Articolo 4 su 6 del fascicolo Policies 2.0

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SINOSSI DEL TESTO

  1. OK

In questo articolo si analizza come sia possibile trasformare l’attuale forma di Government gestito dalla “Politica”, in un Government – realmente – partecipato.

Si tratta, sostanzialmente, di:

■ definire un nuovo approccio alla soluzione dei problemi (Problem solver)

■ ribaltare il paradigma dell’azione governativa: la partecipazione – ora un principio ancora sulla carta – deve divenire il motore della governance.

E’ inoltre necessario, parallelamente, operare una trasformazione delle attuali Istituzioni politiche per favorire lo sviluppo di una partecipazione istituzionale di livello superiore a quello qui indicato.

Steps per lo sviluppo della partecipazione

( scaletta .. )

Per formulare un programma che porti realmente allo sviluppo di una governance partecipata è necessario:

1) chiarire il significato del termine Partecipazione: è necessario in primo luogo definire il problema, altrimenti non si può definire una “cura”). Oggi il termine partecipazione, come si illustra più avanti, è utilizzato con una modalità che non può portare a produrre una reale partecipazione (ha assunto un signficato fuorviante).

2) dotarsi di una Vision della partecipazione: non vi può essere un programma operativo se non vi è una visione di come si vorrebbe che andassero le cose.

3) formulare un Programma per lo sviluppo di una reale partecipazione. E’ necessario in primo luogo creare processi e strumenti di partecipazione. E quindi creare le condizioni affinché i cittadini siano in grado di partecipare in modo effettivo (e siano motivati a farlo). Per questa ragione è necessario ● portare i processi a livello ultra-locale; ● sviluppare nella cittadinanza una cultura della partecipazione.

STRATEGIE PER LO SVILUPPO DELLA PARTECIPAZIONE

■ DEFINIRE UN NUOVO APPROCCIO ALLA SOLUZIONE DEI PROBLEMI (Problem solver)

  1. OK

Non si può risolvere un problema senza cambiarne le cause a monte. Ovvero non si può risolvere un problema se lo si analizza in un ambito circoscritto: è necessario allargare il focus sino a che si vede la situazione generale nella quale è inserito il problema.

In altri termini,

non è possibile risolvere un problema
se non si cambiano i fattori che producono il problema.

l’approccio attuale

Nell’approccio attuale, detto pensiero critico, ci si focalizza sul problema, e si cerca di correggere l’errore.

Ovviamente con l’approccio attuale non si può produrre innovazione (né la riforma un Sistema). Sostanzialmente in questo modo si opera per mantenere lo stats quo (ciò che nel Gattopardo è indicato come “cambiare qualcosa per non cambiare nulla”).

La questione non è irrilevante: poiché ci riferisce ad un sistema nel quale esiste effettivamente un problema (che produce dei danni). E quindi non modificando le cose alla base del processo di sviluppo dei problemi, ma applicando unicamente dei correttivi (che danno effetti positivi temporanei), nel lungo periodo tali problemi emergeranno in misura ancor maggiore.

l’approccio problem solver

Con l’approccio problem solver si segue un percorso completamente differente: si mira a sanare la situazione (e non a correggere l’errore)

Per passare all’approccio problem solver è necessario lasciare da parte gli obiettivi specifici individuati in precedenza (che sono, appunto, falsi obiettivi).

E, come in qualsiasi processo di progettazione di reale innovazione, è necessario adottare un approccio visionario (dotarsi di una Vision) [vedi più avanti]. Senza tale tipo di approccio, appunto, non vi può essere innovazione (riforma del sistema in direzione di una reale partecipazione).

■ RIBALTARE IL PARADIGMA DELL’AZIONE GOVERNATIVA

  1. OK

In generale,

l’errore delle strategie attuali risiede nel
cercare di sviluppare nuove forme di “politica” partecipata,
senza cambiare i modelli che ne sono alla base.

In questo modo tali politiche risultano essere intrinsecamente fallimentari, poiché non si perviene mai ad un reale processo di partecipazione.

Il problema, a monte di tutto, consiste nel fatto che ciò che si propone non è una reale partecipazione, ma un tentativo di avere – secondo i vecchi canoni della politica dei partiti – una adesione della cittadinanza ad idee e a programmi concepiti dall’alto (vedi più avanti).

Ovvero oggi è necessario, a monte di tutto, definire un nuovo modello di “politica”, sostanzialmente differente da quello precedente, nel quale

la partecipazione
– ora un principio ancora sulla carta –
diviene il motore della governance
.

