Articolo 4 su 6 del fascicolo Rules of Governance

Oggi si è ad un punto critico nella crisi della Democrazia europea nel quale “il Sistema sociale” (per l’elevato livello di povertà dei cittadini, e l’inefficacia dei servizi pubblici) non è più in grado di sopportare ulteriori azioni sviluppate nella attuale modalità di Politica dall’Alto (slegata dai reali bisogni dei cittadini).

In altre parole oggi diviene necessario comprendere come sia necessario abbandonare le strategie della Politica attuale (government ed amministrazione).

Il problema principale delle attuali strategie di riforma del sistema (anche di quelle mosse dalle migliori intenzioni) è di non essere in grado di individuare la radice dei problemi: ovvero di continuare a mettere pezze al sistema attuale, senza rendersi conto che il sistema è, in molte sue parti, afflitto da problemi endemici, da difetti di fabbrica.

Tamponando i problemi invece di risolverli alla radice significa lasciare che il processo degenerativo lavori dietro le quinte. E quindi, seppure apparentemente si ottengano benefici immediati, significa trovarsi prima o poi con un problema ancora più difficile da risolvere).

Un tempo si definiva tale approccio “fare le pentole senza i coperchi”.

E quindi necessario, appunto, ribaltare l’approccio attuale alla soluzione dei problemi, e cominciare a correggere sostanzialmente il sistema alla radice (sanare i vari settori della PA invece di tamponare i problemi).

Ovviamente si tratta di cominciare “dal piccolo”, senza pretendere di “riformare” in modo sostanziale il sistema dall’inizio.

Si tratta cioè di attivare un processo graduale che possa dall’immediato essere credibile e motivante: (1) perché spiegato in modo chiaro ed esaustivo – “giorno per giorno”, e “sul posto” [vedi più avanti il punto “Trasparenza attiva”]; e (2) perché sono perseguiti ed ottenuti risultati che danno nell’immediato – seppure nel piccolo – risultati dai benefici tangibili.

la necessità di cambiare l’approccio all’innovazione (alle riforme)

  1. riBaltare il paradigma … dell’innovazione

Ovvero, se si vuole realmente riformare il sistema (in direzione di minori costi e maggiore qualità dei servizi), è necessario cominciare ad affrontare le questioni specifiche con un approccio realmente innovativo (per smettere di tamponare i problemi, e cominciare a sanale i vari aspetti critici della Democrazia europea). Adottando un effettivo approccio di Problem solving.

ç_problem solver (brief)

L’approccio Problem solving è appunto un approccio nel quale il focus non è sulla soluzione di un problema specifico (sul tamponare il problema), ma sulla creazione di un reale valore per l’utente, ovvero su una reale, sostanziale innovazione.

Per riformare in modo sostanziale la Democrazia europea è infatti necessario di riuscire a concepire modalità di soddisfazione dei bisogni radicalmente nuove (e, prima di tutto, darsi una Vision del contesto sostanzialmente rinnovato che si vorrebbe realizzare).

Nel nuovo approccio:

1) si analizzano i perché dei problemi.

2) si intraprende un percorso progettuale in stretto contatto con l’”utenza” (i cittadini) per creare soluzioni che siano realmente in grado di soddisfare i bisogni sociali sui quali si va ad operare (la partecipazione dei detentori dei bisogni da soddisfare è indispensabile poiché gli utenti – i cittadini – sono i maggiori esperti delle questioni che si affrontano).

“sanare, non mettere delle pezze” in pratica (esempi)

La maggior parte degli aspetti critici del nostro sistema sociale (come quelli dei rifiuti, della circolazione auto, delle forme di assistenza come quella sanitaria) presentano gravi problemi perché essi sono di per sé insostenibili.

Ovvero, come si è detto, intervenendo come si fa ora, tamponando i problemi, si offre una sensazione che le cose siano migliorate, ma non si fa altro che creare una futura situazione nella quale il problema così affrontato si ripresenterà con gravità ancor maggiore.

La necessità di coinvolgere le persone

Tali aspetti critici della Democrazia europea necessitano quindi di cambiamenti a monte, alla base dei processi su cui sono basati. Cambiamenti che trasformino in modo radicale tali processi, in modo che:

1) in primo luogo si interrompa lo sviluppo dei problemi da essi oggi generati (nonostante i tentativi di tamponarne gli effetti con le attuali “riforme”).

2) vengano sostituiti gli attuali processi che agiscono solo sugli effetti della questione, con nuovi processi sostenibili.

L’esempio più significativo di ciò è forse la questione dei rifiuti: è necessario agire non più cercando (disperatamente) nuovi luoghi in cui stoccare i rifiuti, ma operare alla radice del problema diminuendo la produzione di rifiuti (e farlo, come si illustra in altro punto [“oltre l’austerity”], senza imporre rinunce, ma coinvolgendo la cittadinanza con prospettive di effettivo miglioramento della qualità della vita.

Ma lo stesso vale per la necessità di trovare alternative al traffico automobilistico .[vedi il mio progetto LiteMotive ] che non rappresentino rinunce per le persone. Ed anche per l’assistenza sanitaria, il consumo di energia, ecc …

  1. Centrale nucleare .

Come illustrato in altri documenti, alternative di questo tipo sono effettivamente possibili se si ribalta l’approccio alla soluzione dei problemi. Ossia seguendo i seguenti criteri:

1) operare un cambiamento graduale (nel quale, tra le altre cose, si induce uno sviluppo della consapevolezza del cittadino – vedi il punto “trasparenza attiva”).

Per fare ciò è necessario offrire inizialmente una scelta tra l’opzione tradizionale e quella innovata (favorendo quest’ultima in modo sempre maggiore).

Lo sfavorire le opzioni tradizionali deve semplicemente dare al cittadino la percezione, la consapevolezza della loro.

In tal modo la transizione dalle pratices tradizionali (insostenibili) a quelle innovate diviene un processo spontaneo.

2) coinvolgere le persone, cosa per ottenere risultati effettivi: le persone devono diventare un fattore determinante del processo di innovazione (riforma).

Tale partecipazione effettiva, spontanea la si ottiene progettando la transizione in modo da fornire vantaggi diretti ed immediati per gli utenti (ai cittadini). Vantaggi come riduzione di spese specifiche (delle imposte), un miglioramento della qualità della vita (superare la necessità di passare per la dimensione di “rinunce” che viene prospettata oggi).

In altre parole non si può definire dall’inizio una città senza auto, un sistema a livello zero di produzione dei rifiuti o di consumo di energia. Ma è invece possibile (necessario) mirare alla convivenza dei sistemi, quello tradizionale e quello sostenibile (nel caso dell’auto, ad esempio, implementando un sistema di circolazione come quello definito nel mio progetto LiteMotive, che conviva con quello attuale). Ed indurre una transizione spontanea dall’uno all’altro.

Un processo effettivo non può che essere partecipato, appunto per il fatto che solo con la partecipazione degli “utenti” del sistema dei servizi della Democrazia, è possibile ● sviluppare una responsabilizzazione dei cittadini nei confronti dei servizi e del bene pubblico; (vedi nel punto “Oltre la’usterity”, “La necessità di utilizzare le risorse naturali già presenti sul territorio”) e la possibilità di sviluppare gradualmente il nuovo sistema in base al feedback che si ha dalle persone.

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