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    M5S nel salotto della finanza sfiducia subito i manager Pd – IlGiornale.it

    8 years ago

    Da San Paolo a Crt, il peso del Comune di Torino nelle due fondazioni. E l’Appendino invoca il repulisti

    I grillini entrano in banca. E non dallo sportello, ma dalla porta più esclusiva, quella dei grandi soci che controllano i due campioni del credito nazionale: le Fondazioni azioniste di Intesa e Unicredit.

     

    È questo il portato economico-finanziario della vittoria di Chiara Appendino nella corsa a sindaco di Torino, la maggiore sorpresa delle urne dei ballottaggi. Talmente inattesa che nessuno ci aveva pensato. Eppure il Comune di Torino ha un peso enorme negli equilibri, nella governance delle due grandi Fondazioni della città: nomina due consiglieri nell’organo di indirizzo nella Compagnia di San Paolo e tre in quello della Crt. Non solo, ma nella prima è tradizione consolidata che il sindaco della Mole indichi il presidente.

    Di cosa stiamo parlando? La Compagnia di Sanpaolo è il socio numero uno della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, con il 9,9% del capitale e il potere di nominarne il presidente (l’attuale è il torinese Gian Maria Gros Pietro). Crt è invece azionista di Unicredit con il 2,5%, ed esprime un vicepresidente (Fabrizio Palenzona). Per Torino e l’intero Nord Italia sono due potenze: hanno un patrimonio rispettivamente di 5,8 e 2,2 miliardi, e controllano altre quote strategiche in santuari della finanza nazionale. Crt, per esempio, detiene l’1,2% delle Generali e il 5% in Atlantia (la holding di Autostrade). E gli utili del bilancio rappresentano il punto di caduta del potere finanziario: sono le erogazioni da destinare al territorio. Nel 2015, oltre 140 milioni la Compagnia, 38 milioni la Crt. E se è vero che si tratta di enti di diritto privato, il loro controllo dipende però dalla politica locale. Ed è qui che entrerà in gioco il nuovo corso targato M5s.

    Non è un caso che nelle sue prime esternazioni Appendino abbia proprio colpito la Compagnia, chiedendo la testa del presidente Francesco Profumo: «Dovrebbe fare un passo indietro, non abbiamo condiviso la sua nomina». Tanto che, forse, non è un caso nemmeno che gli attuali vertici della Compagnia siano stati rinnovati poche settimane fa, nel solco di una tradizione tutta Pd: Profumo (ex ministro e rettore) è stato indicato da Fassino proprio per non averlo come possibile sfidante nelle comunali. D’altra parte sulla poltrona del numero uno della Fondazione sedeva fino a due anni fa l’attuale governatore ed ex sindaco Sergio Chiamparino. Che era anche vicepresidente dell’Acri, la potente lobby delle Fondazioni italiane guidata dal presidente della Cariplo Giuseppe Guzzetti, dove è appena entrato Profumo. In altri termini, Appendino si trova a occupare una posizione ponte tra politica e finanza. E se sulla Compagnia poco può pretendere, perché i vertici sono ormai legittimamente nominati, diverso è quello che potrebbe accadere su Crt, il cui consiglio, guidato dal presidente Antonio Maria Marocco è in scadenza. E c’è da scommettere che M5s renderà ben difficile l’arrivo alla presidenza di Enzo Ghigo, ex governatore di centrodestra, per il quale esisterebbe già un accordo con il Pd.

    Ma c’è di più: Fassino siede anche nel cda della Cassa Depositi e Prestiti, l’arsenale finanziario del Tesoro (a cui partecipano anche le Fondazioni), che gestisce 250 miliardi di risparmio postale e controlla Eni, Terna, Snam, Fincantieri, Poste; ha appena investito 500 milioni nel fondo Atlante e sta muovendo verso l’Ilva. Ebbene Fassino – che sta nel cda «allargato» per la «gestione separata» della Cassa – in rappresentanza dei Comuni, dovrà dare le dimissioni. E bisognerà allora vedere se il governo (la nomina spetta al Tesoro) lo sostituirà come sembrerebbe logico con Appendino. O se si inventerà qualcos’altro.

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