Sostanzialmente si tratta di rimettere l’uomo al centro della progettazione delle soluzioni, e non le “politiche”.

Ci si deve rendere conto che si tratta di progettare il futuro. Ossia si tratta non di ottimizzare di un sistema (o di correggerne gli errori), ma di cambiare le fondamenta del sistema. Ciò rappresenta una discontinuità nel processo di evoluzione della politica, un radicale cambiamento della concezione attuale della politica.

STEPS PER LO SVILUPPO DELLA PARTECIPAZIONE

1) chiarire il significato del termine partecipazione

2) dotarsi di una Vision della partecipazione

3) formulare Programma di implementazione della partecipazione

1) chiarire il significato del termine partecipazione

OK

Per realizzare dei programmi “politici” è ovviamente necessario sapere dove si vuole arrivare (sapere in modo compiuto cosa si vuole realizzare).

Per quanto concerne il nostro caso è necessario sapere cosa significa, nella realtà delle cose, la “partecipazione democratica”.

Ciò significa avere chiaro in mente in primo luogo quale è il significato generale del termine partecipazione (i principi secondo i quali essa si determina, le regole da seguire per svilupparla, ecc …).

Il problema è che oggi sembra spesso che ci si muova in direzione della partecipazione con delle idee su di essa non-proprio-chiare (ossia i percorsi di sviluppo della partecipazione sono molto spesso afflitti da un difetto nel manico: ci si muove in base ad equivoci che portano alla definizione di strategie che non riescono a produrre i risultati voluti).

  1. .. schizofrenico …

L’equivoco è prodotto da un errore di metodo che ricorre spesso nella storia dell’uomo, e che tende a ritardare spesso ritardato l’implementazione di innovazioni: si pretende di concepire soluzioni innovative applicando i vecchi canoni.

Nel nostro caso,

si continua a ragionare
nei termini di Politica dei partiti
per cercare di definire un sistema che, secondo le intenzioni,
dovrebbe rappresentale un salto di qualità
rispetto a tale sistema.

Più nello specifico, oggi si cerca di definire un programma di sviluppo della partecipazione democratica senza porsi a monte le Domande necessarie.

Si tratta di approcciare la questione in modalità di Problem solving, ossia tralasciando – in un primo tempo – le proprie convinzioni ideologiche, e basandosi solo sugli aspetti funzionali (in un secondo tempo, ovviamente, sarà il caso di fare valutazioni morali sulle risposte ottenute).

Tali domande dovrebbero essere, tra le altre:

* Come nasce l’idea della Partecipazione democratica?

A monte di tutto è necessario inquadrare la ragion d’essere della Democrazia, la quale, in estrema sintesi, nasce in base all’idea (che ha ora più di duemila anni) che il Sistema democratico sia il modo migliore di risolvere la questione della soddisfazione dei bisogni delle persone (altre tipologie di bisogno sono state introdotte in seguito in base ad “interessi di parte”, ma in realtà esse non sono comprese nel modello teorico della Democrazia).

Ovvero, creando la Democrazia, si è pensato che il miglior modo per soddisfare i bisogni delle persone fosse quello di investire tali persone della responsabilità di tali processi di soddisfazione.

* Quindi cosa è, in essenza, la partecipazione Democratica?

Detto in altri termini, alla base della Democrazia vi è l’idea che i cittadini debbano essere gli attori principali delle azioni di soddisfazione dei loro bisogni. Essi debbono, appunto, partecipare alle attività di governance come co-idetori, co-progettisti e co-gestori dei processi di soddisfazione dei bisogni.

La Democrazia partecipata è quindi caratterizzata da una effettiva compartecipazione dei cittadini alle attività di governo ed amministrazione del territorio.

(si tenga conto che il modello di Democrazia non prevede la “possibilità” di partecipazione, ma la necessità di partecipazione: senza una partecipazione del demos – dei cittadini – alla governance la Democrazia proprio non funziona rispetto i suo propositi di soddisfazione dei bisogni dei cittadini).

* Quale nesso c’è tra i Principi costituzionali della Democrazia europea e la partecipazione?

In realtà le Carte costituzionali indicano che in Democrazia il Cittadino è Sovrano (“sta sopra” a chiunque altro, persona o ente). In altre parole in Democrazia il cittadino è dotato di un potere superiore a quello di qualsiasi istituzione.

Ciò significa che, anche in una Democrazia rappresentativa, nella quale i cittadini delegano il loro potere ad Amministratori (appunto “delegati” con il loro voto), i cittadini hanno quindi, per lo meno, il potere di partecipare ai processi di governo ed amministrazione della Cosa pubblica (se non altro che monitorare i processi, ed intervenire laddove sia necessario effettuare correzioni).

