora maggiore che rende praticamente impossibile per i Cittadini il ritornare a prendersi quella fetta di potere “concesso” ad altri: oggi, dopo decenni di mancanza di esercizio della loro fondamentale qualità sociale di Libertà-Responsabilità, le persone non sono più in grado di badare a se stesse, e divengono quindi psicologicamente e materialmente “dipendenti” dai loro Governanti.

La questione è sempre la stessa nella Storia dell’uomo: o le persone sono in grado di occuparsi di se stesse, o finiscono in potere di qualcuno. In altre parole o c’è piena libertà (da istituzioni di livello superiore ai Cittadini). o c’è sottomissione a tali istituzioni – o si è governanti, o si è sudditi,

Questo è il problema, il “difetto di fabbrica”, della Democrazia europea:

la Social-democrazia non ha mai funzionatonelle sue realizzazioni storiche,proprio perché elimina dalla società il fattore virtuosoche è alla base di un regime come la Democrazia:la responsabilità dell’individuo nei confronti della comunità sociale.

La Democrazia si basa infatti su un forte senso di responsabilità dell’individuo nei confronti della sua vita. In assenza di questa qualità la Democrazia non può proprio funzionare. O meglio può funzionare per alcuni anni, ma successivamente, la Classe governante, accentrando in sé una sempre maggior quantità di potere, finisce per vivere in modo indipendente dalla vita reale del paese, ed a praticare strade “insostenibili”, che comportano una crescente inefficienza dei servizi e l’aumento della spesa pubblica; ed alla fine un fallimento dello Stato sotto l’aspetto economico e funzionale.

LE QUALITÀ DI UNA REALE RAPPRESENTANZA

il problema della attuale Democrazia rappresentativa: L’ASSENZA DI RAPPRESENTATIVITÀ

La Social-demcorazia si basa quindi sulla forma rappresentativa di government, a differenza della Democrazia originaria, esistente ancora oggi in alcune aree della Svizzera e degli Stati Uniti, che è basata su un government diretto.

Il problema della Social-demcorazia è che, di fatto, la Rappresentanza parlamentare è solo un pretesto per poter erodere il Potere che la Democrazia mette originariamente in mano ai Cittadini (si tratta della Sovranità del Cittadino senza il quale la Democrazia non potrebbe esistere).

Vediamo come ciò può accadere.

Quali sono quindi gli strumenti specifici che dovrebbero permettere ad una Democrazia rappresentativa di funzionare?

In base alle risposte che otterremo potremo chiarire il primo punto:

l’attuale forma di Democrazia Europeanon solo non è una reale Democrazia, maNON È NEMMENO UNA REALE DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

Il problema più importante della attuale forma di Democrazia rappresentativa risiede nella mancata esistenza di una reale relazione tra Cittadino e suo Rappresentante parlamentare: i Cittadini si interessano della gestione del Governo della Nazione solo al momento delle elezioni (ed anche in questo caso, in modo assolutamente parziale). Un problema di fondo che mina alla base il funzionamento del nostro sistema di governo.

che cosa è (sarebbe) una Democrazia

La Democrazia, per definizione, è una «forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi» (Treccani) (inoltre la nostra Costituzione recita: «La sovranità appartiene al popolo (…)» art.1).

Il Cittadino in Democrazia è quindi il Sovrano (colui «che sta sopra, più in alto di tutti gli altri» Treccani), è cioè l’unico individuo che possa esercitare un Potere.

Per comprendere meglio la questione. è necessario comprendere che esiste una profonda differenza tra il concetto di Governo (l’azione del governare) e quello di Potere (esercizio della Sovranità).

Le Istituzioni, in Democrazia, hanno il compito di Governare: stare al “timone della nave” (gŭbĕrnum), che significa manovrare la nave in base ai comandi ricevuti (impartiti da chi comanda, ovvero detiene il Potere).

Ovvero

in DemocraziaLE ISTITUZIONI DEVONO PRENDERE ORDINIDA “CHI COMANDA”:i Cittadini

(si commette un errore fondamentale quando si parla di Poteri in democrazia: non esiste potere che non sia quello dei Cittadini – le Istituzioni possono solamente ricoprire “funzioni”: è “anticostituzionale” affermare che un Governo è “al Potere”).

In una vera Democrazia lo Stato (Governo e Parlamento) è quindi una sovrastruttura che non può prendere decisioni, ma solo trovare il modo per mettere in atto “tecnicamente” le decisioni prese dai cittadini. Qualsiasi regime che quale si sottragga, anche solo in parte, a questa regola (al potere ai Cittadini) non può essere definito Democrazia: è una oligarchia.

Questo aspetto della Democrazia è di importanza fondamentale, non per una questione morale (non solo), ma per una questione “tecnica”. Non importa quanto le persone che gestiscono il potere in Democrazia al posto dei Cittadini siano “illuminate”: la Democrazia, essendo una forma di governo “razionale”, per poter produrre risultati positivi, deve rispettare i suoi Principi razionali di funzionamento. In caso contrario tale sistema produce risultati imprevisti ed incontrollabili.

Principi e strumenti della Democrazia rappresentativa

Si ha quindi una vera Democrazia quando i Cittadini esercitano la loro Sovranità, ovvero partecipano alle questioni di governo della Cosa pubblica. Nel fondare la Democrazia europea (sostanzialmente differente da quella USA, fondata in precedenza) si è sostenuto invece che sia possibile sostituire la fondamentale qualità di partecipatività con la rappresentatività.

Ma, di fatto, nemmeno questa qualità è rispettata: come vedremo, nella attuale Democrazia europea vi è infatti una una sostanziale assenza di rappresentatività.

Vediamo quali sono gli strumenti che i Cittadini dovrebbero avere a disposizione in una Democrazia rappresentativa, per fare in modo che i rappresentati parlamentari rappresentino effettivamente le loro volontà.

Lo scopo “ideale” delle Democrazia rappresentativa sarebbe quello di

permettere ai Cittadini di mettere il nasonegli “affari di governo”, in misura per lo meno sufficienteper fare in modo che I PARLAMENTARISOSTENGANO EFFETTIVAMENTE LE LORO VOLONTÀ

(ovvero i loro reali bisogni).

La rappresentatività è una modalità di “governo” inventata dall’uomo, e messa a punto da esso in millenni di esperienze, per poter gestire organizzazioni composta da più persone (modalità utilizzata nel Villaggio, nel Circolo culturale, nell’Azienda, nel Condominio, ecc…); si tratta di organizzazioni nelle quali non tutte le persone ad esse appartenenti possono essere presenti in alcune fasi della loro gestione. In questo caso i Rappresentati curano gli interessi di tali persone.

Tipica forma di rappresentanza è quella dell’Amministratore di Condominio (o di una Azienda), il quale ad esempio, è incaricato di trovare il miglior modo di risolvere un problema (può trattarsi, ad esempio, di dover risistemare la facciata del Condominio).

Si noti che in tale caso sono sempre i Condomini a decidere di dover fare un lavoro: l’Amministratore si attiva semplicemente per trovare un modo di gestire “tecnicamente” le varie spese. Ma in ogni caso non è mai l’Amministratore a fare delle scelte: quando si deve affrontare un’”Opera”, egli propone ai Condomini più modalità di intervento, ovvero più preventivi, e questi ultimi scelgono l’opzione che ritengono essere la migliore (o, importante, decidono di non fare il lavoro se si preventiva una spesa eccessiva).

Prendiamo ad esempio il caso della tinteggiatura della facciata del Condominio: se deve essere individuato un fornitore vi saranno fatte più riunioni specifiche nelle quali i Condomini ed il loro “delegato” approfondiranno la questione.

Questo è il punto fondamentale: in questo caso di reale rappresentazione degli “elettori” (i deleganti), il Rappresentate discute con gli elettori ogni questione specifica (non si consulta con i condomini una volta per tutte per essere eletto, come avviene invece nell’amministrazione dello Stato, ma è in continuo contatto con loro; e discute con loro di ogni questione specifica: le decisioni sono comunque prese dai Condomini).

Nel caso dell’amministrazione del condominio vi è un’altra qualità fondamentale di un regime rappresentativo: i Condomini possono fare esperienza diretta ed immediata delle conseguenze delle azioni messe in atto dal loro Amministratore. Se essi vendono, ad esempio, che l’impresa di decoratori che sta dipingendo la facciata esegue i lavori in modo non corretto, o utilizza materiali scadenti, sono in grado di protestare immediatamente con l’Amministratore (e, in casi particolari, lo possono “licenziare”).

Questa è l’unica tipologia di rappresentanza che garantisca una reale soddisfazione dei bisogni delle persone (perchè messa a punto dall’uomo in secoli di esperienze) .

La Democrazia è una sorta di Condominio di maggior estensione. Condominio, nella accezione volgare, significa “Diritto di proprietà comune a più persone, comproprietà” (Treccani). Ma, poiché, il termine è composto da “con” e “dominium”, essendo dominium=potere, condominio significa anche contesto nel quale più persone esercitano il loro Potere: la loro Sovranità19, appunto, che è la qualità di base della Democrazia.

In effetti la Nazione è di proprietà dei vari Cittadini (le terre e le case sono di proprietà delle persone, a differenza dei regimi totalitari come il Comunismo, nei quali ogni cosa appartiene allo Stato).

L’esempio del Condominio illustra come in un sistema Democratico il Rappresentate dipenda totalmente dalla volontà dei “proprietari”: esso non può prendere decisioni, ma deve semplicemente eseguire le decisioni dei Condòmini (dopo essersi consultato direttamente con i suoi mandanti). Il Rappresentante si muove con una autonomia “relativa” rispetto alle volontà dei Proprietari (in altri termini: in Democrazia non possono esserci di fatto, Istituzioni “indipendenti”, poiché ogni Istituzione deve dipendere dalla Volontà del Cittadino).

Ovvero le decisioni sono sempre decisioni dirette dei Condòmini, ed

il Rappresentate è sempre solo un esecutore (“tecnico”)della loro Volontà

(nel caso in cui prenda decisioni “indipendenti”, l’Amministratore è perseguibile per legge!).

In una Democrazia realmente rappresentativa si dovrebbero quindi poter applicare gli stessi principi di funzionamento dell’Amministrazione di un condominio o di una azienda, o (pur dovendo, ovviamente, vista la complessità del Sistema di amministrazione di uno Stato, presentare metodologie in parte differenti).

Quali sono i Principi applicati in tali forme di amministrazione?

Per quanto riguarda “consigli di amministrazione” di un condominio o di una azienda, primo luogo (1) la scelta del Rappresentante è realmente “libera”: tra tutti i potenziali amministratori esistenti nell’area viene scelto quello che gli sembra più meritevole di fiducia (gli stessi principi valgono, ad esempio, per il rappresentate che si utilizza per le faccende legali: l’Avvocato).

In secondo luogo (2) il Cittadino intraprende con il suo Rappresentate un dialogo continuo per poter mettere a punto le strategie specifiche di “soddisfazione dei bisogni”.

Ed in terzo luogo, trattandosi di una scelta effettivamente libera, (3) il Cittadino può revocare il mandato al Rappresentate se l’azione di quest’ultimo non è di suo gradimento.

Si noti che nella nostra Costituzione si chiarisce che, di fatto, in Italia la Rappresentanza non esiste: è infatti specificato nell’Articolo 67 che i Rappresentanti parlamentari non hanno alcun “vincolo di mandato” (non sono cioè tenuti, per Legge, a rispettare la volontà degli elettori).

Nella democrazia attuale non accade nulla di tutto ciò. Infatti attualmente il Cittadino, nella gestione del mandato da esso attribuito al suo Rappresentate:

  • il Cittadino non sceglie effettivamente le persone che lo dovranno rappresentare: la sua è una falsa scelta, poiché esso è costretto ad esprimere la sua preferenza tra un numero estremamente ristretto di Cittadini scelti da altri per lui (qualche decina contro qualche milione di persone viventi nella sua area). E’, sostanzialmente, la stessa scelta che Fidel Castro concede ai Cittadini cubani, quando presenta alle elezioni una sua lista di candidati (tutti ufficiali dell’esercito), affermando che le sue sono le elezioni più democratiche del mondo (egli non ha tutti i torti: rispetto alla attuale forma di Democrazia occidentale, la sua si differenzia effettivamente nella qualità positiva di non permettere brogli elettorali).

