Articolo 3 su 6 del fascicolo Rules of Governance

La prima “rivoluzione” che va effettuata, per uscire da quel percorso della politica tradizionale di gestione “dall’alto” delle politiche specifiche che non è in grado di rilevare le cause degli attuali problemi – e quindi di sviluppare sistemi in grado di soddisfare le reali esigenze della società (delle persone) – consiste, appunto, nel

coinvolgere i cittadini nel processo di ri-progettazione del sistema dei servizi.

Cosa che, come si è detto, da un lato costituisce una responsabilizzane dei cittadini nei confronti dei servizi e del bene pubblico (riducendo spese e guadagnando in effettiva efficacia). E dall’altro permette una individuazione dei reali bisogni che i servizi debbono soddisfare.

Come si illustra in altri documenti, l’introduzione di politiche realmente partecipate permette anche ai movimenti outsider che abbiano raggiunto cariche istituzionali, di mettere al riparo la propria posizione dagli attacchi degli interessi tradizionali”.

Sostanzialmente si tratta di reintrodurre nella Democrazia europea la partecipazione dei cittadini alla gestione della Cosa pubblica (uno dei principi di funzionamento fondamentali, la cui messa da parte è, appunto, uno dei fattori principali della attuale crisi)..

E non esiste partecipazione senza la reale possibilità di partecipazione fisica da parte delle persone (Internet rimane un utile supporto in molti casi, ma usato in maniera preponderante tale mezzo crea il divide che ancora esclude gran parte dei cittadini dalla partecipazione).

PARTIRE DAL PICCOLO, DAL LOCALE

Per avere una reale partecipazione (attiva) è necessario quindi partire dalle persone.

Partire dal locale: E ciò può avvenire solo in una dimensione umana: la dimensione territoriale in cui l’uomo da millenni ha vissuto nelle sue comunità. Quella dimensione nella quale le persone vivono direttamente le questioni da affrontare e sono in grado di frequentare di persona – andando a piedi – le assemblee (si pala di quegli ambiti territoriali oggi definiti Quartieri).

Partire dal piccolo: oggi i cittadini mancano quasi completamente della capacità di occuparsi dei loro bisogni “sociali” (capacità di organizzarsi, progettare, ecc …). Tenendo conto di ciò è necessario cominciare ad approcciare le questioni da risolvere partendo da quelle più semplici. In questo modo i cittadini hanno la possibilità di acquisire consapevolezza e competenze rispetto ai processi di partecipazione (e, molto importante, le PA hanno modo di mettere a punto gli strumenti di partecipazione, oggi praticamente inesistenti).

(vedi docs)

“dal piccolo, dal locale” in pratica (esempi)

Le persone devono quindi cominciare ad operare su questioni semplici, delle quali conoscono bene le sfumature. In questo modo esse possono agire con cognizione di causa nell’affrontare i problemi sul territorio (individuare con nei dettagli i bisogni sociali da soddisfare, partecipare proficuamente alla progettazione delle soluzioni, ecc …).

La citata semplicità degli interventi permette inoltre ai cittadini di intervenire con quelle competenze “ordinarie” con le quali essi sono soliti sviluppare le soluzioni per i problemi personali che essi incontrano nella vita (sistemare una proprietà, organizzare una vacanza con amici, gestire in privato attività con amici, ecc…)

Oltre alla semplicità vi sono altre caratteristiche degli interventi da sviluppare sul territorio: gli interventi in questione devono essere caratterizzati da un senso di comunità (o, se vogliamo. dalla prospettiva di sviluppare l’iniziativa in una dimensione di convivialità): in questo modo i cittadini sono stimolati a partecipare con impegno allo sviluppo dell’iniziativa.

Questo tipo di intervento sviluppato in una dimensione conviviale può essere, ad esempio, la gestione di una parte del territorio locale come un parco o un giardino.

Oggi si sta diffondendo un trend particolarmente interessante per ciò che riguarda le iniziative “dal piccolo e dal locale” (in dimensione di comunità, conviviale): il Placemaking, che consiste nel dare ai cittadini la possibilità di attrezzare in modalità partecipata un’area del quartiere (ad esempio chiudendo al traffico parte di una via).

LA QUESTIONE DEL TEMPO LIBERATO

ç_tempo liberato

la seguente questione è affortnata meglio in un altro dei punto ..

Si ricorda l’importante qualità sociale del tempo a disposizione che hanno studenti e pensionati i quali, nella attuale dimensione di volontarismo (la volgia di essere utili alla comunità sociale che emerge oggi con i trend basati sul crowd; e ad esempio, con l’Open Source) possono sviluppare importanti valori per la comunità.

A questo proposito si deve tener conto anche della nuova carattersitica della vita dell’Europa, che sebbene nel contesto attuale (normative, tasse, ecc ..) risulti essere una fattore di insostenibilità della vita, può però divenire un importane elemento per migliorare la qualità della vita delle persone (e, per ricaduta, della comunità): il “tempo liberato” (a causa della diminuita disponibilità di lavoro)

L’importanza della questione del “tempo liberato”, nella usa dimensione positiva, è messa in evidenza, ad esempio, da Latouche.

Si sottolinea la necessità di intervenire per volgere in positivo l’attuale versione negativa della questione del “tempo liberato” (in modo che il tempo a disposizione possa essere utilizzato al meglio dalle persone per migliorare la qualità della propria vita – e per ricaduta della comunità). Ciò:

dando alle persone la possibilità disfruttare al massimo la scarsa disponibilità economica,

1) dando ai cittadini strumenti e processi per poter procedere ad una auto-soddisfazione dei loro bisogni (per migliorare da sé, possibilmente associandosi con altre persone, la qualità della loro vita).

I cittadini devono poter essere in grado di utilizzare in modo gratificante (e proficuo), “senza spese”, il loro tempo liberato. Vedi iniziative come Placemaking, che permettono ai cittadini, attraverso il lavoro di volontariato, di attrezzare alcune aree del loro quartiere per poter sviluppare attività di vario genere: ricreative, attività socialmente utili , ecc … (“liberando”, ad esempio, una parte di una strada dal traffico automobilistico).

2) liberando i cittadini dalle “spese non produttive” (non produttive per essi, ma, a ben vedere, non produttive nemmeno per la società – come si illustra in altro punto “oltre l’austerity:: investimenti e non spese”). Ovvero liberandoli dalle tasse e dalle “spese coatte” (legate a regole burocratiche).

In quest’ottica è necessario considerare che le persone possono essere “liberate” da imposte relative ad alcuni servizi specifici dando ad esse la possibilità di prestare attività di volontariato per la comunità (“oltre l’austerity:: investimenti e non spese”).

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