* Su cosa si basa l’idea della necessità della Partecipazione nella Democrazia?

La partecipazione è necessaria nella “gestione della società” per molteplici ragioni.

In primo luogo a causa della dinamicità del sistema sociale – in particolare nella nostra epoca – la quale determina i seguenti fattori:

● oggi i bisogni sono emergenti (non sono completamente riconducibili a modelli conosciuti), e solo chi vive laddove i bisogni si manifestano è in grado di averne una corretta conoscienza (i bisogni, per essere compresi, vanno vissuti, e non studiati “dall’esterno”).

le soluzioni dei bisogni trasformano, già nelle prime fasi di azione, il contesto in cui operano, modificando i bisogni stessi (ed è quindi necessario, come spiegato in altri punti, operare con continue correzione dei processi della soluzione).

La questione è quindi, sostanzialmente, che oggi, nei tentativi di sviluppare una Democrazia partecipata, si applica un concetto di partecipazione che non corrisponde ai canoni della reale partecipazione.

O meglio, oggi la partecipazione è intesa (dai più) come partecipazione politica, ossia come engagement dei cittadini nelle politiche del Movimento.

Mentre la partecipazione democratica (reale) è molto differente: è una forma di partecipazione effettiva dei cittadini ai processi di government ed amministrazione del territorio, in due modalità:

livello orizzontale, “nel basso”: in questa modalità i cittadini operano – autonomamente rispetto alle Istituzioni politiche – per sviluppare idee e decidere cosa sia meglio per loro (non necessariamente con un potere decisionale “definitivo”).

Si noti che le Town di provincia negli USA operano unicamente a questo livello: non esistono Istituzioni politiche che non siano formate dai cittadini (ovvero, come è nel modello originario di Democrazia, non esistono rappresentanze, ma – come è in molti casi anche in Svizzera – tutti i cittadini prendono direttamente le decisioni a proposito delle azioni amministrative.

interazione con le Istituzioni politiche previste dalle strutture della Democrazia europea (Consiglio comunale, ecc …), con uno sviluppo “in verticale”.

E’ assolutamente necessario sviluppare programmi di partecipazione tenendo in considerazione l’esistenza di questi due livelli.

● livello “nel basso”

E’ il livello a cui operano le Istituzioni partecipate vere e proprie. Un livello “nel basso”, che opera in modo autonomo rispetto alle istituzioni.

E’ un vero e prorpio sistema “parallelo” di governance, pur non disponendo esso di un potere decisionale definitivo. Tale sistema è però di vitale importanza poiché grazie ad esso:

vi è una ideazione delle soluzioni dei problemi che parte dal contesto più opportuno (laddove esistono i problemi da risolvere), con un dibattito a livello di cittadinanza (si ricorda che i cittadini, che in questo caso si riuniscono in associazioni di cittadini, possono disporre di “esperti” di settori specifici allo stesso livello di professionalità di quelli che può reperire il Comune – in questo caso si tratta di persone “più esperte” del problema specifico, perché lo conoscono più a fondo, per esperienza diretta).

le Istituzioni politiche ottengono per lo meno – nel caso di minor apertura nei confronti di un effettivo “potere partecipato” – un input di idee di soluzione dei problemi già strutturate in progetti.

● i cittadini, “praticando” direttamente una attività di amministrazione del territorio, accrescono, tra le altre cose, la loro consapevolezza civica.

A questo proposito, si tenga conto di un effetto collaterale dello sviluppo di reali Istituzioni di partecipazione a questo livello: il fatto che i cittadini entrino direttamente nelle questioni di gestione del territorio (e quindi, in qualche modo, mettano il naso nelle questioni della Amministrazione pubblica) li porta ad essere sempre più lontani dalla Politica dei partiti.

● livello di interazione con le istituzioni

Le Istituzioni politiche ed amministrative devono dotarsi di canali di comunicazione con il livello di “politica dei cittadini” precedentemente descritto (vedi, tra gli altri, i progetti di Open Government Platform e Open PA scaricabili dal sito).

E devono ovviamente offrire ai cittadini strumenti e processi di partecipazione (vedi capitoli successivi).

Per ciò che riguarda una questione “collaterale”, quello della Rappresentanza democratica, si veda il progetto Rappresentanza 2.0 “Rappresentanza partecipata” .

In sintesi quindi, la Partecipazione democratica è un processo di Networking politics (uno svilupparsi di progetti di cittadini che si riuniscono in Associazioni di cittadini attorno ad una causa comune) a “livello basso”. E, per quanto riguarda le attuali Istituzioni politiche, è una Open Democracy: le strutture istituzionali si aprono alla partecipazione.