  • il Cittadino non dispone di un programma d’azione preciso da parte del Candidato, ma solo una promessa d’intenti generica: non vi è, come dovrebbe essere in una Società basata sulle Leggi, un reale contratto dal valore legale (ossia un normale contratto firmato”, che il cittadino possa produrre in Tribunale nel caso in cui non venga rispettato da parte del Rappresentante parlamentare). E, addirittura, la nostra Costituzione specifica che il rappresentante non è affatto tenuto a seguire eventuali patti stipulati con gli elettori.

  • il Cittadino non può comunicare con il suo Rappresentate durante il mandato;

  • in primo luogo il Cittadino non ha il modo di dare suggerimenti al suo Rappresentante: il problema è che, anche se ci fosse un programma realmente vincolante, durante il corso di una legislatura emergono comunque problemi non prevedibili all’atto della definizione del Programma elettorale. Il fenomeno si è particolarmente acuito in questi ultimi tempi, con l’emergere di nuove complicazioni come la Crisi economica globale, e un evolversi degli eventi sempre più rapido: in questi casi (sono ormai la maggioranza dei casi), il Rappresentante finisce per per agire sempre “di testa sua”.

  • inoltre il Cittadino non ha nessuna possibilità di verificare l’azione del Rappresentate (non esiste un canale che permetta al Cittadino di controllare come il Parlamentare da lui eletto esprima il suo voto nelle votazioni del Parlamento).

il Cittadino non può revocare il mandato al Rappresentate (nemmeno quando quest’ultimo inverta completamente la rotta, passando da un schieramento politico ad un altro).

LA QUESTIONE DEL BENE COMUNE

La questione del Bene comune è determinante per la Democrazia (essa nasce proprio per ottenere una gestione ottimale del Bene comune). E la gestione del Bene comune è direttamente legata alla concezione di proprietà (le Democrazie reali – quelle precedenti alla nascita della Social-demcorazia: ossia la Democrazia ateniese e quelle della Svizzera e degli Stati uniti – si basavano appunto sulla concezione tradizione di Proprietà privata).

Un aspetto equivocato della proprietà, sul quale si basa la Social-demcorazia, è proprio quello del Bene comune (quella parte del territorio che non è proprietà privata di un singolo individuo).

Nella tradizione

il Bene comune eraun bene di proprietà diretta degli abitanti del luogo

(che nel fruivano come, appunto, di una normale proprietà, godendone di benefici ma anche manutenendola direttamente).

Mentre oggi il Bene comune (la Res pubblica, il bene pubblico) non è più Proprietà delle persone, ma dello Stato.

Questa è una delle cause principali del fallimento della Social-demcorazia: togliendo il senso di (reale) proprietà delle cose che l’individuo utilizza nella sua vita, esso si deresponsabilizza nei confronti della Società. In tal modo viene cioè cioè a mancare all’individuo quella spinta ad occuparsi in prima persona delle cose (abitazione, strumenti, lavoro, ecc …) che garantisce il buon funzionamento della società tradizionale.

Ed i tentativi del Sistema social-democratico di surrogare questo contributi spontanei con “servizi pubblici” (come si è visto, ad esempio, nel caso delle strade “pubbliche”, un tempo mantenute direttamente dagli abitanti della comunità) non hanno mai funzionato poiché laddove manca la diretta partecipazione dei Cittadini la Società diviene, di per sé, insostenibile.

Si noti come la Social-demcorazia si fondi su contraddizioni di base molto importanti: è sufficiente constatare come sia stato utilizzato come termine ufficiale per indicare i Beni comuni la parola Demanio, termine nato nel feudalesimo per indicare i Beni del Monarca (di fatto, infatti, oggi lo Stato che possiede dei beni ricopre lo stesso ruolo di un Re – nel Fascismo di Mussolini è stato praticato in particolar modo questa modalità di attribuire allo Stato la proprietà di beni “pubblici”)

Il fatto è che in origine quelle aree del territorio interne alla comunità che non sono occupate direttamente dalle persone (non direttamente riconducibili ad una specifica proprietà privata) come le strade, i canali di irrigazione erano considerate essere una “Proprietà comune” della comunità. Una vera e propria “Proprietà privata comune”, condivisa.

Questa Proprietà comuneera gestita direttamente dai Cittadini del luogoallo stesso modo di come essisi occupavano delle loro proprietà personali.

Infatti dalla comparsa delle comunità locali (villaggi rurali) fino all’Ottocento non è mai esistito uno Stato (una Pubblica Amministrazione) che si occupasse dei “lavori pubblici” inerenti alla comunità locali, come la sistemazione di strade, canali, ecc …

Va rilevato come ciò non fosse dovuto a qualche problema materiale o qualche questione giuridica: ciò non avveniva semplicemente perchè non ve ne era bisogno. Le comunità dell’uomo hanno funzionato bene in tale modalità di auto-gestione per decine di migliaia di anni.

Vedi più avanti il Capitolo “la Democrazia come associazione di proprietari”.

Ed hanno funzionato molto meglio del sistema attuale, nel quale i lavori pubblici di manutenzione sono effettuati dalla Pubblica amministrazione (dobbiamo inoltre tener conto del fatto che il sistema attuale ha portato non solo al fallimento della Nazione, ma anche alla inefficienza dei Servizi pubblici ed alla povertà dei Cittadini).

Il nuovo sistema di “lavori pubblici” Social-demcoratico praticati dalla Pubblica amministrazione non nasce infatti dalla volontà di soddisfare bisogni reali delle comunità, ma, come illustrato in altri punti, è dovuto alla necessità da parte dei governi di (1) estendere l’apparato burocratico per poter estendere meglio il potere politico; e (2) alla necessità delle parti politiche (Partiti, Movimenti, ecc …) di “ri-distribuire” la ricchezza del Paese (il denaro prelevato dai proventi delle Tasse) ai Partiti ed alle aziende ed ai professionisti che li supportano.

il tradizionale senso di responsabilità diretto sul bene comune

Il buon funzionamento della comunità tradizionale (vedi il cap. ”Ordine naturale”) in modalità di “gestione autonoma” era, appunto, dovuto al valore che in tale contesto si attribuiva alla Proprietà privata. E, di conseguenza, alla Proprietà condivisa (Bene comune).

Ovvero nella Società tradizionale si aveva, grazie alla percezione originaria del valore della Proprietà, un levato senso di responsabilità nei confronti delle cose di proprio possesso (la percezione di tale valore, tra le altre cose implicava anche un forte rispetto per la proprietà dell’altro).

Tale percezione era, come si è dello, della Proprietà come valore assoluto: l’essere la proprietà un elemento vitale per la vita della persona (della famiglia) attribuiva moralmente al proprietario il diritto (oggi definito come diritto naturale) di goderne appieno in modo esclusivo (come si è detto, questi termini sono indicati anche nella Costituzione delle Social-demcorazia come la nostra, ma sono poi contraddetti nello sviluppo delle azioni del governo).

Il punto fondamentale è che nella Società tradizionale

il Bene comuneveniva considerato essere una estensione delle proprietà private,e nei confronti di esso vi era quindi una forte attenzione,una spontanea responsabilizzazione delle persone

(ciò, tra le altre cose, acuiva nelle persone il senso di cooperazione, condivisione e solidarietà)

Ovvero la Società tradizionale era un contesto nel quale le persone erano altamente responsabilizzate nei confronti della loro esistenza (parafrasando Kennedy, allora vi era la mentalità “non pensare a cosa lo Stato può fare per te, ma pensa a cosa puoi fare tu per la tua Comunità”). La comunità sociale era cioè un contesto nel quale le persone erano consapevoli del fatto che per risolvere un problema bisogna impegnarsi in prima persona.

Il problema della nuova concezione di Bene Comune (la cui effettiva proprietà passa dai Cittadini allo Stato) è il problema fondamentale della Social-demcorazia (una sorta di difetto di fabbrica). Ossia venendosi a perdere nella Social-demcorazia la concezione di responsabilità diretta dei Cittadini sul Bene comune, si viene a perdere il valore fondante della Società civile: si viene a perdere cioè il senso di cooperazione e di solidarietà (se vogliamo, di “volontariato”, o volontarismo) che sono alla base di una Società come in grado di soddisfare le sue esigenze.

Le cause di questo problema stanno nella natura umana (psicologica) della Società: gli esseri umani sono spinti a “fare”, ad “agire per il bene” della loro comunità, dalla loro Coscienza, la quale opera secondo precise regole (descritte dalla Psicologia). E la Democrazia si basa proprio su questi “meccanismi umani”: la partecipazione spontanea (volontariato) degli individui alla gestione delle questioni relative alla comunità umana (mentre una tirannia, in teoria, può anche funzionare al meglio – secondo il suoi scopi – in assenza di collaborazione dei Cittadini).

Alla base del funzionamento di questi meccanismi spontanei di partecipazione alla gestione della comunità vi è la Proprietà (nella sua concezione tradizionale).

La Proprietà è cioè il motore di qualsiasi forma di Democrazia (è un “motore morale” che non può essere sostituito da indicazioni dogmatiche, o da obblighi – come si pensa di poter fare nella Social-demcorazia). Lo è appunto per il fatto che la Proprietà è l’unico fattore psicologico in grado di spingere l’individuo ad interessarsi attivamente della sua comunità, del Bene comune.

Un esempio significativo della degenerazione della situazione relativa ad un ambito territoriale nel momento in cui si viene a perdere il senso di proprietà del Bene comune ci è fornito da quanto avviene nei boschi nei quali si recano i cercatori di funghi che sono muniti di licenza statale (si parla di persone esterne alla comunità). In questo caso, come si lamentano molto spesso gli abitanti locali, tali boschi subiscono danni a causa dei comportamenti di questi “stranieri”. Ciò perché questi ultimi non sono affatto interessanti alla buona manutenzioni di questi boschi, ma sono interessati unicamente a ciò che essi possono portar via.

Lo stesso di può dire per i cacciatori, che quando non sono locali non fanno attenzione, ad esempio, a non uccidere animali giovani (che possono essere presi quando sono più cresciuti), danneggiano raccolti, piante e staccionate; provocano incendi; ecc ….

Ovvero gli abitanti del luogo sono interessati a rispettare la natura (l’ordine naturale delle cose) perché percepiscono il bosco proprio come una loro proprietà, e gli animali che vivono in esso come i loro animali da cortile. E quindi non solo essi non creano danni, ma liberano i sentieri da alberi caduti, segnalano alla comunità eventuali problemi (come una frana su un rio che può creare pericoli in caso si piogge intense), ecc. …

Il frequentatore esterno alla comunità invece “prede ciò che può prendere”, tanto la volta successiva andrà in un altro posto. In questo modo l’assenza del Principio di proprietà (e quindi del senso di Proprietà) produce atteggiamenti irresponsabili, insostenibile per la comunità.

Ciò avviene appunto, per il fatto che in Social-demcorazia lo Stato si attribuisce la proprietà di quel territorio che nella tradizione era di proprietà della comunità locale (un vero e proprio esproprio forzato). E poi, secondo la filosofia della “ri-distribuzione dei beni” tipica del socialismo, ridistribuisce tale bene secondo nuovi canoni (in questo caso per realizzare, tra le altre cose, un profitto con la vendita delle licenze).

In questo modo si altera un equilibrio dell’ambiente che è durato per millenni; e, anche in questo caso, si cerca di surrogare alla perdita dell’ordina naturale delle cose con l’imposizione di regole “dall’alto” che non sono affatto in grado di risolvere i problemi creati in precedenza.

la questione del Volontarismo

Come si è detto il volontarismo nella Democrazia è un fattore di essenziale importanza: è anzi l’essenza stessa delle Democrazia.

Volontarismo significa contemporaneamente scelta volontaria della persona (si tratta della Libertà di scelta che in Democrazia corrisponde all’applicazione del Principio di Sovranità – la condicio sine qua non della Democrazia), ed attività spontanea di gestione di questioni di interesse sociale (partecipazione concreta dei cittadini al government della comunità sociale)..