Si noti che, una Democrazia partecipata, i cittadini devono avere non solo una facoltà propositiva (“potere” consultivo), ma anche, in qualche modo, un effettivo co-potere deliberativo.

2) dotarsi di una Vision della partecipazione

  1. OK

Senza una Vision non si può sviluppare un progetto (ad esempio un programma politico).

Per essere in grado di realizzare un programma che possa produrre risultati effettivi (nella direzione voluta) è cioè necessario essere in grado di “visualizzare” lo scenario che si vuol realizzare.

Ovvero come per qualsiasi iter progettuale, è necessario riuscire ad immaginarsi il sistema che si vuole realizzare fino al dettaglio, per essere quindi in grado di descrivere il funzionamento di strumenti e processi nel progetto.

Si ricorda che non si tratta di ottimizzare o di correggere una sistema esistente, e questo è il punto, ma di

rifondare il sistema di governance passando da un modello rigidamente dall’alto ad un sistema partecipato.

Si deve poi considerare che la nuova Vision è indispensabile per motivare ed aggregare le persone attorno agli obiettivi prefissati. Pertanto

la nuova Vision deve poter essere comunicata con facilità,
e
deve essere convincente.
Deve cioè essere
motivante: deve spingere i cittadini – che hanno votato il movimento con la speranza di cambiamento, ma senza una reale cognizione di causa –
ad impegnarsi nello sviluppo dei processi di partecipazione.

la vision ..

Sostanzialmente si tratta di progettare il futuro (in primo luogo della vita sociale del territorio urbano, nel quale la città recupera la sua ragion d’essere. E quindi della governance).

Si tratta cioè di essere in grado di prefigurasi il futuro imminente in base ai trend attuali: fondamentalmente i trend “social”, “2.0”, dal basso che stanno già ora modificando le modalità di organizzazione della vita sociale e del lavoro. E che, tra le altre cose, stanno portando al recupero della conoscenza “del fare”, alla diffusione di nuove modalità di volontariato, ecc …

I fattori legati a tali trend sono, tra gli altri: co-creazione, condivisione, volontarismo (OpenSOurce) fund rising, networking come connessione tra cittadini (sempre più in modalità peer to peer) e creazioni di comunità, connected device (e vehicles), “fai da te” (dall’Ikea ai Makers), nuove modalità di consumo, come i Gruppi di Acquisto o la distribuzione a KM Zero.

Fattori che debbono essere alla base della Vision (e delle scelte progettuali).

Tra le altre cose, si deve riflettere sul fatto che le persone nel prossimo futuro di cui stiamo parlando, avranno non solo nuove abitudini (stili di vita, best pratices, ecc … ) ma avranno anche necessità differenti: tra le altre cose vi saranno nuove condizioni di lavoro create da “tempo liberato” che le persone avranno a disposizione, ad esempio, per poter badare a se stesse; e quindi alla comunità sociale nella quale sono inseriti.

L’approccio visionario deve portare a riflettere anche sulla trasformazione di una delle colonne portanti della Democrazia europea. il Welfare.

Utilizzando al meglio i nuovi trend è infatti possibile creare un Welfare 2.0, un Welfare partecipato migliore di quello attuale in fatto di sostenibilità ed efficacia dei servizi. [vedi “Introduzione alla Democrazia diretta (PDF) ”, “Verso un Welfare 2.0” e “Governance advising per un movimento outsider (Sinossi) o “Policies 2.0 per un movimento outsider (PDF)]

3) formulare Programma di implementazione della partecipazione

Una volta definite le premesse progettuali (sostanzialmente, cosa si intende nelle specifico per Partecipazione; e come essa viene immaginata nelle sue determinazioni specifiche: la Vision di uno scenario di partecipazione), è quindi necessario stabilire strategie specifiche per lo sviluppo di un sistema di effettiva partecipazione.

■ FORNIRE PROCESSI E STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE

  1. OK

L’essenza di tale scenario di partecipazione è composto da strumenti e processi.

● sturmenti di progettazione dal basso di iniziative sul territorio .. (????)

Tali strumenti sono definiti in dettaglio in altri documenti (ad esempio quelli legati all’Iniziativa riforma dal Basso, ed alla piattaforma ad essa collegata Open Government Platform).

Uno dei problemi è che a tutt’oggi di fatto non esistono reali strumenti di partecipazione.