Anche il termine volontariato (o volontarismo: “Lo spirito che caratterizza il volontariato“20) oggi ha subito una trasformazione demagogica in direzione della dottrina Socialista: il volontariato (volontarismo) ha assunto la concezione moralistica di “azione per il bene degli altri”. Quando invece l’aspetto fondamentale del volontarismo (prestazione della propria opera in modo volontario) è quello di prestare la propria opera per il bene delle propria comunità: ovvero di operare per una questione di proprio interesse (che nella cultura tradizionale corrisponde comunque al bene degli altri abitanti della propria comunità)..

La reale azione di volontariato (socialmente utile) è quel tipo di azione che oggi si vede, purtroppo, solo nelle grandi emergenze (alluvioni, terremoti, ecc …) quando tutti abitanti di una località di radunano per affrontare una grave problema comune.

Ciò che oggi avviene oggi in queste occasioni estremamente eccezionali, un tempo, nella comunità sociale tradizionale, erano semplicemente l’essenza della vita di società delle persone. In tale modalità si sviluppavano cioè i “servizi pubblici” come attività volontarie di utilità sociale come quelle per la sistemazione del Bene comune (manutenzione delle strade, scuole, servizi medici .. ). Attività oggi surrogate con i servizi della Pubblica Amministrazione della Social-democrazia che si sono rivelati essere inefficaci (per poter far funzionare tale nuovi servizi con risultati in ogni caso più scarsi dei quelli ottenuti nella modalità tradizionale, si sono mandati in fallimento economico gli Stati).

Queste modalità volontaria (senza assolutamente nessuna intrusione da parte di una istituzione statale) di servizi utili per la comunità è ancora oggi in vigore nei nei piccoli paese di provincia degli USA; ed in parte anche in alcune aree dell’Europa.

La difficoltà di uscire dalla crisi della Social-demcorazia è proprio dovuta alla difficoltà di recuperare il volontarismo perduto in anni di educazione social-democratica, e di abitudine all’inazione prodotta dalla società super-assistenziale.

Questo è il problema che si incontra nell’attuare “riforme” che permettano di risolvere gli attuali problemi della Social-demcorazia europea: senza un recupero dei Principi della reale Democrazia, e quindi delle modalità di vita proattiva dei Cittadini, non si può avere nessun miglioramento delle attuali condizioni critiche della Economia e dei Servizi pubblici.

O in altre parole, non vi potrà essere un miglioramento della situazione attuale sino a che non si cambieranno le regole della Social-democrazia, poiché quest’ultima è basata proprio sui meccanismi di gestione dello Stato che hanno prodotto la crisi attuale.

Per poter realmente riformare la Democrazia europea, è quindi necessario seguire le seguenti strade:

recuperare il metodo di partecipazione, spontanea ed attiva, dei Cittadini, reintroducendo le forme di proprietà e di bene comune tradizionali annullate dalla Social-demcorazia.

Il che significa ritornare al Welfare spontaneo, del volontariato, perduto con l’abitudine dei Cittadini a vivere in una condizione di speranza che alla fine lo Stato riesca effettivamente ad occuparsi in modo efficace di essi. Ossia ritornare ad una dimensione “naturale” (pre-statalista) nella quale i Cittadini siano portati ad assumersi in prima persona la responsabilità della loro vita, e della propria comunità sociale.

In direzione opposta sono andate le “riforme” degli ultimi tempi, che hanno centralizzato sempre di più il government: come con la sostituzione dei Quartieri, una dimensione territoriale umana vicina a quella tradizionale, con le Circoscrizioni, una nuova dimensione territoriale dalle qualità unicamente burocratiche. Ed anche con la sostituzione delle Province con le Regioni. Ossia con la dissoluzione di ambiti nei quali (si parla sopratutto dei Quartieri) il volontarismo può nascere spontaneo nei Cittadini.

reintrodurre una Economia reale (nella quale,ad esempio, si spende ciò che ha in tasca). E nella quale i Cittadini decidono essi stessi quali sono le spese da effettuare (ovvero decidono cosa fare dei soldi che essi mettono per il Bene comune).

Il difetto di fondo, che rende difficile la soluzione dei problemi attuali, non è politico ma è culturale.

Ovvero il vero problema è la mancanza di consapevolezza da parte dei Cittadini del fatto (1) che i problemi derivano da difetti intrinseci alla Social-democrazia; e (2) che vi sono modelli alternativi alla Social-democrazia (che vi sono cioè forme di organizzazione della Società che, a differenza di quelle attuali, hanno sempre funzionato nella Storia dell’uomo).

Dal punto di vista istituzionale (operativo) l’ostacolo alla “riforma” della Social-democrazia, risiede nel livello spinto di statalizzazione delle strutture sociali attualmente raggiunto (dell’occuparsi totalmente dell’esistenza delle persone), che definisce una dimensione nella quale non è più possibile per i Cittadini organizzare “dal basso” attività di gestione diretta delle questioni inerenti la loro vita.

Questa dimensione è creata dallo Stato social-demcoratico proprio per poter avere un controllo assoluto (finanziario ed ideologico) delle attività sul territorio.

Infatti la possibilità di auto-organizzarsi dei Cittadini, ad esempio per creare una forma di Home schooling (Scuole create e gestite dai genitori degli allievi) rappresenta due importanti problemi per la Social-demcorazia: (1) un pericolo che si vadano ad insegnare a dei giovani principi in contrasto con quelli del socialismo (come sono, ad esempio, i principi del cristianesimo). (2) Un deviare una parte dei soldi che vengono raccolti con le tasse per pagare la Scuola di Stato (ossia si tratterebbe di rinunciare ad una parte di quei soldi che vengono distribuiti ai Partiti, e che permettono la sopravvivenza del Sistema Social-demcoratico – e che vengono distribuiti anche alle Aziende che supportano politicamente la Classe politica).

In ultima analisi una riforma della Democrazia europea non può che passare per un recupero di quelle qualità della Società che sono venute meno con le varie “rivoluzioni” attuate negli ultimi secoli verso la Statalizzazione della vita dell’uomo.

Ossia per un recupero della Libertà delle persone di dotarsi delle modalità di gestione della propria comunità da essi preferite. E quindi per un ripristino del vero valore della Proprietà (nel significato originario), che è il motore delle azioni spontanee dei Cittadini verso la propria comunità (la Proprietà è, appunto, il valore al quale è strettamente collegato l’attaccamento delle persone al Bene comune).

la necessità di una strategia politica radicalmente nuova

Oggi i movimenti politici che vogliono ripristinare una forma di Democrazia effettivamente in grado di garantire una buona qualità della vita dei Cittadini, commettono un errore fatale: non si rendono conto del fatto che non si tratta di coinvolgere le persone sul piano “politico” (come sostegno elettorale), ma si tratta invece di coinvolgere le persone per quanto riguarda l’attivazione di iniziative in gestione partecipata per il miglioramento effettivo della qualità della vita all’interno della loro comunità (che implichino una diretta partecipazione delle persone alla loro progettazione, costruzione e gestione).

Nella Iniziativa Riforma dal Basso (i cui testi sono scaricabili dal Sito) si delinea, appunto, quella che appare come l’unica vita attualmente perseguibile per una riforma della Democrazia europea: una via che prevede l’attivazione di forme di auto-organizzazione della vita sociale sul territorio locale indipendenti dalle Istituzioni (le leggi lasciano comunque alcuni spazi importanti in questo senso).

Solo una aspirazione (tangibile) al miglioramento della vita reale può infatti spingere le persone a mettersi in azione (in modo volontaristico) per cambiare le cose.

un errore fondamentale nella concezione della proprietà in Social-democrazia – solo le persone fisiche possono essere moralmente proprietarie di un bene

Vi è una implicazione fondamentale della trasformazione del Bene comune attuato dalla Social-democrazia:

la nuova concezione social-democratica di ProprietàÈ VIZIATA DA UN DIFETTO DI BASECHE LA RENDE ILLEGITTIMA (ILLEGALE)secondo la sua stessa giurisprudenza.

Ossia nella Social-democrazia vi è una contraddizione di fondo tra la concezione di Proprietà espressa in sede ufficiale (nella Giurisprudenza) e la concezione “politica” di proprietà utilizzata, di fatto, nelle azioni da parte dello Stato.

La questione è che la Proprietà nella concezione originaria (e nella attuale Giurisprudenza) è sempre e comunque riconducibile a persone fisiche (reali), mentre nella Social-democrazia la proprietà può essere anche attribuita ad Istituzioni (delle quali non sono rintracciabili la figure di Titolari – persone fisiche – che invece sono richieste per lLegge per le “istituzioni private” come associazioni di persone o Aziende, devono esistere).

Da questo difetto di fondo sulla Proprietà nasce nella Social-democrazia il problema del Bene comune, che viene sottratto ai Cittadini (persone fisiche) per consegnarlo ad istituzioni prive, appunto, di figure che si assumano personalmente la responsabilità patrimoniale del Bene.

=

Uno dei difetti di fabbrica della Social-democrazia più importanti è nel fatto che con essa si stravolge il valore delle Proprietà (1) trasferendo una parte della proprietà dei Cittadini allo Stato; ed (2) attribuendo a quest’ultima forma di proprietà (le Proprietà dello Stato) caratteristiche che mancano della qualità fondamentale della reale proprietà: la responsabilità patrimoniale da parte di una persona.

E come conseguenza di ciò si ottiene una mancanza di quella responsabilizzazione (partecipazione effettiva) dei Cittadini nei confronti della Società che è fondamentale per il funzionamento della Democrazia.

Ricordiamo che il valore morale della Proprietà deriva dal fatto che essa è essenziale per la vita di una persona (il Diritto alla proprietà deriva cioè unicamente dal fatto che ad essa sia strettamente legato il Diritto alla vita di una persona).

Questo significato della Proprietà (oggi riconosciuto, almeno sulla carta, dalla Costituzioni social-democratiche) ci porta a considerare che solo le persone fisiche possono moralmente essere proprietarie di beni (nessun ente può esserlo, poiché esso manca delle condizioni morali per l’attribuzione del diritto di proprietà).

Quindi nessuna istituzione, nel Diritto moderno, può accampare un diritto morale s possedere dei Beni (di essere proprietario).

Ovvero laddove vi sano delle Proprietà di Stato (come è, ad esempio, nella Social-demcorazia italiana, nella quale lo Stato attribuisce a se stesso la proprietà del Bene comune) vi è una pura contraddizione dei Principi fondanti della Democrazia.

Oltre al non poter essere riconosciuto un valore morale alle Proprietà di Stato, ad esse non può nemmeno essere riconosciuta una legittimità giuridica mancando, appunto, in questo caso un titolare che sia personalmente responsabile della Proprietà.

E’ per queste ragioni in una Democrazia

i Cittadini sono legittimamente proprietaridel territorio della comunità nella quale essi vivono.

(così come lo erano nella comunità tradizionale, nella quale i Cittadini avevano diritti di proprietà – reali, diretti – sulla parte del territorio “comune”).

Cosa che aveva un importante significato per il fatto che in tale contesto il senso di proprietà (il senso di responsabilità nei confronti del bene comune) spingeva le persone ad agire direttamente per mantenere in efficienza anche quella parte territorio non direttamente posseduto da essi.

=

=

Le cose funzionavano nella comunità sociale tradizionale per il fatto che il diritto degli abitanti tradizionali nei confronti del Bene comune era a tutti gli effetti un Diritto di Proprietà a tutti gli effetti, nel quale i Cittadini godevano di diritti pieni ed esclusivi nei confronti di tali proprietà comuni.

Comune: “Che appartiene o si riferisce a tutti”22

“Che appartiene a un determinato gruppo di persone, più o meno esteso ma per lo più ben definito anche giuridicamente (e che costituisce pertanto una «comunità»), soprattutto con riferimento al godimento e all’uso di beni, all’esercizio di diritti e doveri: i beni, le proprietà c. (per es., in un municipio, in una comunità rurale o montana); terre c., i beni pubblici costituiti da foreste e pascoli che nel medioevo erano assegnati (con i nomi di communia o comunalia, vicinalia o viganalia) ai municipi o a centri rurali minori o a gruppi di proprietari rurali di un vico; parti c., in un condominio, quelle che sono proprietà di tutti i condomini (ingresso, scale, tetto, ecc.). “

Dal punto di vista istituzionale Comune è una “Forma di governo cittadino autonomo, apparsa nell’Europa occidentale dopo l’anno 1000, come risultato di un’associazione volontaria, temporanea e confermata da giuramento, fra cittadini o gruppi di essi.“

Come si vede in altro punto, per comprendere il funzionamento della Società tradizionale è necessario tener conto che essa era una sorta di famiglia molto allargata (formata da forti legami affettivi, se non di sangue, creatisi in secoli di convivenza), e quindi che nella gestione del bene comune vi era una sorta di “gestione familiare”.

la Nazione come “proprietà estesa” dei Cittadini

Il fatto che i Cittadini siano legittimamente proprietari del territorio della loro comunità ha implicazioni istituzionali molto importanti.

Ciò perché i Cittadini avendo, per questioni morali e giuridiche, il diritto ad un uso pieno ed esclusivo del territorio della loro comunità sociale (rispetto a chiunque non appartenga a tale comunità) possono decidere chi può entrare nella loro proprietà (si ricorda che il Proprietario, per Legge, ha diritto di recintare la sua proprietà).

Da queste considerazioni deriva un implicazione fondamentale. Per estensione al Diritto di proprietà dei Cittadini sul Bene comune della propria comunità sociale,

la Nazione è una proprietà estesa dei Cittadini

Questo essere la Nazione di proprietà dei Cittadini è legato ad almeno due caratteristiche della Democrazia:

– poiché non vi può essere una proprietà che non sia “personale”, ovvero non legata ad una persona fisica, una Istituzione non può, di per sé, essere proprietario di beni.

i Cittadini in Democrazia sono sovrani. Quindi, come il Re era proprietario del territorio nazionale, in Democrazia tale territorio passa ad essere di proprietà dei Cittadini.

E’ importante comprendere come nel caso in cui lo stato si attribuisca delle proprietà di beni (e del territorio), esso si identifica con una “persona”. E come quindi in questo caso si abbia una Monarchia (come in effetti è la Social-demcorazia, che rinnega i principi della Democrazia per abbracciare – dall’atto della sua fondazione, la rivoluzione francese – le strutture istituzionali preesistenti della Monarchia francese).

Questo concetto fondamentale della Democrazia ha implicazioni importanti non solo per quanto riguarda il government, ma anche per questioni attualmente di grande importanza come quello dell’”integrazione forzata” voluta dalle Istituzioni social-democratiche (della cosiddetta immigrazione clandestina).

RUOLO DELLO STATO (STATO MINIMO)

L’equivoco sul significato di potere

I Problemi della Social-demcorazia nascono in gran parte da un equivoco a proposito della “gestione del Potere” (della Autorità).

E tale equivoco nasce dal fatto che non si conosce il ruolo del Potere all’interno del sistema democratico, per cui viene viene utilizzato il termine Potere (o Poteri) al posto di azione di governo. E si attribuiscono quindi agli Istituti politici delle facoltà di cui essi non dispongono affatto.

Il fatto è che perché una forma di governo possa essere definita Democrazia le Istituzioni non possono disporre di un potere superiore rispetto a quello dei Cittadini (i quali sono appunto indicati dalle Costituzioni democratiche come i Sovrani).

Infatti se è vero che in un certo senso tali istituzioni nascono proprio per esercitare “dei poteri”, di fatto nella caso della Democrazia europea (Social-demcorazia), il Potere esercitato da esse deve essere di qualità sostanzialmente differente dal “Potere” reale che, in Democrazia, deve rimanere sempre e comunque in mano al Sovrano (“che sta sopra a tutti”): i Cittadini.

Il potere detenuto dalle Istituzioni di governo della Democrazia è infatti un Potere delegato: una forma di “rappresentanza” come quella di un amministratore di condominio (in tal caso, appunto, il “rappresentante” dei condomini ha, ad esempio, “il potere” di firmare un contatto con un fornitore, ma tale potere gli viene attribuito, sotto condizione, dai Proprietari del sistema-condominio; il Potere reale che non solo è gestito direttamente dal delegante – condomino – ma che può essere revocato in qualsiasi momento.

Quindi poter esercitare questi “poteri” non significa detenere un potere: chi rappresenta il Potere dei Cittadini, in una reale Democrazia, non dispone affatto di un reale Potere. Se esso disponesse effettivamente di un reale potere, allora non si potrebbe più parlare di rappresentanza del potere dei Cittadini (che è il principio su cui si basa la Democrazia parlamentare.

Il problema risiede nel fatto che il termine “poteri”, riferito alle istituzioni, è una “licenza giornalistica” che non dovrebbe essere utilizzata nelle descrizioni toriche della Democrazia (si ricorda che in un contesto giuridico la forma corrisponde alla sostanza).

il significato del termine Potere

Riflettiamo sul significato di Potere.

Il Potere è una “capacità” di fare qualcosa che implica libertà (se ho Potere in un certo contesto, posso decidere come agire in libertà – potere deriva da potens: «Capacità di dominio e di comando»).

Il potere delle Istituzioni in Democrazia non quindi un vero e proprio potere, ma una sorta di “Potere subordinato”: di un Potere delegato appunto (de + legare «mandare con qualche incarico», incaricare) limitato da chi detiene il Potere reale (il delegante, che in Democrazia è il Cittadino elettore).

Nel Sistema Democratico, i Cittadini conferiscono ai loro rappresentanti (i Parlamentari, ed ultimamente, al Premier) una Delega (momentanea e limitata del loro potere – che rappresenta in ogni caso il Potere reale detenuto dai Cittadini).

Come è ben chiaro nel mondo aziendale, la delega (ad esempio quella attribuita dell’Amministratore delegato) snatura l’essenza del potere reale: fissa dei limiti all’esercizio di un potere. I detentori di questo “potere delegato” possono quindi muoversi solo nei limiti indicati dal reale detentore del potere.

In Democrazia il Governo è concepito, appunto, un “amministratore delegato” che opera per conto dei Cittadini

i livelli gerarchici del “Potere”

La Democrazia rappresentativa moderna è strutturata in modo razionale: ovvero con livelli gerarchici di Potere delegato (organizzati in una forma piramidale).

E, come si è detto, per definizione, in una organizzazione creata dall’uomo (che, come il sistema della Democrazia rappresentativa, sia gerarchia, o “piramidale”)

il potere può essere esercitatoda un solo livello della scala gerarchica.

Altrimenti, è chiaro, subentrano questioni di conflitto di potere che minano l’efficacia delle azioni delle Istituzioni.

Ciò è evidente per qualsiasi tipo di organizzazione basato su una struttura “razionale”: l’equipaggio di una nave, l’esercito, l’organizzazione di un ospedale, ecc… . In tali strutture vi è una rigorosa “gerarchia” di esercizio di potere: un colonnello può dare ordini ai suoi soldati, ma solo in base agli ordini ricevuti dall’alto (altrimenti è sottoposto ad un processo davanti alla Corte marziale). Così come un Primario in ospedale da delle disposizioni alle quali non possono sovrapporsi disposizioni di persone subordinate nella gerarchia del suo reparto (altrimenti si produrrebbero danni alla salute dei pazienti).

Si deve inoltre ricordare il fatto che in un contesto razionale ogni azione è impostata in base al criterio scientifico che una cosa è o vera o falsa (o “è” o “non è”: non esistono compromessi e sfumature).

In altre parole, nel caso delle organizzazioni di potere una persona o governa, o è governata. Non esiste una via di mezzo, nella quale questa regola non valga.

Da ciò deriva, tra le altre cose, che in qualsiasi organizzazione gerarchica chi assume delle decisioni “in proprio” (ossia non agisca su indicazioni di un livello di autorità superiore), finisce per esercitare (seppure in modo indiretto, non immediatamente evidente) una autorità illegittima (finisce, cioè, per “scavalcare” alcuni livelli gerarchici di autorità, poiché assume indebitamente forme di autorità riservate ad un livello superiore al suo).

Ed in DemocraziaQUALSIASI FIGURA ISTITUZIONALE(un magistrato, un professore, un poliziotto)È SUBORDINATA ALL’AUTORITÀ (delegata)del Parlamentare eletto dal Cittadino.

(a sua volta subordinato al Potere del Cittadino).

Uno dei fondamenti della Democrazia insegnato una volta nelle scuole, è la “sacralità” del Parlamentare eletto dal cittadino, il quale non può essere toccato da nessuno: Giudice, Magistrato inquirente, Poliziotto, ecc … (ovviamente, solo sino a che esso gode del supporto dei Cittadini) poiché tutte queste Istituzioni sono subordinate al Potere del Cittadini, che eleggendo il Parlamentare, delega ad esso la massima Autorità di governo.

In una reale Democrazia solo Cittadini possono prendere decisioni (seppur in modo indiretto, per interposta persona): le altre istituzioni devono seguire tale volontà. L’interferenza da parte di una qualsiasi Istituzione sull’operato di un Parlamentare configura una sorta di colpo di stato (in questo caso la Democrazia si trasforma in un “regime”, un sistema arbitrario, alla mercè di gruppi che si auto-eleggono come leader più virtuosi della “gente comune”).

Più nello specifico in una Democrazia vi sono due tipi di Autorità.

L’Autorità esercitata da chi assume una Delega direttamente dal delegante (in Democrazia si tratta di una Carica elettiva), ossia da persone che sono scelte direttamente dal detentore del Potere effettivo, i Cittadini (le quali sono quindi l’Autorità suprema della Nazione).

E l’Autorità da chi assume una Carica per nomina: questi sono semplicemente dei Funzionari, i quali dipendono, in toto, dalle Cariche elette, detentrice del Potere delegato dai Cittadini (si tratta del presidente della Repubblica, del Consiglio superiore delle Magistratura, dei “Garanti”, ecc …).

Si noti che esiste un terzo livello di gerarchia istituzionale: quello degli Impiegati dei pubblici uffici (impiegati dei ministero, Magistrati, Poliziotti, ecc …), i quali non sono direttamente nominati dalle Cariche elette (come avviene invece per le Cariche nominate dai Rappresentati parlamentari), ma sono semplicemente “assunti” (seppur con concorso, come avviene per gli appalti dei lavori pubblici).

Ovviamente questo livello gerarchico è totalmente privo di Autorità (come lo è la ditta che ha appaltato un lavoro pubblico). Un poliziotto può solamente, come un impiegato di un ministero (benché esso svolga un compito, in un certo senso, molto più gravoso e meritevole dell’altro), eseguire degli ordini (di una gerarchia che ha a capo il Questore, Autorità invece nominata dal governo).

l’abuso di Potere (di Autorità) in Social-democrazia(il caso della Magistratura)

Purtroppo l’equivoco sulla questione della gestione del potere in Social-democrazia fa sì che spesso venga attribuito un livello di autorità illegittima a persone di ruoli subordinati: ovvero che a tali livelli si prendano delle decisioni “in proprio”: in questo modo si annulla la condizione di Sovranità del Cittadino (e quindi si mina alle fondamenta la Democrazia).

Questi “abusi di autorità” non sono delle eccezioni nella Social-demcorazia, ma sono proprio un difetto di fabbrica legato alla concezione ideologica sulla quale tale regime è impostato.

Vale la pena prendere in esame una forma di abuso di questo genere che ha cambiato radicalmente la Democrazia italiana: i Magistrati, i quali sono semplicemente dei dipendenti pubblici assunti tramite concorso – come un impiegato di un Ministero – ed agiscono in realtà d’autorità sugli stessi Rappresentanti parlamentari dai quali essi, nella scala gerarchica, debbono dipendere.

A questo proposito, come vediamo in un altro punto, nasce un altro equivoco di importanza fondamentale che porta ad un affossamento delle regole democratiche: la Magistratura rivendica un ruolo di “indipendenza” rispetto al Parlamento. Ma indipendenza significa potere assoluto (appunto indipendente dal potere primario che in Demo-crazia non può che essere esercitato dal Demos, i Cittadini).

L’indipendenza di una Istituzione pubblica è quindi indipendenza dal Demos, dai Cittadini. Ciò implica un rovesciamento delle regole della Democrazia: i Cittadini da Sovrani divengono dei sottoposti, dei sudditi (questa è la caratteristica della Social-demcorazia).