La partecipazione è un processo complesso, che consiste in fasi differenti (la partecipazione democratica consiste, appunto, in un partecipare del cittadino dal concepimento di una soluzione alla progettazione della stessa; con la possibilità, ovviamente, di avere un certo livello di potere deliberativo nei confronti della attivazione di tale soluzione).

Ci si riferisce qui ad un Social network che rappresenta una evoluzioni di Facebook/Google+/MeetUp.

Tali strumenti possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:

strumenti di sviluppo delle idee attraverso aggregazione delle persone attorno ad una “causa” specifica.

In questa fase i cittadini propongono le loro idee e promuovono la creazione di un gruppo di lavoro su tale tema (tali gruppi sono un po’ come i “Comitati spontanei di quartiere”, e l’equivalente bottom up delle “Commissioni di lavoro” del quartiere; in questa veste questi team di cittadini possono interagire con le istituzioni ultra-locali, vedi progetto Circoscrizione 2.0)

Il Social network presenta anche strumenti di comunicazione, che permettono tra le altre cose di creare “giornali” di quartiere su carta o online; e strumenti come Open Debate che permettono di creare dibattiti sul tema, anche in video (come estensione dei dibattiti locali materiali) ..

strumenti di co-progettazione .con i quali i cittadini che hanno formato un Gruppo di lavoro cominciano a sviluppare l’idea in modo da produrre un progetto esecutivo (in questa fase è possibile aggregare al team esperti di vari settori, sopratutto sotto la forma di volontariato – si tenga conto il Social network ospita anche un network di supporto nel quale i cittadini condividono le loro esperienze, e possono fare da supporto per altri gruppi di lavoro; per cui è quasi impossibile che i cittadini di un team non possano godere delle esperienze, delle competenze sviluppate da altri Gruppi di lavoro).

strumenti di gestione per eventuale co-gestione delle attività. Come illustrato in altri documenti come Policies 2.0 per un movimento outsider (PDF), i cittadini nel nuovo contesto di partecipazione attivano servizi per il territorio della tipologia di Imprenditoria sociale (in una modalità integrata con il sistema di servizi delle PA). Il Social network offre appunto funzioni di “gestionale” che permettono ai cittadini di gestire in modo semplice tali servizi.

strumenti di interazione con le PA: strumenti che permettono ai cittadini di partecipare in qualche modo all’amministrazione delle Aziende pubbliche. O di interagire con l’apparato burocratico.

A questa tipologia appartengono anche soluzioni come Spending review partecipata, Open Public Works, che permettono ai cittadini si mettere il naso nei lavori (e nelle spese) effettuate dalla PA.

strumenti di voting (voto, sondaggio “certificato”, ecc …), che permettono ai cittadini di esprimere le loro opinioni.

■ DARE EFFETTIVA FRUIBILITÀ (ED EFFICACIA) A STRUMENTI E PROCESSI

  1. OK

E’ necessario fare in modo che i processi di partecipazione siano realmente fruibili. E che i cittadini siano motivati a partecipare.

Le questioni da affrontare sono cioè: ● portare i processi a livello ultra-locale (quartiere o vicinato); ● sviluppare nella cittadinanza una cultura della partecipazione (competenze specifiche ma anche, più in generale, una cultura civile).

E’ quindi necessario modificare lo scenario
dei processi politici ed amministrativi per
renderlo funzionale al sistema di Democrazia partecipata.

● decentramento / localizzazione

Si tratta quindi di portare gli strumenti di partecipazione alla portata dei cittadini. La reale partecipazione può avvenire solo a livello locale per almeno due ragioni:

(si ricorda che gli strumenti “Web” della piattaforma hanno sempre una parte “reale” per non creare problemi di digital divide)

– solo a livello locale le persone hanno cognizione di causa delle questioni da affrontare. E sono quindi motivate a partecipare.

– solo a livello locale le persone possono effettivamente partecipare ai Gruppi di lavoro: il quartiere nasce appunto perché esso ha una dimensione che è percorsa a piedi nella quotidianità (nel nostro caso ci si può recare a un meeting a piedi, in pochi minuti), ed esiste in esso un senso di appartenenze che rende tutti motivati ad interessarsi ai problemi del territorio.

● acculturazione: indurre lo sviluppo di una Cultura civile

E’ di fondamentale importanza prestare attenzione all’aspetto culturale: non c’è partecipazione se non c’è “Cultura” della partecipazione (Cultura civica): ovvero nei cittadini deve esserci ● una consapevolezza della necessità di cambiare le cose, e ● una consapevolezza della effettiva possibilità di partecipare. Ed una conoscenza delle modalità con le quali partecipare.

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