Questo problema è particolarmente sentito in Italia, ma è risolto in altre nazioni, con una applicazione nel settore della Magistrature di regole realmente democratiche: in tali contesti la Magistratura inquirente è eletta dai Cittadini.

Inoltre in tali Paesi esiste il sistema delle “giurie popolari” che permette comunque di sopperire, nei processi, a questa mancanza di “delega” da parte del Cittadini (le giurie popolari sono concepite in modo che in esse, tra le altre cose, si possa salvaguardare anche l’opinione della minoranza, poiché si richiede un giudizio unanime: anche un solo giurato dissenziente rende nullo il giudizio).

Questi tre livelli di gerarchia della organizzazione della “giustizia” in Democrazia devono essere rispettati in modo rigoroso: le forze di Polizia fanno in modo che siano rispettate le sentenze dei Giudici. I Giudici emettono delle sentenze che sanciscono gli atteggiamenti che non rispettano le Leggi emesse dal Parlamento (le quali sono quindi una espressione, sia pur indiretta, della Volontà dei Cittadini).

Solo un regime che rispetti questa gerarchia può dirsi Democrazia: in ogni altro caso si ha un Totalitarismo (un regime nel quale un gruppo di persone costringe i Cittadini a seguire la loro volontà).

Per chiarire meglio come la mancanza di chiarezza sul funzionamento delle gerarchie istituzionali della Democrazia produca inopportuni equivoci dobbiamo notare come in una reale Democrazia i Parlamentari (delegati direttamente dai Cittadini per l’esercizio del potere) sebbene non possano interferire direttamente sull’operato di un Giudice, debbano però poter giudicare illegittima una sua sentenza: infatti chi meglio del Parlamento, che produce le leggi, può conoscere il significato di un Legge sul rispetto della quale tale giudice è stata chiamato a valutare le azioni dei cittadini.

Oggi ciò non è più possibile (con una magistratura che si è resa indipendente dal Potere dei Cittadini) e, appunto, la Democrazia europea è divenuta una forma di totalitarismo nella quale la Magistratura ha assunto il ruolo di Sovrano in precedenza attribuito ai Cittadini (ha assunto in sé un potere assoluto molto simile a quello assunto dai Militari nei “regimi dittatoriali” creati attraverso colpi di Stato da parte dell’Esercito).

IN SINTESI, LE QUALITÀ DI UNA STATO REALMENTE DEMOCRATICO(il significato di Stato minimo)

Quindi riassumendo la questione del ruolo dello Stato in una reale Democrazia, si deve in primo luogo tener conto che la qualità fondamentale della Democrazia (che la distingue da qualsiasi alta forma di regime) è di aver posto il Cittadino nel ruolo di Sovrano, ribaltando la condizione che si aveva in precedenza nelle Monarchie o nelle Oligarchie (la Democrazia nasce proprio per la volontà dell’uomo di superare la gestione autoritaria del “governo” della società tipiche di queste ultime forme di regime).

Il motivo per il quale è stata fondata la Democrazia risiede nella considerazione di fondo che nelle organizzazioni gerarchiche di potere (come è la Democrazia) o si detiene il potere o si è sottoposti al potere di qualcun altro (o si è sovrani o si è sudditi).

Per poter rispettare I Principi della Democrazia si deve quindi necessariamente definire un ruolo minimo dello Stato

(come è stato infatti definito nelle prime Democrazie della nostra epoca – precedenti cioè alla nascita del modello della Social-demcorazia europea: le Democrazie USA e Svizzera).

Ciò perché, appunto, in una Democrazia (1) qualsiasi istituzione deve essere sottoposta al Potere del Cittadino; (2) le Istituzioni di governo si occupano unicamente delle questioni relative ai reali bisogni delle persone (le quali sono l’unico fine della Democrazia): e questi bisogni sono unicamente relativi al contesto locale in cui il cittadino vive. E nel contesto locale, la Democrazia reale funziona tramite organismi di Government diretti (che, come dimostrano i casi USA e Svizzero).

Ovvero non vi può essere una dimensione della Democrazia che non sia sviluppata a livello locale (vedi più avanti).

Dalle precedenti riflessioni emerge infatti il fatto che in una reale Democrazia gli interessi sovra-locali sono praticamente inesistenti: o meglio si tratta di un livello di interesse letteralmente inventato per soddisfare interessi della Classe politica e di quella parte del Mercato ad essa contigua.

In altre parole le “grandi opere” (le spese a livello sovra-locale) tipiche della Social-democrazia (che, si noti, sono una caratteristica ereditata dalle grandi tirannie) possono benissimo essere affrontate seguendo le regole della reale Democrazia, considerando che si tratta sempre di questioni di interessi inter-locali (si pensi ad esempio ad una strada o ad un grande ospedale): ovvero le questioni di interesse sovra-locale possono essere efficacemente affrontate tramite patti tra comunità locali.

In ultima analisi l’unico modo per applicare il principio fondamentale della Democrazia, la Sovranità del Cittadino, è quello di riportare al Democrazia alle condizioni originarie. Ovvero riportare la Social-democrazia europea alla dimensione nella quale i Cittadini siano in grado di agire direttamente per soddisfare i loro interessi (con modalità come quelle illustrate in Iniziativa Riforme dal Basso).

In un contesto di tale tipo (l’unico nel quale si possa parlare di reale Democrazia) lo Stato non può essere altro che una forma di “cooridnamento sovra-locale” che non prende decisioni in proprio, ma aiuta unicamente a cooridinare le comunità locali ad organizzarsi per deliberare a proposito degli interessi condivisi con altre comunità locali.

IL SISTEMA DELLE TASSE(perché non funziona)

Fin qui abbiamo visto quali sono i fondamenti della Democrazia. Ossia quali siano i suoi Modelli, ed in particolare come essi si fondino sul Principio (Diritto) di Libertà della persona (che nelle Costituzioni è espresso nei termini di linguaggio politico: Sovranità del Cittadino). Questo è il concetto cardine: venendo meno esso, viene meno la Democrazia.

Si è detto che la cosa peggiore sia gestire un regime che non è una reale Democrazia (come la Social-democrazia), seguendo il modello della Democrazia: il modello che prevede, per poter funzionare, che le decisioni spettino ai Cittadini (nella Social-democrazia sono invece le Istituzioni a prendere le decisioni in vece dei Cittadini). Un “regime sociale” può infatti funzionare (forse) in una dimensione nella quale sia chiaro, a Cittadini, al Mercato (le piccole Aziende) e alla Classe politica come funzionino le cose (ossia del fatto che i Cittadini sono subordinati alle decisioni delle Istituzioni; ovvero che la responsabilità delle scelte ricade sulle spalle della Classe politica – oggi, nella dimensione equivocata della “Democrazia sociale”, invece la Classe politica non si attribuisce nessuna responsabilità – un Monarca, ad esempio, ha la coscienza che il “bene pubblico” è in realtà una sua proprietà, e lo gestisce come tale; e sa che una volta ridotti alla fame i suoi sudditi, gli viene a mancare la fonte delle sue ricchezze).

Ma certamente una “Democrazia sociale” non può funzionare, come accade oggi, in una dimensione nella quale la Classe politica prende delle Decisioni in una dimensione libera da regole (di un modello definito in modo razionale).

Riassumendo, si è detto che la Democrazia si fonda sulle seguenti considerazioni:

1) necessità di avere un Sistema che permetta di soddisfare in modo ottimale i bisogni delle persone.

Perchè ciò possa avvenire la Società deve favorire alcuni diritti individuali individuati come fondamentali (diciamo come meta-bisogni, bisogni che stanno a monte di tutti glia altri).

2) Perchè ciò possa avvenire la Società deve favorire alcuni diritti individuali individuati come fondamentali (diciamo come meta-bisogni, bisogni che stanno a monte di tutti glia altri). Ossia le persone devono essere libere di essere e di fare ciò che pensano sia meglio fare (gli altri Cittadini possono però impedire le azioni che si rivelino essere lesive delle loro Libertà).

3) in base al diritto di essere le Persone hanno il “Diritto naturale” di possedere dei beni (purché questi siano legittimamente acquisti), poiché tali beni sono fondamentali per lo sviluppo dell’essere e del fare della Persona.

In sintesi quindi, essendo la Democrazia un Sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone impostato dall’uomo su un modello razionale, essa può funzionare solo quando le azioni prodotte in essa rispettano tale modello, ossia i suoi Principi di funzionamento (per non creare risultati imprevisti, ovvero danni collaterali che con il tempo creano caso e fallimento)

Principi di funzionamento molto chiari: la Democrazia può funzionare solo quando le persone sono libere di decidere del prorpio destino; il che significa anche quando sono le persone ad interessarsi in prima persona di se stesse.

Il concetto che le persone in Democrazia debbano interessarsi alle Istituzioni, ossia debbano “partecipare alla vita politica” è solo un corollario: in realtà, perchè la Democrazia possa funzionare, le presone devono interessarsi in primo luogo di se stesse: in questo caso le Istituzioni assumono il loro ruolo corretto in Democrazia: operare come entità “incaricate” dai Cittadini per soddisfare loro bisogni dei Cittadini; come del personale di servizio: le persone devono sapere quindi di cosa hanno bisogno; e successivamente, una volta valutati i risultati ottenuti dal “servizio”, devono poter decidere se cambiare “fornitore”.

Purtroppo la Social-demcorazia ha il difetto endemico di trasgredire i Principi della Democrazia appena esposti (da lei stessa affermati sulla carta): questo è il problema che la porta puntualmente al fallimento. Ma il problema peggiore, al quale siamo pervenuti ora, è che insistendo nel voler risolvere i problemi così creati con lo stesso metodo che li ha creati, non si fa altro che peggiorare le cose: si produce cioè una crisi economica sempre più profonda, una sempre maggior inefficienza dei servizi pubblici, ecc …

Questa trasgressione dei Principi fondanti produce problemi ad ogni livello. Ad un livello più generale due sembrano essere i problemi più gravi tra loro strettamente connessi.

Sono il problema della reale Rappresentanza parlamentare (direttamente legato alla questione della Sovranità del Cittadino). Ed il problema della Spesa dello stato (ossia delle Tasse) che analizziamo in questo capitolo.

Solo la comprensione di questi problemi più generali ci permettere di analizzare (in capitoli successivi) con cognizione di causa alcuni problemi più specifici come quelli della Sanità, della Sicurezza pubblica, dell’Istruzione, della Giustizia, ecc …

SPESE e TASSEin democrazia

Tra le questioni fondamentali della Social-democrazia (quei fattori che hanno portato le Nazioni europee alla attuale crisi economica, sociale e politica) vediamo in primo luogo la questione forse più facilmente comprensibile, quella delle Spesa e delle Tasse (sono due aspetti della stessa questione), perchè essa tocca in modo “oggettivo” (e pesante) la maggior parte delle persone.

In primo luogo è necessaria una puntualizzazione della situazione attuale: (1) gli Stati nazionali europei sono falliti economicamente (sono letteralmente falliti: se non si fossero trovati sistemi per “drogare” la situazione con immissione di altro denaro nelle casse, la maggior parte degli Stati Europei dovrebbe effettivamente “chiudere”). (2) Questo fallimento deriva dalle spese eccessive sostenute dagli Stati (insistendo su tale strada essi hanno chiesto prestiti – alcuni sotto forma di “BOT” – ad altri Stati, per cui oggi sono debitori di tali Stati; e non potendo restituire loro i soldi, essi si sono messi alla mercè di tali stati).

Il risultato di questo fallimento è sotto gli occhi di tutti: vi è un drastico impoverimento dei Cittadini (con i loro guadagni essi non sono più in grado di fare una vita soddisfacente, quando non fanno la fame). Questo impoverimento produce un circolo vizioso, per cui si riduce drasticamente il volume di acquisti da parte delle persone, cosa che porta le Aziende a dover ridurre il personale, o a dover chiudere; di qui una riduzione dei posti di lavoro. e maggior povertà.

Uno dei risultati più disastrosi (e più immediatamente tangibili per i Cittadini) di questo fallimento della Social-democrazia è, appunto, quello del continuo aumento delle tasse che nel frattempo lo Stato, per poter sopravvivere, deve imporre ai Cittadini (il fatto è che lo Stato è diventato dopo anni di Social-democrazia, gigantesco, con infrastrutture costosissime, e un numero sterminato di “dipendenti” i quali, seppur non sono quasi per nulla produttivi – una grandissima parte – devono ricevere uno stipendio).

Tutto ciò deriva dall’equivoco iniziale di cui si è parlato a proposito del ruolo dello Stato (la questione legata all’aspetto della Democrazia come sistema di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini che, in Social-democrazia, si è trasformato in un sistema sostanzialmente differente).

E da questo equivoco ne è nato un altro, sempre di importanza fondamentale: quello appunto sul significato delle Tasse.

il concetto di Tassa

Vediamo cioè quale è una dimensione realmente democratica delle spese dello Stato e delle Tasse; e quale non lo è.

le tasse come collette

Le Tasse nascono nelle prime comunità umane come forma di colletta per coprire le spese della comunità (e questa concezione è inserita nel modello di Democrazia: è adottata dai primi teorici illuministi della Democrazia, ed è utilizzata nelle due forme di Democrazia reale: quella della Antica Atene, e quella degli USA).

Quindi in Democrazia le Tasse non sono altro che di una colletta per le “spese pubbliche”; e, come si è detto, le Spese pubbliche, in una Democrazia, devono avere come unici beneficiari della azioni della Comunità (prodotte dallo Stato, dalla Pubblica Amministrazione) i Cittadini. Punto.

In altre parole, in una Democrazia, dove l’uomo è il Sovrano, ovvero il motore del sistema, “il padrone” del territorio, non può esserci nessun Ente che possa affermare di avere, di per sé, il diritto di ricevere compensi in denaro (a meno che esso non stia operando direttamente, su richiesta del Cittadino, per soddisfare un bisogno di quest’ultimo).

Si sottolinea che il Diritto democratico a ricevere compensi da parte dei Cittadini (si tratta, in questo caso, di “denaro pubblico”, ossia che deriva dalla Tasse) è legato a due condizioni fondamentali: (1) chi opera sta svolgendo direttamente un lavoro di soddisfazione di un bisogno di alcuni Cittadini (ciò non vale quindi per la miriade di uffici ed enti intermedi che servono ad assolvere funzioni burocratiche “parassite”) (2) i Cittadini devono aver richiesto essi stessi la soddisfazione di quel bisogno specifico (in altre parole, devono essere operatori come l’idraulico, il cui intervento è richiesto dalla persona che ha il bisogno, e lavora direttamente per quest’ultimo).

Oggi chi lavora per la Pubblica amministrazione, come gli “operatori sul campo” (ad esempio chi chiude i buchi delle strade, ….) non opera affatto direttamente per Cittadini (che utilizzano quella strada). Così come milioni di impiegati dell’apparato burocratico dello Stato operano solo per una Mega-mega macchina burocratica che per lo più serve per gestire se stessa (oggi, con le nuove tecnologie di comunicazione, è possibile gestire i servizi in modo praticamente diretto: i Cittadini possono creare rapidamente “assemblee” su Internet per mettere a punto la richiesta di un intervento, ed indire una gara per i potenziali fornitori)).

In sintesi, applicando il concetto originario di tassa, queste devono essere pagate dai Cittadini solo per coprire delle spese di pubblica utilità nella gestione delle quali siano seguite le regole fondamentali dell’Economia (regole che conosciamo tutti, utilizzate da sempre in qualsiasi contesto: da quello domestico a quelli delle grandi imprese).

Ovvero significa che nell’utilizzare il “sistema delle Tasse” si devono seguire le seguenti regole:

1) i bisogni da soddisfare devono essere riconosciuti come reali dai beneficiari (i Cittadini) (perchè siano considerati reali tali bisogni devono essere indicati dagli stessi beneficiari – non si può dire ad essi: “tu non lo sai, ma ora hai bisogno di un nuovo servizio” ; quest’ultima modalità è quella seguita dal Mercato con la “persuasione occulta” della pubblicità; ma, si noti, in questo caso non vi è un “acquisto coatto” del Servizio come nel caso dei servizi di Stato: nel Mercato ognuno è libero di non scegliere un servizio; nel caso dello Stato tutti devono pagare per un certo servizio pubblico).

2) il Cittadino deve decidere se la cifra da spendere è effettivamente congrua (deve poter valutare il rapporto qualità prezzo di un servizio)

3) a proposito della reale democraticità di un servizio pubblico, vi è la questione fondamentale della Libertà di scelta (cadendo la quale viene meno il concetto di Democrazia): ogni servizio (ogni pagamento) deve poter essere non scelto dal Cittadino (e quindi non pagare per quel servizio, del quale, ovviamente, non godrà) [questo argomento viene approfondito in altro punto del documento].

l’Economia politica è completamente differente dall’Economia scientifica – i Debiti di Stato

Quelle citate sono le regole dell’Economia reale, utilizzate in qualsiasi sistema si vogliano spendere dei soldi per avere dei risultati concreti: ossia spendere dei soldi in modo accorto, in modo da avere (come è intrinseco al concetto di Economica) “il massimo risultato con la minima spesa (o, per lo meno, un buon risultato con una spesa sostenibile). Ciò che si sa sia nella famiglia che nella più complessa multinazionale è che, in assenza di queste regole elaborate dall’uomo nella sua esperienza millenaria, si giunge ad una catastrofe economica).

Nel caso della cosiddetta Economia politicasi seguono invece criteri completamente differentirispetto a quelli della Economica reale(dalle Leggi scientifiche).

Si seguono cioè criteri completamente slegati dalla realtà (si utilizzano cioè criteri che appartengono al mondo delle Idee, al mondo delle Ideologie, che, come si è detto, sono sistemi che si basano su una “dottrina non scientifica (…) sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi”).

Come vedremo quella Social-democratica è una concezione non-razionale della Spesa pubblica, vicina alla concezione religiosa delle cose (l’Ideologia è appunto una sorta di religione – la Religione può però funzionare in una dimensione spirituale che le ideologie non hanno). In tale concezione non si prende in considerazione il denaro nel modo in cui è stato considerato per millenni, ma con una dimensione astratta, fideistica.

Seguendo tale idea (Ideologia) si va cioè oltre alla “limitante” concezione tradizionale del denaro, ovvero si va oltre all’idea tradizionale del “si può spendere solo ciò che si ha in tasca” (in quest’ultima concezione, semplicemente, il denaro che non si ha in tasca proprio “non c’è”, e con tale denaro non è quindi possibile fare spese).

L’aspetto “rivoluzionario” della nuova concezione dell’Economia (Politica) è che in Social-democratica si può spendere anche ciò che non si ha in cassa: è la versione Statalista della “finanza creativa” degli ultimi decenni.

In tale dimensione il denaro “vero” non ha più importanza: può,ad esempio, essere “creato” dalla Zecca di Stato.

L’idea di base, ad esempio, se si vogliono comperare 1.000 “auto blu”, per gli operatori dello Stato, è molto semplice: si chiama il responsabile vendite della marca che più aggrada, si ordinano le auto, e quindi si chiama il responsabile della Zecca di Stato e si fa recapitare all’Azienda che vende le auto un furgone pieno di denaro stampato ad hoc.

Questa è l’onnipotenza di un sistema di Stato che opera in una dimensione astratta, autoreferenziale (la strategia funziona solo, ovviamente, fino a che i nodi non vengono al pettine; fino a che non ci si scontra con la “realtà reale” delle cose – si è visto ad esempio che alla stampa di nuovo denaro corrispondono problemi come l’inflazione).

Ma la nuova versione dell’economia fornisce un altro espediente per spendere senza la necessità di procurarsi denaro reale; un espediente che apparentemente da meno problemi del precedente: quello di contrarre dei debiti (questo è il problema che ha creato, tra le altre cose, la sudditanza dell’Italia nei confronti della Germania).

In questo caso vi è il problema che una specifica amministrazione statale (un partito o una coalizione in quel momento al governo) non solo spende i soldi senza il consenso (o il controllo) dei Cittadini; ma fa ricadere la responsabilità delle proprie spese sulle spalle delle parti politiche che seguiranno, le quali dovendo ricoprire, con i proventi delle tasse, questi buchi finanziari lasciati dai governi precedenti, non saranno più in grado di effettuare spese per servizi ed infrastrutture utili ai Cittadini.

Questo metodo di spendere anche ciò che non si ha in tasca nella Social-democrazia è divenuto addirittura un dogma: il “deficit spending”; ovvero è divenuto la cosiddetta dottrina Keynesiana (la Crisi attuale, dalla quale non si riesce ad uscire, deriva proprio dal deficit spending attuato per anni dagli Stati Social-democratici – in particolare deriva da un doppio crack legato al deficit spending nel settore dei mutui per la casa: a causa di queste “politiche di spesa creative” sono prima crollate le finanze di Stato, poi è crollata Wall Street che aveva scommesso sulla validità di quell’idea).

le due differenti concezioni di Tasse

Proviamo quindi ad analizzare la questione delle Tasse nella loro concezione “reale” in quanto colletta sostenuta dai Cittadini per attuare delle Spese di pubblica utilità.

le spese (e tasse) nella democrazia reale

Il caso classico nel quale si applica questo concetto in una comunità umana è il condominio. La Democrazia altro non è che un condominio (con una assemblea più vasta della norma); nasce proprio come con-dominium (un insieme di persone che detengono il potere e gestiscono in prima persona un contesto).

In questo caso la regola è:

(A) i Con-dominus individuano la necessità di effettuare un lavoro, e valutano alcune ipotesi di costi.

(B) nel Con-dominium vi è un amministratore (che non ha nessun potere proprio – di decisione, di azione) il quale viene incaricato di gestire le questioni relative ai lavori specifici da effettuare (decisi dai Con-dominus).

spese (e tasse) nella Social-democrazia

Nella Social-democrazia si inverte il Processo:

(A) l’Amministratore decide che alcuni lavori vanno fatti.

(B) E quindi chiede ai Cittadini di versare una quota in denaro per tali spese,

In questo caso vengono meno sia il concetto di Democrazia come Sistema di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, sia il concetto di Sovranità del Cittadino: i Cittadini da Sovrani divengono divengono dei subordinati – dei sudditi – dell’amministratore (Stato). E la Democrazia diviene un Sistema di soddisfazione dei bisogni della Amministrazione (la Classe politica).

Il problema è che, in effetti, in un primo tempo la Classe politica potrebbe anche essere attenta alle esigenze dei Cittadini, ma poi essa è letteralmente costretta, in un sistema come la Social-democrazia che non prevede la partecipazione dei Cittadini alla gestione delle questioni di governo, e che quindi pone i partiti nella assoluta necessità a “curare i propri interessi” … se vogliono contare nel gioco della Politica fatta in questo modo (in un sistema dove “i concorrenti” giocano fuori dalle regole, chi non si adegua sparisce).

Nella Social-democrazia i Cittadini perdono le loro prerogative iniziali a causa del problema individuato in precedenza: in tutti i casi in cui il potere viene assunto da qualcuno, per quanto tale potere sia inizialmente “minimo”, vi è una tendenza da parte del detentore di tale potere ad “allargarlo” gradualmente.

il problema del fallimento della Social-democrazia in quanto perdita del significato originario dello Stato come Amministratore

Il problema del fallimento economico e funzionale del Sistema social-democratico è dovuto al fatto che in tale caso gli Amministratori (lo Stato) non solo scelgono essi stessi i lavori che vanno effettuati “per il bene dei Cittadini” (senza interpellarli in proposito – e senza nemmeno condividere la vita di condominio). Ma che essi non scelgono i fornitori secondo criteri di qualità, e non verificano nemmeno l’effettiva riuscita di tali lavori (il funzionamento dei servizi erogati).

Analizzando la caratteristica del Sistema democratico in quanto Amministratore, lo Stato è un po’ come un amministratore di un circolo ricreativo che inizialmente raccoglie le collette di denaro promosse dai Soci (diciamo mediamente 60 Euro all’anno”). E che ad un certo punto cambia metodo, e dice ad ogni socio ”da oggi mi dai 100 euro all’anno per coprire le spese”.

Ciò può avvenire perchè i soci hanno compilato distrattamente il regolamento, e l’Amministratore non solo ha la possibilità di fare ciò; il suo mandato non può nemmeno essere revocato dai Soci. Quindi l’Amministratore a questo punto può effettivamente fare ciò che vuole lui: non solo esso decide i lavori da fare, ma può cominciare a mettere una “tassa annuale” che prescinde dalle spese effettive per il Circolo. E può aumentarla ogni anno a suo piacimento (la differenza tra la Democrazia ed un Circolo è che da quest’ultimo una persona se ne può andare, disgustata dalla piega che hanno preso le cose; dallo Stato non se ne può andare nessuno: se un Cittadino non paga le tasse, anche se non usufruisce di Servizi statali, finisce in galera).

Lo Stato in Social-democrazia è quindi un amministratore che non amministra affatto (non segue le regole dell’amministrazione, ossia di Economia), ma comanda dei sottoposti (dei sudditi) in base ai suoi interessi.

E’ quindi chiaro che un tale amministratore, lanciato in una “politica delle spese”, finisce per mandare in bancarotta quell’ente (la Nazione) che inizialmente (almeno sulla carta) amministrava per conto dei “Soci” (i Cittadini).

Ciò accade, appunto, perchè tale Amministratore (lo Stato) opera fuori dalle regole della Democrazia: non agisce in funzione delle reali necessità dei Cittadini fuori dalle regole dell’amministrazione: non facendo gli interessi dell’ente, ma muovendosi in modo arbitrario fuori dalle regole dell’economia: non perseguendo un obiettivo positivo di costi/benefici nelle spese fuori dalle Leggi: avendo dei “tornaconti personali” nei confronti dei fornitori (riconosciutigli in modo “tangibile” da questi ultimi).

Il ruolo dello Stato si trasforma da quello di amministratore a quello di player nel gioco della Politica.

Nel caso più specifico del

Sistema della Social-democrazia, che ha trasformato la Democrazia (originaria, quella nella quale i Cittadini si interessano in prima persona del “governo” del territorio) in un Sistema di “gioco della Politica”, ogni azione da parte della Classe politica diviene una azione per ottenere maggior consenso.

In altre parole ogni azione delle Istituzioni governative (da quelle statali a quelle del Quartiere), viene ad essere mirata a spendere somme di denaro per ingraziarsi fasce di Cittadini o Imprese (ossia per voti ad essi legati) attraverso metodi come quello di dare lavoro a persone influenti o ad Aziende di peso (la Sinistra ha un sistema molto efficiente di Cooperative), a fare “belle cose” che fungano da propaganda (un caso tipico sono gli eventi “culturali”).

Un altro scopo di tali azioni è, ovviamente, il “tornaconto pecuniario” che serve a supportare il partito (e non solo).

L’Amministrazione dello Stato diviene quindi orientata a spendere denaro quasi unicamente per poter ottenere maggior supporto elettorale.

Per questa ragione gli Amministratori ad ogni livello in Social-democrazia scelgono fornitori che servono loro come canale per ottenere voti sul territorio (sostanzialmente sono costretti a farlo se vogliono sopravvivere, ossia poter continuare a servire la loro causa – questa divine la nova forma di meritocrazia che permette di avere successo nel nuovo gioco della politica: non vi è altra scelta per un Movimento o un Partito che vogliano entrare nel sistema della Social-demcorazia nella sua conformazione attuale).

In un certo senso si può dire che la Social-demcorazia è basata sul “voto di scambio”.

In base a questo interesse delle Politica, all’atto pratico, nella gestione delle spese i vari livelli dello Stato finiscono quindi per non verificare, in molti casi, i prezzi dei servizi offerti dai fornitori (il caso più eclatante è quello di De Benedetti che vendeva alle Poste computer ad un prezzo superiore a quello di listino; truffa accettata dallo Stato, che chiunque sarebbe stato in grado di smascherare). E finiscono per non verificare più la qualità dei lavori effettuati: non è più interesse farlo, poiché c’è una “condivisione di interessi” tra amministrazione e fornitore.

Nello Stato social-democratico appunto, al giorno d’oggi “i lavori” non funzionano affatto. Inoltre il fatto che essi debbano venir rifatti dopo pochi anni, in tale tipo di sistema, non è che un vantaggio per politici e fornitori: a ciò conduce un sistema come quello della Social-democrazia attuale privo di controllo da parte di terzi (ormai in tale sistema il controllore è il controllato).

L’aspetto peggiore, che più degli altri contribuisce a mandare in fallimento il Sistema democrazia, è,

in un contesto del genere privo di partecipazione e di controllo da parte dei Cittadini, che si finisce per fare per lo più spese inutili.

(spese come costruzione di nuove strutture pubbliche, ristrutturazione di strutture esistenti (casi clamorosi sono le riasfaltature, la sostituzione di impianti semaforici ancora funzionanti, ecc …)

(vedi sistema di Spending review dal basso descritto in latri documenti: un Sito nel quale i Cittadini creano gruppi di lavoro per analizzare le spese dei Comuni)

le Tasse dovute allo Stato perchè esso esiste

Con questa forma “errata” di Amministrazione dal parte dello Stato social-democratico, la Democrazia viene quindi a perdere la sua qualità di base: il suo essere un sistema di soddisfazione dei bisogni dei Cittadini (il sistema diviene cioè un sistema di soddisfazione dei bisogni degli amministratori, Partiti o individui; e dei bisogni delle persone o di enti ad essi contigui).

Ma c’è un aspetto ancora peggiore di questo Sistema, al quale si è arrivati con il progressivo “allargarsi” dello Stato.

Per analizzare questo caso vediamo un esempio: se un nostro vicino di casa ci dicesse “mi devi dare 10 euro al mese perchè esisto”, o “perchè ti tengo compagnia” (cosa che però a me non interessa, anzi mi è antipatico) noi ci guarderemmo bene dal dargliele. E se me li prendesse (di dosso, o dal nostro appartamento) lo denunceremmo perchè ha commesso una violenza nei nostri confronti. Così funziona, ad esempio, il pizzo (in questo caso conviene decisamente non sporgere denuncia).

Il fatto è che lo Stato si comporta prorpio in questo modo: ad un certo punto della sua evoluzione lo Stato finisce per chiedere soldi ai Cittadini solo perchè esiste: o meglio, perchè ha bisogno di soldi per continuare ad esistere, senza più dover addurre giustificazioni di lavori da effettuare per il bene della collettività (anche in questo caso conviene non sporgere denuncia).

Raggiunta tale condizione del Sistema-democrazia, come appare dalla attuale situazione dello Stato italiano, è ovvio che

i soldi prelevati con le tasse servono solo per mantenere in vita lo Stato e l’apparato ad esso contiguo: per pagare i privilegi di classe politica;

per “sostenere” le aziende (o Banche) amiche dello Stato (Aziende o Banche che, per aver seguito i principi della Social-demcorazia, del Mercato sostenuto dallo Stato, sono in crisi proprio per essere uscite da un’ottica di economia reale, di meritocrazia. E tale denaro serve per continuare a stipendiare la sotto-classe dei “dipendenti statali” i quali a quel punto, per quanto siano onesti e premurosi, fanno ormai un lavoro in gran parte inutile,

Bisogna però riconoscere che però il pizzo funziona dove è praticato dalla Mafia “tradizionale”: laddove viene pagato in effetti viene garantita una effettiva protezione. Lo stato prende i soldi, ma non è in grado di garantire le sue promesse.

l’inefficienza del “Ciclo delle Tasse”

Uno dei problemi di fondo della Social-democrazia è intrinseco al suo modello di lavori pubblici sostenuto dal “ciclo delle Tasse” (si parla del metodo attuale con il quale (1) il Cittadino paga una somma di denaro allo Stato, (2) lo Stato amministra tale denaro, e (3)quindi un fornitore, che viene incaricato dallo Stato di erogare un servizio pubblico, viene pagato con quei soldi.

Il fatto è che, anche in un caso in cui tutti gli operatori coinvolti (pubblici e privati) nella gestione dei lavori pubblici siano massimamente onesti, competenti ed aperti alle esigenze del prossimo, il “sistema di gestione delle Tasse” è di per sé assolutamente inefficiente (ovvero è inefficiente il sistema di lavori pubblici pagati tramite le tasse nella loro concezione attuale).

Ciò è evidente anche solo ad una prima comparazione del citato sistema Social-democratico con il sistema delle Democrazia liberale (utilizzato nella antica Atene, ma anche, a livello locale, alla nascita delle Democrazia USA – ed oggi indicato come necessario dalle direttive UE sulla Sussidiarietà).

Nel sistema del “ciclo delle tasse” tipico della Social-democrazia un lavoro costa molto di più (e con risultati qualitativi decisamente inferiori) rispetto ad un lavoro prodotto in un regime di Democrazia reale (compartecipata da parte dei Cittadini – oggi definita come regime di Sussidiarietà)

Nel “sistema della Tasse”, infatti, per chiudere un buco su un marciapiede, il cui costo dell’intervento effettuato in regime realmente democratico, Liberale, sarebbe di 30 € (per il materiale ed per un’ora di lavoro di un manovale), può costare centinaia di euro.

Ciò accade per il fatto che in questo sistema dopo che viene pagata una tassa da parte dei Cittadini, il denaro deve “andare a Roma” (deve essere trattato dal Sistema di amministrazione dello Stato – ma deve anche “passare” dagli uffici della Pubblica amministrazione ai vari livelli fino a quello locale dove il Comune interviene per riparare il buco sul quel marciapiede). E’ cioè necessario pagare con i soldi della tasse, in primo luogo, la macchina burocratica dello stato preposta a gestire i “lavori pubblici” (si tratta di tutta la cosiddetta Pubblica Amministrazione): è necessario cioè pagare gli stipendi dei dipendenti degli uffici amministrativi, gli uffici (costa costruirli, affittarli, riscaldarli, manutenerli con lo stesso metodo, ecc ..), i servizi interni ed esterni che servono a supportare la macchina burocratica, ecc …

Si deve tener conto che in realtà in un reale regime di Sussidiarietà vi sono efficienze ed economie a più livelli: gran parte dei lavori “pubblici” può in tale caso essere svolto dai Cittadini (spesso in modalità di volontariato) – oggi cominciano a nascere molte iniziative di questo tipo, come la riparazione ed imbiancatura delle scuole da parte dei genitori.

In primo luogo quindi l’attuale fallimento dello Stato Social-democratico dipende da un fattore intrinseco al suo modello: il costo di amministrazione del denaro processato con il ciclo delle tasse

(la sovrastruttura burocratica che si mangia una parte enorme del denaro versato dai cittadini).

E’ quindi importante comprendere come anche in una Social-democrazia ideale, perfetta, nella quale non esistessero i problemi a cui si accennato in precedenza (spese effettuate per sostenere il consenso elettorale, corruzione, ecc …) ivi sia comunque un difetto di fabbrica che contribuisce in modo determinante a condurre lo Stato Social-democratico al fallimento.

Riassumendo quindi, una delle caratteristiche negative dei lavori pubblici gestiti attraverso il ciclo delle tasse social-demcoratico è la già citata qualità molto bassa dei lavori effettuati per il fatto che in tal caso la gli organismi pubblici finiscono per avere un interesse diverso da quello iniziale, che era di controllare la qualità del fornitore, e la qualità dei lavori effettuati.

Nel caso della Sussidiarietà (o comunque di una Democrazia liberale) invece i Cittadini intervengono solo quando vi è un lavoro per il quale vale la pena spendere. Scegliendo essi stessi il fornitore (ma in gran parte dei casi possono effettuare essi stessi il lavoro), il quale a questo punto opera “sotto l’occhio del cliente” (ovvero, come dovrebbe sempre accadere, “ci mette la faccia”).

LA CONCEZIONE IDEOLOGICA DELLA TASSE:TASSE COME FORMA DI GIUSTIZIA PER I POVERI

Il problema delle Tasse come sono concepite oggi nell’Europa social-democratica viene in realtà giustificato in modo ideologico: ossia come forma di “giustizia” dei poveri nei confronti dei ricchi.

Si tratta di un retaggio del Marxismo nel quale i Borghesi – ai quali si debbono espropriare i ben – divengono oggi coloro i quali praticano un lavoro “autonomo” (liberi professionisti ed imprenditori); ed i destinatari di tali ricchezze espropriate divengono in nuovi proletari, chi oggi non vive di lavoro prorpio: i “dipendenti” (ovviamente questa è solo una affermazione di facciata, poiché in realtà le cassi più povere sono anch’esse tartassate – gli appartenenti a questa classi sono costrette a svendere le loro proprietà non essendo di pagare le tasse imposte su di esse; e vittime dei servizi pubblici mal funzionanti – che le classi ricche possono comunque sostituire con servizi privati).

Il sistema di tassazione delle Social-democrazia è definito come sistema di “ripartizione delle ricchezze”, ossia come un sistema che pratica una “eguale distribuzione delle ricchezze” tra i Cittadini, a prescindere dal valore che essi producono.

Tale sistema non è molto dissimile da quello utilizzato in Unione Sovietica, nel quale lo Stato requisiva i beni dei Cittadini per ridistribuirli poi in modo “giusto” (il termine utilizzato oggi è “Tassa sulla ricchezza”).

Questo sistema di tassazione in funzione della ri-distribuzione delle ricchezze non è mai funzionato (di fatto ha portato sempre ad una profonda povertà, ed inefficienza dei servizi, dove è stato applicato)

perchè oltre a contraddire i Principi fondamentali della Democrazia (libertà da parte delle Persone di godere dei propri beni), esso contraddice anche i “Principi di funzionamento dell’”animo umano” (tra le altre cose, si tratta della tendenza naturale dell’uomo ad aspirare a realizzare se stesso; a “funzionare” in modo creativo, produttivo quando esso è inserito in un sistema meritocratico; ecc… ) e della Economia reale e della .Comunità sociali umane (che sono sempre funzionate quando gli individui che le compongono sono state in grado di sviluppare al meglio, in modo spontaneo, le loro qualità).

=

Il Sistema della “redistribuzione delle ricchezze” nasce, si afferma, con l’intento dichiarato di contrastare l’arbitrarietà della distribuzione delle ricchezze all’interno della comunità sociale che si sviluppa in modo spontaneo.

Ma

per la Scienza (Antropologia, Psicologia, Economia – quella originaria di Adamo Smith) arbitrario è prorpio, in un sistema complesso come la società umana, l’interventodi singole intelligenze che pretendono di modificare il funzionamento della società in base a concetti ideologici

(i quali, come si è detto, non sono né scientifici, né si basano su risultati sperimentati).

Ovvero la Scienza moderna ci dicembre che ogni sistema creato dall’uomo è basato su Leggi scientifiche che non possono essere modificate arbitrariamente senza creare gravi problemi al sistema.

La base di questa interpretazione ideologica dello scenario economico di una nazione deriva da un equivoco sull’interpretazione delle fasi critiche che lo caratterizzano (che caratterizzano qualsiasi sistema concepito e gestito da esseri umani).

Nella visione della Economia ancora legata alla realtà dei fatti (e della Cultura tradizionale dell’uomo), tali fasi hanno una precisa ragion d’essere: (e crisi economiche del Mercato, ad esempio, non sono altro che fasi necessarie per una auto-correzione di un sistema nel quale gli operatori avevano finito per non seguire più le regole di funzionamento del sistema, ed erano finiti quindi “fuori strada”.

In questo caso, con l’intervento “dall’alto” (dall’esterno) di tipo Social-democratico (Keynesiano), si effettua una correzione “artificiale” del funzionamento spontaneo di un sistema con il quale si impedisce quindi a tale sistema di riprendere la rotta corretta (una rotta, cioè, che ritorni a rispettare i principi di funzionamento del sistema). Più nello specifico, in tal modo si finisce cioè per intervenire sullo scenario economico nazionale, paradossalmente, peggiorando le cose; poiché così facendo si sviluppano maggiormente prorpio quelle qualità negative che hanno prodotto la crisi (si ricorda che la crisi attuale deriva prorpio da un crack dovuto al fallimento di questo metodo di “gestione dall’alto” del mercato immobiliare).

La questione è cioè, ad esempio, che quando entra in crisi il Mercato quasi sempre ciò accade per il fatto che viene a mancare la “domanda” (i potenziali acquirenti delle merci) per il fatto che i beni prodotti non rappresentano più per le persone una valida occasione di acquisto (questa è sempre la causa principale): nemmeno la pubblicità battente convince più le perone ad acquistare beni considerati essere superflui.

Avviene quindi, in una concezione Keynesiana (social-democratica), che per tenere in piedi il Mercato si premiano questi produttori senza qualità con interventi pubblici di sostegno.

In questo modo si interviene appunto arbitrariamente rispetto alle regole del mercato producendo conseguenze disastrose:

(1) Continuando a sostenere tale tipo tipo di imprese non si fa che rimandare la crisi (si noti l’errore che si commette in questo caso: dopo la prima distribuzione dei danaro per 2gli stimoli” i Cittadini devono pagare nuove tasse che li mettono in condizione di non poter comperare comunque i prodotti, e quindi l’economia non riparte affatto).

(2) D’altro canto, con questo tipo di politica da parte dello Stato, gli imprenditori più seri, che sono invece in grado di offrire prodotti di qualità, che per anni hanno atteso il crollo dei produttori di scarsa qualità che offuscavano i loro prodotti per mezzo di ingenti investimenti in pubblicità, si trovano a questo punto ancora più svantaggiati di prima (e beffati dal fatto che essi devono pagare tasse più elevate per sostenere i produttori “senza qualità”).

La gravità delle crisi come quella attuale (per la quale “gli esperti” non sono in grado di individuare una soluzione) deriva dal fatto che nel mondo delle Ideologie nel quale si opera in Social-demcorazia

non si vuole prendere in considerazione il dato storico che indica che la pianificazione dell’economica da parte dello Stato ha sempre portato a crisi molto profonde non perchè “non si è fatto abbastanza” in direzione delle regole della Social-democrazia; ma prorpio perchè si sono voluti applicare dogmi ideologici al posto di criteri scientifici (Economia reale).

Dogmi con i quali, “drogando” il Mercato, pur ottenendo apparenti risultati positivi nell’immediato, si è prodotto nel medio-breve periodo l’esplosione della “bolla” così creata, creando condizioni peggiori di quelle precedenti.

Ovvero, dal punto di vista dei Principi democratici, nel mondo delle Ideologie non ci si vuole rendere conto che in nome di una “giustizia” sociale ideologica, attuando il metodo della “ridistribuzione delle ricchezze”, si commettono di fatto gravi ingiustizie nei confronti di una gran parte dei Cittadini. E, sopratutto, non ci si vuole rendere conto che alla fine, utilizzando tale metodo, sono tutti i Cittadini a pagare le conseguenze (come si è detto, alla fine la nuova povertà colpisce maggiormente le classi meno abbienti che si volevano aiutare).

In altre parole in Social-democrazia, attraverso il sistema delle Tasse nella concezione ideologica di ridistribuzione delle ricchezze, volendo favorire i meno abbienti (e quindi, indirettamente sfavorendo altri, i quali sono, per inciso, “il motore” economico della società moderna) produce un importante fattore negativo per una società democratica: in sostanza, cioè, le tasse sulla ricchezza (sulla proprietà, sulle attività più produttive, ecc … ) divengono una sorta di tassa sull’intraprendenza . Ovvero, indirettamente, divengono un modo per inibire l’intraprendenza dei Cittadini, la loro “voglia di fare” per dare il meglio di sè nei confronti degli altri (per la Società).

Il vero problema attuale è che non si comprende (a causa dei limiti mentali delle persone assorbite dall’ideologia, definita appunto come sistema di Idee “senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi”) che la crisi che sta colpendo la Democrazia europea nasce prorpio a causa di questa applicazione di regole ideologiche della Social-democrazia; ma, anzi, si pensa che essa sia prodotta da una ancora non completa applicazione di tali regole, e si insiste quindi a tentare di correggere il problema con gli stessi strumenti che l’anno creato.

Sembra essere un caso come quello di Paperino che si sega il ramo sotto il sedere, e cade dall’albero. La conseguenza di ciò è infatti che il sistema social-democratico funziona sempre peggio: produce sempre maggior povertà, sempre maggior inefficienza della macchina pubblica (i meno abbienti divengono poveri).

Ciò accade, appunto, per il fatto che con tale metodo si induce nel sistema social-democratico una viziosità di base nel sistema sociale a causa della quale la Società, penalizzando le migliori qualità dei Cittadini, arresta il flusso spontaneo di produzione della “ricchezza” (lo sviluppo di realtà aziendali, di libere professioni). E ciò non vale solo per le attività in corso: la viziosità del sistema sta anche nel fatto che i giovani che entrano nel mondo del lavoro, i quali in precedenza in maggioranza affermavano di voler aprire, usciti dalla scuole, una attività in proprio, divengono presto una minoranza (come evidenziato da un doppio sondaggio negli anni ‘90, dopo una serie di interventi del ministro Visco che hanno elevato le tasse per i lavoratori autonomi e le imprese).

Con l’applicazione del metodo social-demcoratico di pianificazione dell’economia, sostanzialmente, favorendo i “meno capaci” si ottiene un impoverimento della qualità sociali delle persone: si sviluppa una “inettitudine imparata”, come mostrano alcuni studi recenti (ciò avviene in particolar modo all’interno delle strutture pubbliche: cosa che rende altamente inefficienti tali strutture).

  1. [NEXT] insostenibilità delle spese in social-demcorazia

  2. [NEXT] (&) sistema delle tasse: possibili soluzioni


1 Treccani

2 Treccani

3 Questo è infatti il nome di una rivista socialista.

6 Einstein: «A priori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico (…). Ci si potrebbe attendere che il mondo si manifesti come soggetto alle leggi solo a condizione che noi operiamo un intervento ordinatore.” (ad esempio, ci si potrebbe aspettare che il Mondo possa funzionare solo con “l’intervento ordinatore” della Social-demcorazia). Ma, di fatto, dice Einstein, la Scienza ha rivelato “ un alto grado d’ordine nel mondo oggettivo” (del mondo così come è nel suo stato naturale).

Ancora sul tentativo di razionalizzazione della realtà, Einstein afferma: “Come si può mettere la Nona di Beethoven in un diagramma cartesiano? Ci sono delle realtà che non sono quantificabili. L’universo non è i miei numeri: è pervaso tutto dal mistero. Chi non ha il senso del mistero è un uomo mezzo morto”

7 Il Diritto naturale “presuppone l’esistenza di una norma di condotta intersoggettiva universalmente valida e immutabile “ Wikipedia

8 La testimonianza di un Soldato “Al mattino del mercoledì, giorno 14, riceviamo l’ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti ed incendiarlo. Entrammo nel paese, subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava ed infine abbiamo dato l’incendio al paese, di circa 4500 abitanti. Quale desolazione non si poteva stare d’intorno per il gran calore e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti e chi sotto le rovine delle case”.

9 Packard – I persuasori occulti, Einaudi, Torino

10 Wikipedia: “L’egemonia culturale è un concetto che indica le varie forme di «dominio» culturale e/o di «direzione intellettuale e morale» [Gramsci, Quaderni dal carcere] da parte di un gruppo o di una classe che sia in grado di imporre ad altri gruppi, attraverso pratiche quotidiane e credenze condivise, i propri punti di vista fino alla loro interiorizzazione, creando i presupposti per un complesso sistema di controllo.”.

11 Vedi l documento “La manipolazione delle masse”, scaricabile dal Sito.

12 Artificiale: “Fatto, (…) in contrapposizione a ciò che è per natura (…) ottenuto per opera dell’uomo” – Dizionario Treccani

13 Dizionario Treccani

14 Treccani

17 non suffragata, come è per tutte le Ideologie, nè da reali argomentazioni scientifiche, nè da osservazioni empiriche delle società tradizionali, in gran maggioranza anche all’epoca della formulazioni di tale Ideologia

18 (Treccani) “a. In filosofia, l’atto con cui l’uomo si determina secondo la propria legge (…) – b. In diritto internazionale, lo stesso che autodecisione dei popoli.”

19 la Treccani riporta un caso esplicito: “Per analogia, condominio internazionale, situazione nella quale si trova un territorio sottoposto alla sovranità di due o più stati”

20 Treccani

22 Citazioni dall’Enciclopedia Treccani.

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